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Langdon aveva sgranato gli occhi. Non parlerà sul serio? Il nastro trasportatore scompariva in un buco nero nel muro. L’apertura era grande abbastanza da permettere il passaggio di una cassa di libri, non di più. Aveva lanciato uno sguardo disperato verso il deposito.

"No" l’aveva preceduto Bellamy. "Le luci sono attivate da sensori di movimento: non è possibile nascondersi là dentro."

"Traccia termica!" aveva urlato una voce di sopra. "Convergete tutti qui!"

Katherine aveva deciso che non c’era altro tempo da perdere, era salita sul tapis roulant e si era sdraiata con la testa a poca distanza dall’apertura nel muro. Poi aveva incrociato le braccia sul petto, come una mummia nel suo sarcofago.

Langdon era paralizzato.

"Robert!" lo aveva incalzato Bellamy. "Se non lo vuoi fare per me, fallo per Peter."

Le voci al piano di sopra erano sempre più vicine.

Langdon si era avvicinato al tapis roulant, come in trance, ci aveva posato sopra la borsa e ci si era sdraiato, con la testa vicino ai piedi di Katherine. Il nastro di gomma era freddo.

Aveva fissato il soffitto, sentendosi come un paziente che sta per fare una risonanza magnetica.

"Tieni acceso il cellulare" gli aveva detto Bellamy. "Ti chiamerà una persona per offrirti aiuto. Ti puoi fidare."

Mi chiamerà una persona? In effetti Bellamy aveva cercato di mettersi in contatto con qualcuno e gli aveva lasciato un messaggio. Poco prima, mentre scendevano giù per la scala a chiocciola, Langdon aveva visto che l’architetto riprovava un’ultima volta e lo aveva sentito parlare brevemente, sottovoce.

"Restate sul nastro fino alla fine" aveva aggiunto Bellamy. "E scendete di corsa prima che torni indietro. Per uscire, usate la mia chiave magnetica."

"Uscire da dove?" aveva chiesto Langdon.

Ma Bellamy stava già azionando le leve dei nastri trasportatori, mettendoli in moto. Langdon aveva sentito vibrare la gomma sotto la schiena e aveva visto il soffitto muoversi.

Che Dio mi aiuti…

Prima di venire inghiottito dal buco nel muro, aveva lanciato un’ultima occhiata a Bellamy, che varcava di corsa la porta del deposito e se la chiudeva alle spalle. Un attimo dopo era scivolato nelle viscere buie della biblioteca, proprio mentre sulle scale cominciava a danzare il primo raggio rosso del laser.

60

La guardia giurata dell’istituto di vigilanza Preferred Security controllò l’indirizzo di Kalorama Heights scritto sul modulo. Qui? Il cancello che aveva davanti dava accesso a una delle proprietà più grandi e belle del quartiere: sembrava strano che il 911 avesse appena ricevuto una chiamata urgente che la riguardava.

Quando le segnalazioni non erano confermate, prima di chiamare la polizia il 911 allertava i vigilanti di zona. La guardia lavorava per uno stipendio da fame per una ditta il cui motto era: "La vostra prima linea di difesa", ma che avrebbe benissimo potuto essere: "Falsi allarmi, mitomani, animali smarriti e lamentele di vicini rompiscatole".

Quella sera, come al solito, era intervenuta sul posto senza essere stata informata del motivo della chiamata. Non è di mia competenza. Il suo lavoro consisteva nel presentarsi con i lampeggianti accesi, dare un’occhiata in giro e riferire eventuali anomalie. Nella stragrande maggioranza dei casi qualcosa di assolutamente innocuo aveva fatto scattare l’allarme e bastava resettarlo con un passe-partout. In quella villa, però, non stavano suonando allarmi. Non c’erano luci accese e, dalla strada, sembrava tutto tranquillo.

La guardia suonò il campanello, ma non ottenne risposta. Digitò il codice di emergenza per aprire il cancello ed entrò nel vialetto. Lasciò la macchina in moto con il lampeggiante acceso e si avviò verso la porta principale. Suonò il campanello. Nessuna risposta. Era tutto buio e sembrava non ci fosse nessuno.

