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Langdon non sentì niente, a eccezione di un inspiegabile rivolo di energia che sembrò pervadergli tutte le cellule del corpo. Dietro di lui, sulla poltrona di pelle di cinghiale, il laptop emise un sibilo strano. Si voltò appena in tempo per vedere lo schermo diventare improvvisamente nero. Purtroppo, l’ultimo messaggio visibile era stato molto chiaro.

INVIO MESSAGGIO: 100% COMPLETATO

Tirati su! Maledizione! Vai su!

Il pilota del Sikorsky spinse i rotori in overdrive, cercando di evitare che i pattini toccassero un punto qualsiasi del grande lucernario. Sapeva che i duemilasettecento chili della spinta di sollevamento provocata dai rotori stavano già sollecitando il vetro fin quasi al punto di rottura. Sfortunatamente l’inclinazione della piramide sottostante deviava di lato la spinta, riducendo la capacità di sollevamento del velivolo.

Vai su! Ora!

Il pilota inclinò il muso dell’elicottero cercando di allontanarsi, ma il pattino sinistro colpì il centro del vetro. Solo per un istante, però fu più che sufficiente.

Il massiccio lucernario della Sala del Tempio esplose in un turbine di vetri e vento… riversando una cascata di frammenti taglienti nella stanza sottostante.

Stelle che cadono dal cielo.

Mal’akh, che fissava quella bella luce bianca, vide un velo di gioielli scintillanti fluttuare verso di lui… sempre più velocemente… quasi precipitandosi per avvolgerlo nel loro splendore.

Poi, all’improvviso, ci fu dolore.

Ovunque.

Pugnalate. Tagli. Squarci. Coltelli affilati come rasoi che penetravano nella carne. Nel petto, nel collo, nelle cosce, in faccia. Il corpo si irrigidì di colpo, cercando di ritrarsi. Piena di sangue, la bocca urlò per il dolore che stava strappando a forza l’uomo dalla sua trance. Poi la luce bianca si trasformò e d’un tratto, come per magia, sopra dì luì si materializzò un elicottero le cui pale ruggenti spingevano un vento freddo in basso, nella Sala del Tempio, raggelandolo fino al midollo e disperdendo le volute di incenso agli angoli della stanza.

Mal’akh voltò la testa e vide di fianco a sé il coltello dell’aqedah spezzato, frantumato sull’altare di marmo, ora coperto da un lenzuolo di vetri infranti. Perfino dopo tutto quello che gli ho fatto… Peter Solomon ha deviato il coltello. Si è rifiutato di versare il mio sangue.

Con crescente orrore, Mal’akh sollevò la testa e si guardò il corpo, quell’opera d’arte vivente che avrebbe dovuto essere la sua grande offerta. Era rovinata, a brandelli, fradicia di sangue, e dalla carne spuntavano enormi pezzi di vetro.

Posò di nuovo il capo sull’altare e guardò attraverso l’apertura nel tetto. L’elicottero se n’era andato. Al suo posto c’era solo una luna silenziosa e fredda.

Con gli occhi sbarrati, Mal’akh boccheggiava, respirando a fatica… tutto solo sul grande altare.

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Il segreto è come si muore.

Mal’akh sapeva che era andato tutto storto. Nessuna luce splendente. Nessuna accoglienza stupefacente. Solo oscurità e un dolore lancinante. Dolore anche negli occhi. Non riusciva a vedere nulla, però percepiva movimento intorno a sé. C’erano voci… voci umane… una delle quali, incredibilmente, apparteneva a Robert Langdon. Com’è possibile?

«Sta bene» continuava a ripetere Langdon. «Katherine sta bene, Peter. È tutto okay.»

No, pensò Mal’akh. Katherine è morta. Non può essere viva.

Mal’akh non vedeva più e non era neppure in grado di dire se i suoi occhi fossero aperti o chiusi, comunque sentì l’elicottero allontanarsi. Una calma improvvisa scese sulla Sala del Tempio. Lui aveva la sensazione che i ritmi armoniosi della terra stessero diventando irregolari… come se una tempesta sempre più violenta turbasse le naturali maree dell’oceano.

Chao ab ordo.

