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Langdon sapeva che il decano aveva ragione. Il famoso aforisma ermetico "Non sapete di essere dèi?" era uno dei pilastri degli antichi misteri. Come sopra, così sotto… L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio… L’apoteosi. Il messaggio ricorrente della natura divina dell’uomo, del suo potenziale nascosto, era il comune denominatore dei testi classici di innumerevoli tradizioni. Persino la Bibbia proclamava, in Salmi 82,6: "Voi siete dèi".

«Professore» prosegui l’anziano sacerdote «mi rendo conto che lei, come molti intellettuali, oscilla tra due mondi, quello spirituale e quello materiale. Il suo cuore anela a credere, ma il suo intelletto non glielo permette. Da serio studioso qual è, farebbe bene a imparare dai saggi del passato.» Fece una pausa e si schiarì la voce. «Se non ricordo male, una delle menti più sublimi che siano mai esistite diceva: "Ciò che a noi sembra impenetrabile esiste veramente. Dietro i segreti della natura c’è qualcosa di sottile, intangibile e inspiegabile. La mia religione venera questa forza che va al di là della nostra capacità di comprensione".» «Chi è stato a dirlo?» chiese Langdon. «Gandhi?» «No» intervenne Katherine. «Albert Einstein.»

Katherine Solomon aveva letto tutto di Einstein ed era rimasta molto colpita dal suo profondo rispetto per la religiosità, oltre che dalla sua convinzione che in futuro anche le masse sarebbero arrivate a pensarla come lui. "La religione del futuro" aveva pronosticato Einstein "sarà una religione cosmica. Trascenderà il Dio personale e lascerà da parte dogmi e teologia."

Robert Langdon stentava ad accettare l’idea avanzata dall’anziano sacerdote. Katherine intuì che era irritato, e lo capiva. In fondo, erano andati lì per avere delle risposte e invece avevano trovato un cieco che sosteneva di poter trasformare gli oggetti con il tocco delle sue mani. Ma l’interesse appassionato di Galloway per quegli argomenti a Katherine ricordava quello del fratello.

«Reverendo Galloway» disse «Peter è in pericolo, siamo inseguiti dalla C IA e Warren Bellamy ha insistito perché venissimo da lei, che ci avrebbe aiutati. Non so quali segreti racchiuda questa piramide, ma se decifrarli è l’unico modo per aiutare Peter, dobbiamo farlo. Bellamy forse avrebbe deciso di sacrificare la vita di mio fratello pur di proteggerla, ma questo oggetto ha portato dolore e tragedie alla mia famiglia. Qualunque sia il suo segreto, stanotte verrà svelato.»

«Lei ha ragione» replicò il decano in tono tetro. «Stanotte verrà svelato. E siete voi gli artefici.» Sospirò. «Spezzando il sigillo di questa piccola scatola, dottoressa Solomon, lei ha messo in moto una serie di eventi inarrestabili, forze che voi neanche immaginate. Non si può più tornare indietro.»

Katherine fissava il reverendo con aria confusa. Cera un che di apocalittico nel suo tono, come se stesse parlando dei sette sigilli dell’Apocalisse o del vaso di Pandora.

«Con tutto il rispetto, reverendo» intervenne Langdon «non capisco come possa una piramide di granito mettere in moto tutto quello che lei dice.»

«È naturale» replicò il vecchio trapassandolo con il suo sguardo cieco. «Lei non capisce, professore, perché ancora non ha occhi per vedere.»

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Nell’aria umida della Giungla, l’architetto del Campidoglio sentiva il sudore colargli lungo la schiena. I polsi ammanettati gli facevano male, ma tutta la sua attenzione era concentrata sulla sinistra valigetta di titanio che Inoue Sato aveva appena posato sulla panchina il cui contenuto, gli aveva garantito, lo avrebbe convinto a considerare la situazione dal suo punto di vista.

Sato aveva girato la valigetta in modo che l’interno non fosse visibile e la fantasia di Bellamy si era scatenata. Il direttore dell’os stava frugando e lui si aspettava che tirasse fuori da un momento all’altro un assortimento di luccicanti e affilatissimi strumenti.

Vide un bagliore improvviso, sempre più intenso, che le illuminava il viso dal basso. Sato continuò ad armeggiare e la luce cambiò colore. Dopo qualche istante, il direttore dell’os afferrò la valigetta dai lati e la girò in modo che Bellamy vedesse che cosa conteneva.

