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«Davvero?» esclamò Anderson. «E lei come fa a saperlo?»

«Abbiamo appena trovato la registrazione della sorveglianza. L’agente Nuñez qui presente ha aiutato Langdon e Bellamy a scappare e poi ha richiuso a chiave il tunnel alle loro spalle. È stato Bellamy a dare la chiave a Nuñez.»

Anderson si rivolse a Nuñez fulminandolo con lo sguardo. «E’ vero?»

Nuñez annuì energicamente, facendo del proprio meglio per tenergli il gioco. «Mi dispiace, capo. L’architetto mi ha ordinato di non dirlo ad anima viva!»

«Non mi importa un accidente di cosa ti ha ordinato l’architetto!» gridò Anderson. «Mi aspetto che…»

«Ma stia zitto!» lo interruppe Sato. «Siete tutti e due dei bugiardi schifosi. Risparmiate il fiato per l’indagine disciplinare che farà la cia.» Strappò la chiave del tunnel di mano a Anderson. «Non avete più niente da fare qui.»

49

Langdon chiuse il telefono sentendosi sempre più in pensiero. Katherine non risponde al cellulare! Gli aveva promesso di chiamarlo non appena si fosse messa in salvo fuori dal laboratorio e fosse salita in macchina per raggiungerlo, ma non l’aveva più sentita.

Bellamy era seduto di fianco a Langdon alla scrivania nella sala di lettura. Anche l’architetto aveva appena fatto una telefonata a un tizio che, secondo lui, avrebbe potuto ospitarli in un posto segreto dove sarebbero stati al sicuro. Sfortunatamente, anche questa persona non rispondeva e così Bellamy aveva lasciato un messaggio in cui chiedeva di richiamare subito sul cellulare di Langdon.

«Continuerò a provare» disse a Langdon «ma per il momento dobbiamo cavarcela da soli. E dobbiamo elaborare un piano per questa piramide.»

La piramide. Per Langdon, lo scenario spettacolare della sala di lettura si era come dissolto e il suo mondo si era ristretto fino a includere soltanto ciò che aveva di fronte: una piramide di pietra, un pacchetto sigillato contenente una cuspide e un elegante afroamericano che si era materializzato dal buio per salvarlo da un sicuro interrogatorio da parte della CIA.

Langdon si era aspettato un briciolo di buonsenso da parte dell’architetto del Campidoglio, invece adesso gli sembrava che Warren Bellamy non fosse molto più razionale di quel folle che sosteneva che Peter era in purgatorio. Bellamy insisteva infatti che quella piramide di pietra fosse, in realtà, la piramide massonica della leggenda. Un’antica mappa che ci guida verso conoscenze straordinarie?

«Warren» disse Langdon in tono cortese «questa idea che esista una specie di antica sapienza in grado di dare agli uomini un grande potere… io sinceramente non riesco a prenderla sul serio.»

Negli occhi dell’architetto c’era un’espressione tanto delusa quanto sincera che rendeva lo scetticismo di Langdon ancora più imbarazzante. «Sì, Robert, avevo immaginato che potessi avere un atteggiamento del genere, ma suppongo che non dovrei esserne sorpreso. Tu consideri la questione dall’esterno. Esistono verità massoniche che percepisci come attinenti al mito perché non sei stato iniziato e preparato a comprenderle.»

Langdon si sentiva trattato con sufficienza. Io non facevo parte dell’equipaggio di Ulisse, ma sono sicuro che quello dei ciclopi è un mito. «Warren, anche se la leggenda fosse vera… questa piramide non può essere la piramide massonica.»

«No?» L’architetto fece scorrere un dito lungo il cifrario sulla pietra. «A me sembra che corrisponda perfettamente alla descrizione. Una piramide di pietra con una cuspide in metallo lucente che, stando alla radiografia di Sato, è proprio quella che ti ha affidato Peter.» Bellamy prese in mano il pacchetto a forma di cubo, soppesandolo.

«Questa piramide di pietra è alta meno di trenta centimetri» ribatté Langdon. «Ogni versione della storia che conosco, invece, descrive la piramide massonica come una struttura enorme.»

