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il direttore Sato condusse Anderson in un punto tranquillo vicino alla statua in bronzo di Thomas Jefferson. «Anderson» disse «immagino che lei sappia dove si trova esattamente l’SBB 13.»

«Certo.»

«Sa cosa c’è dentro?»

«No. Dovrei guardare. Credo che non sia più stato usato da decenni.»

«Be’, dovrà aprirlo.»

Anderson non gradiva per niente sentirsi dire cosa dovesse fare nel suo edificio. «Direttore, potrebbe essere un problema. Prima devo controllare il registro dei turni di servizio. Come lei sa, i livelli inferiori ospitano per la maggior parte uffici o depositi privati, e le procedure di sicurezza per gli uffici privati…»

«O lei mi apre l’SBB 13» ribatté Sato «o io chiamo l’OS e faccio venire una squadra con un ariete.»

Anderson la fissò per qualche istante, poi tirò fuori la radio e se la portò alle labbra. «Parla Anderson. Ho bisogno di aprire l’SBB. Mandami qualcuno entro cinque minuti.»

La voce che rispose pareva disorientata. «Capo, mi conferma che ha detto SBB?»

«Esatto. SBB. Manda qualcuno immediatamente. Mi serve anche una torcia.» Anderson ripose la radio con il cuore che gli batteva forte.

Sato gli si avvicinò. «Il tempo stringe» disse abbassando ancora di più la voce. «Voglio che ci accompagni giù all’SBB 13 più in fretta che può.»

«Sì, direttore.»

«Ho bisogno anche di un’altra cosa da lei.»

Oltre a chiedermi di compiere un’effrazione dentro il Campidoglio? Anderson non era nelle condizioni di potersi opporre, ma non gli era sfuggito che Sato era arrivata pochi minuti dopo il ritrovamento della mano di Solomon nella Rotonda e che adesso stava sfruttando la situazione per accedere indisturbata a settori privati del Campidoglio. Pareva che riuscisse ad anticipare gli eventi al punto di determinarne il corso.

Sato indicò il professore. «La borsa che Langdon porta a tracolla.»

Anderson si voltò a guardare. «Cosa c’è?»

«Suppongo che il suo staff abbia passato quella borsa ai raggi X quando lui è entrato nell’edificio.»

«Certamente. Tutte le borse vengono controllate.»

«Mi mostri la radiografia. Voglio sapere cosa c’è dentro.»

Anderson osservò la borsa dalla quale Langdon non si era mai separato per tutta la sera. «Ma… non sarebbe più semplice chiederlo a lui?»

«Quale parte della mia richiesta non le è chiara?»

Anderson estrasse nuovamente la radio. Sato gli diede l’indirizzo email del suo BlackBerry chiedendo che gli uomini della sicurezza le trasmettessero una copia digitalizzata della radiografia appena l’avessero trovata. Anderson accondiscese, seppure con riluttanza.

I tecnici della Scientifica stavano recuperando la mano mozza per la polizia del Campidoglio, ma Sato diede ordine che venisse portata direttamente al suo team a Langley. Anderson era troppo stanco per protestare. Era appena stato travolto da un minuscolo schiacciasassi giapponese.

«E voglio quell’anello» aggiunse Sato.

II caposquadra della Scientifica stava per protestare, ma poi ci ripensò. Sfilò l’anello d’oro dalla mano di Peter e lo mise in una busta trasparente per le prove che consegnò a Sato. Lei se la infilò nella tasca della giacca, poi si rivolse a Langdon.

«Ce ne andiamo, professore. Prenda le sue cose.»

«Dove siamo diretti?» ribatté Langdon.

«Lei segua il signor Anderson.»

Sì, pensò Anderson, e vedi di starmi vicino. L’SBB è una sezione del Campidoglio in cui pochi entrano. Per raggiungerla si deve attraversare un caotico labirinto di stanzette e stretti corridoi sotto la cripta. Una volta il figlio minore di Abraham Lincoln, Tad, si era perso là sotto e aveva rischiato di morire. Anderson cominciava a sospettare che, se Sato avesse potuto fare di testa propria, a Robert Langdon sarebbe toccata la stessa sorte.