L’architetto del Campidoglio si ritrovò a strizzare gli occhi abbagliato dallo schermo di un portatile futuristico, con tanto di ricevitore telefonico, due antenne e doppia tastiera. Il senso di sollievo si tramutò ben presto in confusione.

Sullo schermo c’erano il logo della CIA e alcune scritte.

LOGIN RISERVATO UTENTE: INOUE SATO LIVELLO DI SICUREZZA: 5

Sotto la finestra di login c’era un’icona che girava lentamente:

ATTENDERE PREGO… DECRITTAZIONE FILE IN CORSO…

Bellamy alzò lo sguardo. Inoue Sato lo fissò negli occhi. «Non avevo intenzione di mostrarglielo, ma non mi ha lasciato scelta» disse.

Il grado di luminosità del monitor cambiò e Bellamy strinse di nuovo gli occhi. Si stava aprendo un file che occupava per intero lo schermo a cristalli liquidi.

Bellamy guardò, cercando di raccapezzarsi, e quando cominciò a capire impallidì inorridito, senza più riuscire a staccare gli occhi. «Ma è… impossibile!» esclamò. «Come… come può essere?»

«Me lo dica lei, Bellamy. Me lo dica lei» sibilò il direttore dell’os, di pessimo umore.

Atterrito dalle implicazioni di ciò che stava vedendo, l’architetto del Campidoglio si sentì come se gli stesse per cadere il mondo addosso.

Oh, mio Dio! Ho commesso un terribile errore!

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Il decano Galloway si sentiva vivo.

Come tutti i mortali, sapeva che anche per lui sarebbe venuto il momento di abbandonare le spoglie terrene, ma non quella notte. Il cuore gli batteva, forte e vigoroso, e aveva la mente lucidissima. Ho una missione da compiere.

Passando le mani deformate dall’artrosi sulle facce lisce della piramide, stentava a credere a ciò che sentiva. Non avrei mai immaginato di vivere questo momento. Per intere generazioni i pezzi del symbolon erano stati prudentemente conservati l’uno lontano dall’altro, ma ora si erano riuniti. Galloway si chiese se non fosse giunta l’ora annunciata dalle profezie.

Stranamente, il destino aveva scelto due profani per ricomporre la piramide. In un certo senso gli sembrava giusto. I misteri stanno per uscire dalla cerchia più ristretta… Dalle tenebre… alla luce.

«Professore» chiese voltandosi dalla parte da cui sentiva provenire il respiro di Langdon. «Peter le spiegò per quale motivo voleva affidare a lei il pacchetto?»

«Mi disse che c’erano persone potenti che glielo volevano rubare» rispose Langdon.

Il decano annuì. «Sì, anche a me disse la stessa cosa.»

«Davvero?» Katherine, alla sua sinistra, sembrava sorpresa. «Ha parlato con mio fratello di questa piramide?»

«Certo» spiegò Galloway. «Suo fratello e io abbiamo parlato di molte cose. Ai tempi in cui ero Venerabilissimo Maestro, ogni tanto mi chiedeva consigli. Circa un anno fa venne da me, profondamente turbato. Si sedette esattamente dove è seduta lei adesso e mi chiese se credevo nelle premonizioni.»

«Premonizioni?» disse Katherine preoccupata. «Nel senso di… visioni?»

«Non proprio. Si riferiva a qualcosa di più viscerale. Percepiva la presenza di una forza oscura, che lo osservava, lo insidiava e voleva fargli del male…»

«Purtroppo, aveva ragione» commentò Katherine. «L’assassino di suo figlio e di nostra madre era venuto a Washington e si era infiltrato fra i suoi fratelli massoni.»

«È vero» convenne Langdon «ma questo non spiega l’intervento della CIA.»

Galloway non pareva molto convinto. «Il potere crea assuefazione e chi lo detiene ne vuole sempre di più.»

«Ma… la CIA?» ribatté Langdon. «Cosa c’entra con i segreti mistici? C’è qualcosa che non quadra.»

«Invece è tutto chiaro» disse Katherine. «La CIA segue da vicino i progressi di scienza e tecnologia e non snobba parapsicologia, remote viewing, deprivazione sensoriale, farmaci capaci di alterare lo stato di coscienza. Lo scopo è sfruttare le potenzialità nascoste della mente umana. Se c’è una cosa che ho imparato da Peter, è questa: scienza e conoscenze mistiche sono strettamente legate, si differenziano solo per l’approccio. L’obiettivo è lo stesso, cambiano i metodi per raggiungerlo.»

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