C’erano anche voci sconosciute che gridavano e parlavano in tono concitato con Langdon del laptop e del file video. È troppo tardi, Mal’akh lo sapeva. Il danno è stato fatto. Ormai il video si stava diffondendo come un incendio incontrollato, raggiungendo ogni angolo di un mondo scioccato e distruggendo il futuro della fratellanza. Coloro che più sono in grado di divulgare la saggezza devono essere distrutti. Era l’ignoranza dell’umanità a favorire il caos. Ed era l’assenza della Luce sulla terra a nutrire le Tenebre che attendevano Mal’akh.

Ho compiuto azioni grandiose e presto verrò accolto come un re.

Mal’akh percepì la presenza di una persona che gli si era avvicinata in silenzio. Sapeva chi era: sentiva il profumo delle essenze sacre che aveva frizionato sul corpo depilato di suo padre.

«Non so se puoi sentirmi» gli sussurrò all’orecchio Peter Solomon. «Ma voglio che tu sappia una cosa.» Sfiorò con un dito il cerchio consacrato al centro del cranio di Mal’akh. «Ciò che hai tracciato qui…» Fece una pausa. «Non è la Parola perduta.»

Certo che lo è, pensò Mal’akh. Mi hai convinto della sua autenticità al di là di ogni dubbio.

In base alla leggenda, la Parola perduta era scritta in una lingua talmente antica e arcana che l’umanità aveva dimenticato come decifrarla. Quel misterioso linguaggio, aveva rivelato Peter, era in effetti il più antico del mondo.

Il linguaggio dei simboli.

Nell’idioma dei simboli, uno solo regnava sovrano sopra ogni altro. Era il più antico e il più universale e fondeva tutte le antiche tradizioni in un’unica immagine; rappresentava l’illuminazione del dio sole egizio, il trionfo dell’oro alchemico, la saggezza della pietra filosofale, la purezza della rosa dei rosacroce, il momento della creazione, il Tutto, il dominio del sole astrologico e, addirittura, l’occhio onnisciente che, sospeso sopra la piramide incompiuta, tutto vede.

Il punto cerchiato. Il simbolo della Fonte. L’origine di tutte le cose.

Era questo che Mal’akh si era sentito spiegare da Peter pochi minuti prima. All’inizio era stato scettico, ma poi aveva guardato di nuovo la griglia e si era reso conto che l’immagine della piramide puntava direttamente a quel simbolo solitario: un cerchio con un punto al centro. La piramide massonica è una mappa, aveva pensato Mal’akh ricordando la leggenda, una mappa che indica la Parola perduta. A quanto pareva, suo padre dopotutto gli stava dicendo la verità.

Tutte le grandi verità sono semplici.

La Parola perduta non è una parola… è un simbolo.

Con impazienza, Mal’akh aveva tracciato il simbolo grandioso del punto cerchiato sul proprio cranio e, mentre lo faceva, aveva avvertito crescere dentro di sé un senso di potere e di soddisfazione. Il mio capolavoro e la mia offerta sono completi.

Adesso le forze delle Tenebre lo stavano aspettando. Sarebbe stato ricompensato per il suo lavoro. Quello sarebbe stato il suo momento di gloria…

Invece, all’ultimo istante, era andato tutto terribilmente storto.

Ancora dietro di lui, Peter gli stava sussurrando in quel momento parole di cui riusciva a malapena ad afferrare il significato. «Ti ho mentito» gli stava dicendo. «Non mi hai lasciato scelta. Se ti avessi rivelato la vera Parola perduta, non mi avresti creduto. E non avresti capito.»

La Parola perduta… non è il punto cerchiato?

«La verità» riprese Solomon «è che la Parola perduta è nota a tutti… ma viene riconosciuta solo da pochissimi.»

Le parole echeggiarono nella mente di Mal’akh.

«Sei ancora incompleto» proseguì Peter posando delicatamente la mano sulla testa di suo figlio. «Il tuo lavoro non è finito. Ma, ovunque tu stia andando, sappi che… sei stato amato.»

Per qualche ragione, a Mal’akh sembrò che il tocco gentile della mano di suo padre gli bruciasse in tutto il corpo, come un potente catalizzatore che avesse scatenato una reazione chimica all’interno dell’organismo. Poi, senza alcun segno premonitore, Mal’akh sentì un’ondata di energia rovente sollevarsi dentro di sé e superare il suo involucro fisico, come se ogni cellula del corpo si stesse dissolvendo.

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