Era chiaro che Bellamy aveva previsto quell’obiezione. «Come sai, la leggenda parla di una piramide che si eleva così in alto che Dio stesso può allungare una mano e toccarla.»

«Esattamente.»

«Posso capire il tuo dubbio, Robert, però sia gli antichi misteri sia la filosofia massonica celebrano le potenzialità di Dio all’interno di ognuno di noi. Parlando per simboli, si potrebbe affermare che qualsiasi cosa alla portata di un uomo illuminato… è alla portata di Dio.»

Langdon non fu impressionato da quel gioco di parole.

«Anche la Bibbia concorda su questo» proseguì Bellamy. «Se noi accettiamo, come dice la Genesi, che Dio abbia creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, allora dobbiamo anche accettarne le implicazioni, cioè che l’umanità non è stata creata inferiore a Dio. In Luca 17,20 leggiamo che "il regno di Dio è dentro di voi".»

«Mi dispiace, ma non conosco un solo cristiano che si consideri pari a Dio.»

«Certo che no» disse Bellamy in tono più tagliente. «Perché la maggior parte dei cristiani tiene il piede in due scarpe: vuole poter dichiarare con orgoglio di credere nella Bibbia e al tempo stesso ignorare quelle parti che trova troppo difficili o troppo scomode da osservare.»

Langdon non commentò.

«Comunque» continuò Bellamy «la secolare descrizione della piramide massonica che la raffigura tanto alta da poter essere toccata da Dio ha portato a interpretazioni sbagliate circa le sue dimensioni. Oltretutto, ci fa comodo che induca studiosi come te a insistere che la piramide sia solo una leggenda, così nessuno la cerca.»

Langdon tornò a fissare la piramide di pietra. «Domando scusa se non ti do soddisfazione. Il fatto è che ho sempre pensato alla piramide massonica come a un mito.»

«Non ti sembra perfettamente coerente che una mappa creata da scalpellini muratori fosse intagliata nella pietra? Durante tutte le epoche storiche le nostre più importanti linee guida sono state sempre incise nella pietra, incluse le tavole che Dio diede a Mosè, i Dieci Comandamenti che guidano la condotta umana.»

«Capisco, però si è sempre parlato di leggenda della piramide massonica. Leggenda implica che sia un mito.»

«Sì, leggenda.» Bellamy si mise a ridere. «Temo che tu abbia lo stesso problema di Mosè.»

«Scusa?»

Bellamy sembrava quasi divertito mentre si girava sulla sedia Per indicare il secondo ordine di balconate, dove sedici statue di bronzo li stavano guardando. «Lo vedi Mosè?»

Langdon alzò lo sguardo sulla celebre statua di Mose della biblioteca. «Sì.»

«Ha le corna.»

«Lo so.»

«Ma sai perché le ha?»

Come alla maggior parte degli insegnanti, a Langdon non piaceva che gli si facesse la lezioncina. Il Mosè sopra le loro teste aveva le corna per lo stesso motivo per cui migliaia di immagini cristiane di Mosè le avevano: una traduzione sbagliata del libro dell’Esodo. Il testo originale ebraico diceva che Mosè aveva "karan ’ohr panav", cioè "la pelle del volto che brillava di raggi di luce", ma quando la Chiesa cattolica romana creò la Vulgata, la traduzione ufficiale latina della Bibbia, il traduttore fraintese la descrizione di Mosè e la rese come "cornuta esset facies sua", che significa appunto "la sua faccia era cornuta". A partire da allora, artisti e scultori, temendo ripercussioni se non fossero stati aderenti alle Sacre Scritture, avevano cominciato a raffigurare Mosè con le corna.

«Si è trattato di un semplice errore» ribatté Langdon. «Una traduzione sbagliata da parte di san Girolamo intorno al quinto secolo dopo Cristo.»

Bellamy parve colpito. «Esattamente. Una traduzione sbagliata. E il risultato è… che il povero Mosè sarà per sempre malformato.»

"Malformato" era un modo gentile di esprimere il concetto. Langdon, da bambino, era sempre terrorizzato quando vedeva il diabolico "Mosè cornuto" di Michelangelo, il pezzo forte della basilica di San Pietro in Vincoli a Roma.

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