Di malavoglia, accese la torcia e si preparò a fare il giro della casa, come voleva la procedura, per controllare porte e finestre e vedere se ci fossero segni di effrazione. Aveva appena svoltato l’angolo, quando sulla strada passò una limousine nera, che rallentò un istante e poi proseguì. Vicini ficcanaso!

La donna completò lentamente il suo giro senza notare niente di strano. La casa era più grande di quanto immaginasse e durante la ricognizione le era venuto un freddo cane. Come aveva previsto, poi, era chiaro che dentro non c’era anima viva.

«Centrale?» disse al walkie-talkie. «Sono all’indirizzo di Kalorama Heights. In casa non c’è nessuno e sembra tutto a posto. Ho appena finito di controllare e non ci sono segni di effrazione. Falso allarme.»

«Ricevuto» rispose il collega. «Buonanotte.»

La guardia si rimise il walkie-talkie alla cintura e si affrettò a tornare alla macchina, infreddolita. Dopo qualche passo, però, si accorse di un particolare che prima le era sfuggito: un barlume di luce azzurrognola sul retro della villa.

Si avvicinò, incuriosita, e notò che proveniva da una finestrella bassa, a lunetta, che con ogni probabilità dava luce allo scantinato. Al vetro era stata applicata una mano di pittura opaca dall’interno. Sarà una camera oscura? Il bagliore azzurrognolo filtrava da un angolino del vetro da cui si era staccata la vernice.

La guardia si accucciò a sbirciare, ma non riuscì a vedere niente. Bussò sul vetro.

«C’è nessuno?» gridò.

Non ottenne risposta. Bussò di nuovo e questa volta dal vetro si staccò una chiazza di pittura più grande, lasciandole vedere l’interno. La donna si protese in avanti, avvicinando la faccia alla finestrella per controllare meglio. E rimpianse subito di averlo fatto.

Oddio! Che roba è?!

Scioccata e inorridita, rimase li ferma ancora un attimo a guardare la scena, poi cercò il walkie-talkie con la mano che tremava.

Non fece in tempo.

I dardi di uno storditore la colpirono alla nuca e tutti i suoi Muscoli si contrassero. In preda a un dolore lancinante, cadde a faccia in giù, senza neppure riuscire a chiudere gli occhi.

61

Non era la prima volta che Warren Bellamy veniva incappucciato. Come i suoi fratelli di loggia, aveva indossato il copricapo rituale durante l’ascesa ai gradi più alti della massoneria. In tali occasioni, però, si trovava tra amici fidati. Quella sera, invece, era tutt’altra faccenda: lo avevano legato, gli avevano messo un sacchetto sulla testa e lo stavano guidando a spintoni lungo i corridoi del deposito della biblioteca.

Gli agenti avevano cercato di costringerlo con le minacce a dire dove fosse Robert Langdon. Sapendo di non avere più l’età per sopportare certi maltrattamenti, Bellamy aveva risposto subito. Con una bugia.

"Langdon non è mai sceso quaggiù con me!" aveva detto, affannato. "Gli ho suggerito di andare nella balconata e di nascondersi dietro la statua di Mosè. Non so dove sia adesso, però." Doveva essere stato convincente, perché due agenti erano partiti di corsa all’inseguimento. Altri due, invece, erano rimasti lì con lui e lo stavano accompagnando via in silenzio.

Il suo unico sollievo era sapere che Langdon e Katherine stavano portando al sicuro la piramide. Presto Langdon sarebbe stato contattato da una persona che avrebbe potuto offrirgli protezione. 77 puoi fidare. Costui sapeva molte cose riguardo alla piramide massonica e al segreto che nascondeva, ovvero le coordinate di una scala a chiocciola che portava ad antiche conoscenze lì custodite da tempo immemorabile. Bellamy era riuscito a contattarlo mentre scappavano dalla sala di lettura ed era certo che avrebbe compreso il suo breve messaggio.

Mentre gli agenti lo scortavano, incappucciato, per i meandri della biblioteca, Bellamy pensava alla piramide di granito e alla cuspide d’oro che Langdon aveva nella borsa. È passato molto tempo dall’ultima volta in cui quei due oggetti sono stati insieme nella stessa stanza…

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