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Il destino di Katherine è accendere questa torcia.

Il mio è spegnerla.

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Nell’oscurità più totale, Katherine Solomon cercò a tastoni la porta esterna del laboratorio, pesante e rivestita di piombo. L’aprì e si precipitò nel piccolo atrio. La traversata al buio era durata soltanto novanta secondi, eppure il cuore le batteva fortissimo. Dopo tre anni, dovrei essermi abituata. Provava un gran sollievo ogni volta che dal buio del modulo 5 entrava in quello spazio pulito e bene illuminato.

Il Cubo era un parallelepipedo senza finestre. Le pareti e il soffitto erano interamente rivestiti da una rigida rete di fibre di piombo e titanio che lo faceva sembrare una grossa gabbia dentro un involucro di cemento. Pareti di plexiglas smerigliato lo suddividevano in vani: un laboratorio, una sala controllo, un archivio dati, un locale di alimentazione che fungeva anche da magazzino, un bagno e una piccola biblioteca.

Katherine entrò a passo deciso nel laboratorio, un ambiente luminoso e asettico dotato di avanzatissime apparecchiature di misurazione: due elettroencefalografi, un pettine di frequenze con laser a femtosecondi, una trappola magnetoottica e vari generatori di eventi casuali (REG), macchine quantistiche basate sul rumore elettronico. Sebbene le scienze noetiche prevedessero l’uso di tecnologie all’avanguardia, le scoperte di Katherine erano in effetti molto più mistiche dei freddi macchinari grazie ai quali venivano realizzate. Quanto più nuovi dati arrivavano a sostegno del principio fondamentale della noetica, secondo cui la mente umana ha un enorme potenziale in gran parte inutilizzato, tanto più magia e mito si trasformavano in realtà.

La tesi di fondo era semplice: Abbiamo a malapena scalfito la superficie delle nostre facoltà mentali e spirituali.

Esperimenti condotti in centri come l’Istituto di scienze noetiche della California e il Laboratorio di ricerca delle anomalie di Princeton avevano dimostrato senza ombra di dubbio che il pensiero umano, se opportunamente indirizzato, è in grado di influenzare e modificare la massa fisica. Tali esperimenti non erano trucchi da salotto, tipo piegare cucchiaini, bensì indagini attentamente verificate che portavano tutte alla stessa conclusione: il nostro pensiero interagisce effettivamente con il mondo fisico, che noi ne siamo coscienti o no, e produce cambiamenti fino al livello subatomico.

La mente plasma la materia.

Le scienze noetiche avevano fatto enormi progressi nel 2001, nelle ore immediatamente successive agli attentati dell’11 settembre. Quattro scienziati si erano infatti accorti che, quando il mondo intero si era commosso per quella tragedia, i segnali generati da trentasette REG sparsi in diverse località del globo erano diventati di colpo meno casuali. In qualche modo la condivisione globale di quell’esperienza, il concentrarsi di milioni di menti su un unico evento, aveva influito sulla casualità dei segnali generati da quelle macchine, organizzandone l’output e introducendo ordine nel caos.

Tale sorprendente scoperta sembrava confermare l’antica credenza spirituale in una "coscienza cosmica", una sorta di ampia convergenza di intenzioni in grado di interagire con la materia. Risultati analoghi erano stati ottenuti successivamente nel corso di studi sulla meditazione e la preghiera collettiva condotti per mezzo di generatori di eventi casuali, corroborando l’ipotesi avanzata da Lynne McTaggart nel suo saggio di scienze noetiche, secondo cui la coscienza umana è esterna al corpo e consiste in un’energia altamente organizzata capace di modificare il mondo fisico. Katherine era rimasta affascinata dal saggio della McTaggart, La scienza dell’intenzione, e dal suo studio condotto su scala mondiale utilizzando internet theintentionexperiment. com — per scoprire in che modo l’intenzione umana possa influire sul mondo. Anche altri testi all’avanguardia avevano stimolato la curiosità della studiosa.