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Mark Zoubianis, esperto in sicurezza dei sistemi informatici, si era sempre vantato delle sue capacità di multitasking. In quel momento era seduto sul suo futon con un telecomando della tivù, un telefono cordless, un laptop, un palmare e una grossa ciotola di stuzzichini di mais al formaggio. Con un occhio alla partita dei Redskins sul televisore con il volume azzerato e uno al laptop, Zoubianis stava parlando tramite l’auricolare Bluetooth con una donna che non sentiva da più di un anno.

Solo Trish Dunne può telefonarti la sera di una partita dei playoff.

Dando l’ennesima prova della propria inettitudine nei rapporti sociali, la sua ex collega aveva scelto proprio la sera della partita dei Redskins per chiamarlo e chiedergli un favore. Dopo un breve preambolo sui bei vecchi tempi e su quanto le mancassero le sue battute, alla fine Trish era arrivata al dunque: stava cercando di identificare un indirizzo IP nascosto, probabilmente appartenente a un server protetto del Distretto di Columbia. Questo server custodiva un breve documento di testo segretato e lei voleva accedere al testo completo… o, per lo meno, avere qualche informazione sul proprietario.

"Ti sei rivolta alla persona giusta nel momento sbagliato" le aveva detto. Allora lei lo aveva sommerso di complimenti, gran parte dei quali assolutamente meritati, e, prima di rendersene conto, Zoubianis si era ritrovato a digitare uno strano indirizzo IP sul suo laptop.

Gli bastò dare un’occhiata al numero per sentirsi in difficoltà. «Trish, questo IP ha un formato strano. È scritto con un protocollo che non è ancora stato reso disponibile al pubblico. Probabilmente appartiene a qualche agenzia governativa o ai militari.»

«Militari?» Trish scoppiò a ridere. «Credimi, ti assicuro che il documento segretato che ho appena scaricato da questo server non aveva niente di militare.»

Zoubianis aprì un’altra finestra e lanciò un programma per tracciare il percorso di rete. «Hai detto che la tua ricerca si è bloccata?»

«Sì. Per due volte. Sullo stesso nodo.»

«Anche la mia.» Fece partire un programma di indagine diagnostica. «E cos’ha di tanto interessante questo IP?»

«Ho lanciato una metaricerca che ha indirizzato un motore su questo IP e ha dato come riscontro un documento segretato. Ho bisogno di vedere tutto il testo. Sono anche disposta a pagare, ma non riesco a scoprire chi è il proprietario dell’IP, né come arrivarci.»

Zoubianis guardò lo schermocon espressione accigliata. «Sei sicura? Sto facendo girare un programma di diagnostica, e le impostazioni di questo firewall sembrerebbero… roba seria…»

«È il motivo per cui ti becchi tutti quei soldi.»

Zoubianis rifletté. Gli avevano offerto una fortuna per un lavoro facilissimo. «Una domanda, Trish. Comemai ti interessa tanto?»

«Sto facendo un favore a un’amica» rispose lei dopo un attimo di esitazione.

«Dev’essere un’amica speciale.»

«Infatti.»

Zoubianis ridacchiò tra sé, ma tenne a freno la lingua. Lo sapevo.

«Allora» disse Trish in tono impaziente «sei abbastanza b r a v o da identificare questo ip sì o no?»

«Sì, sono abbastanza bravo. E so che mi stai provocando.»

«Quanto tempo ci vorrà?»

«Non molto» rispose lui continuando a digitare. «Dovrei riuscire a entrare in un computer del loro sistema nel giro di una decina di minuti. Una volta che sono dentro e ho capito di cosa si tratta, ti richiamo.»

«Ti ringrazio. Allora, come te la passi?»

Adesso melo chiede? «Trish, insomma! Mi hai chiamato lasera di una partita dei playoff e ti metti pure a fare conversazione?

Vuoi che identifichi questo IPono ? »

«Grazie, Mark. Lo apprezzo molto. Aspetto la tua chiamata.» «Un quarto d’ora.» Zoubianis riattaccò, prese la ciotola di

stuzzichini di mais al formaggio e alzò il volume del televisore. Ah, le donne!

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