Prendendo spunto da tutto ciò, aveva compiuto un grande balzo in avanti nelle sue ricerche, arrivando a dimostrare che il "pensiero focalizzato" può influire praticamente su tutto, dalla velocità di crescita delle piante alla direzione in cui nuotano i pesci in una boccia, al modo in cui si dividono le cellule in una capsula di Petri, alla sincronizzazione di sistemi automatizzati separatamente, alle reazioni chimiche nel corpo umano. Persino la struttura cristallina di un solido può essere modificata nella fase di formazione grazie alla forza della mente. Katherine era riuscita a creare cristalli di ghiaccio straordinariamente simmetrici mandando pensieri amorevoli a un bicchiere d’acqua mentre stava congelando. Incredibilmente, era vero anche il contrario: quando indirizzava all’acqua pensieri negativi, i cristalli assumevano forme caotiche, frammentarie.

Il pensiero umano è veramente in grado di trasformare il mondo fisico.

Gli esperimenti di Katherine si erano fatti sempre più coraggiosi e i risultati sempre più stupefacenti. Con il lavoro svolto in quel laboratorio, era riuscita a dimostrare in modo inequivocabile che l’affermazione "la mente plasma la materia" non è solo un mantra new age. La mente umana ha davvero la capacità di alterare lo stato della materia e, soprattutto, ha il potere di spingere il mondo fisico in una direzione o in un’altra.

Siamo padroni del nostro universo.

A un livello subatomico, Katherine aveva dimostrato che le particelle apparivano e sparivano semplicemente in base alla sua intenzione di osservarle. In un certo senso, era il suo desiderio di vedere una particella a farla materializzare. Heisenberg aveva intuito decenni prima tale realtà, che di recente era diventata uno dei principi fondamentali delle scienze noetiche. Per usare le parole di Lynne McTaggart, "la coscienza vivente è l’influenza che trasforma la possibilità di qualcosa in qualcosa di reale. L’ingrediente più essenziale nella creazione del nostro universo è la coscienza che l’osserva".

L’aspetto più stupefacente del lavoro di Katherine, tuttavia, era stato rendersi conto che la capacità della mente di influire sul mondo fisico si può affinare con la pratica. È una facoltà acquisita. Come con la meditazione, per imparare a usare consapevolmente il pensiero occorre un certo allenamento. Ci sono però individui più portati di altri e, nella storia dell’umanità, alcuni di costoro erano diventati veri maestri.

È l’anello mancante che collega la scienza moderna al misticismo degli antichi.

Katherine aveva appreso tutto questo da suo fratello Peter, Pensando a lui, si preoccupò. Andò verso la biblioteca del laboratorio e vi guardò dentro. Era vuota.

Nella stanzetta c’erano due poltrone Morris, due lampade a stelo e una parete di scaffali in mogano che contenevano circa cinquecento volumi. Katherine e Peter vi conservavano i loro libri preferiti, su argomenti che spaziavano dalla fisica delle particelle alla mistica del passato, e a poco a poco avevano accumulato una miscellanea di vecchio e nuovo, di tecnologia avanzata e storia antica. Tra i libri di Katherine figuravano titoli come Quantum Consciousness, La nuova fisica, Principi di neuroscienza. Il fratello aveva contribuito con testi classici esoterici come Il Kybalion, Zohar, La danza dei maestri Wu Li e una traduzione delle tavolette sumeriche del British Museum.

"La chiave del nostro futuro scientifico" diceva spesso suo fratello "è nascosta nel passato." Da sempre studioso appassionato di storia, scienza e misticismo, Peter era stato il primo a incoraggiare Katherine a integrare la formazione universitaria scientifica con lo studio dell’antica filosofia ermetica. A soli diciannove anni, le aveva trasmesso l’interesse per i collegamenti fra scienza moderna e antico misticismo.

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