Confuso, Langdon restò in silenzio.
«Robert, io credo che questa sera tu ti sia guadagnato il diritto di conoscere la verità.»
Langdon fissò l’amico cercando di dare un senso a ciò che aveva appena sentito. «Hai intenzione di dirmi dov’è sepolta la Parola perduta?»
«No» rispose Solomon sorridendo mentre si alzava in piedi. «Ho intenzione di fartelo vedere.»
Cinque minuti più tardi, seduto accanto a Peter sul sedile posteriore dell’Escalade, Langdon si stava allacciando la cintura di sicurezza.
Mentre Simkins si metteva al volante, Sato attraversò il parcheggio e si avvicinò all’auto.
«Signor Solomon» esordì il direttore accendendosi una sigaretta. «Ho appena fatto la telefonata che mi aveva chiesto di fare.»
«E…?» domandò Peter attraverso il finestrino abbassato.
«Ho dato istruzioni che vi venga consentito l’accesso. Per pochissimo tempo.»
«Grazie.»
Il direttore lo studiò con un’espressione curiosa. «Devo dire che la sua è una richiesta molto insolita.»
Solomon si strinse nelle spalle, con uno sguardo enigmatico.
Sato non insistette, passò al finestrino di Langdon e bussò con le nocche.
Langdon abbassò il vetro.
«Professore» cominciò Sato senza la minima traccia di cordialità «il suo aiuto di stasera, seppure offerto con riluttanza, è risultato essenziale per il successo dell’operazione… e per questo la ringrazio.» Tirò una lunga boccata dalla sigaretta e poi soffiò il fumo di lato. «Comunque voglio darle un ultimo consiglio: la prossima volta che un alto funzionario della CIA le dirà di essere alle prese con una crisi relativa alla sicurezza nazionale…» Gli occhi neri lampeggiarono. «Lasci tutte le sue stronzate a Harvard.»
Langdon fece per rispondere, ma il direttore Inoue Sato gli aveva già voltato le spalle e stava riattraversando il parcheggio verso l’elicottero in attesa.
Simkins si girò, con il viso impenetrabile. «I signori sono pronti?»
«Solo un momento» disse Solomon. Estrasse dalla tasca un pezzo di stoffa scura ripiegata e lo porse a Langdon. «Prima che partiamo, vorrei che tu te lo mettessi.»
Perplesso, Langdon lo esaminò. Era velluto nero. Lo spiegò e si rese conto di avere tra le mani un cappuccio massonico, il tradizionale cappuccio cieco dell’iniziato di primo grado. Ma cosa diavolo…?
«Preferirei che tu non vedessi dove stiamo andando» spiegò Peter.
Langdon si voltò verso l’amico. «Mi vuoi incappucciare per il viaggio?»
Solomon sorrise. «Il mio segreto. Le mie regole.»
127
Soffiava un vento freddo fuori dalla sede centrale della CIA a Langley. Nola Kaye aveva i brividi mentre seguiva Rick Parrish, l’esperto di sicurezza informatica, nel cortile centrale illuminato dalla luna.
Dove mi sta portando Rick?
La crisi del video massonico era stata risolta, grazie a Dio, ma Nola si sentiva ancora a disagio. Il file segretato nella partizione del direttore della CIA restava un mistero e la cosa la inquietava. In mattinata avrebbe dovuto fare rapporto a Sato e voleva chiarire tutti gli elementi in suo possesso. Alla fine aveva telefonato a Rick Parrish per chiedergli aiuto. Mentre seguiva il collega verso una qualche destinazione ignota, non riusciva a scacciare dalla mente quelle frasi bizzarre:
Luogo segreto sottoterra dove le… da qualche parte a Washington, DC, le coordinate… scoperto un antico portale che conduceva… l’avvertimento che la piramide comporta pericolose… decifrare questo symbolon inciso perché sveli…
«Siamo d’accordo tutti e due» disse Parrish continuando a camminare «sul fatto che l’hacker che ha lanciato una ricerca di quelle parole chiave stava sicuramente tentando di trovare informazioni sulla piramide massonica.»
È evidente, pensò Nola.
«Ma io ho scoperto che l’hacker si è imbattuto in un aspetto del mistero massonico che non credo si aspettasse.»
«Cosa intendi dire?»
«Tu sai che il direttore della CIA ha creato un forum di discussione interna per i dipendenti dell’Agenzia, in modo che tutti possano scambiarsi idee su ogni tipo di argomento?»
«Certo che lo so.» I forum fornivano al personale dell’Agenzia un luogo sicuro dove chattare online su vari temi e offrivano al direttore una sorta di accesso virtuale al suo staff.
«I forum del direttore sono ospitati nella sua partizione personale, però, per consentire l’accesso a collaboratori di qualsiasi livello di sicurezza, si trovano all’esterno del suo firewall riservato.»
«Dove vuoi arrivare?» domandò Nola mentre svoltavano un angolo nei pressi del bar interno dell’Agenzia.
«In una parola…» Parrish indicò qualcosa nel buio. «A quello.»
Nola alzò lo sguardo. Davanti a loro, dalla parte opposta dello spiazzo, un’imponente scultura metallica luccicava al chiarore della luna.
Nella sede di un’agenzia che vanta più di cinquecento opere d’arte originali, questa scultura, intitolata Kryptos, è di gran lunga la più famosa. Kryptos, in greco "nascosto", è un’opera dell’artista americano James Sanborn, diventata una specie di leggenda all’interno della CIA.
La scultura consiste in un massiccio pannello di rame a forma di S che, posato in verticale sul proprio bordo, fa pensare a una parete metallica ondulata. Sulla superficie sono incisi quasi duemila caratteri… organizzati in un codice sconcertante. Come se tutto ciò non fosse già abbastanza enigmatico, ci sono poi numerosi altri elementi scultorei posizionati con cura nell’area circostante la parete a esse criptografata: lastre di granito sistemate secondo strane angolazioni, una rosa dei venti, un magnete e addirittura un messaggio in codice Morse che fa riferimento a una "lucida memoria" e a "forze dell’ombra". La maggior parte dei fan di Kryptos ritiene che questi pezzi siano indizi per poter decifrare la scultura stessa.
Kryptos è un’opera d’arte… ma è anche un enigma.
Tentare di penetrare il suo segreto era diventata un’ossessione per i criptoanalisti, sia all’interno della CIA sia fuori. Pochi anni prima, finalmente, una parte del codice era stata decifrata e la notizia aveva avuto risonanza nazionale. Nonostante molte parole di Kryptos fossero tuttora un enigma, quelle decodificate erano così bizzarre da rendere la scultura ancora più misteriosa. C’erano riferimenti a luoghi segreti sottoterra, a portali che si aprivano su antiche tombe, a longitudini e latitudini…
Nola ricordava a memoria alcuni frammenti delle parti decifrate: Le informazioni sono state raccolte e trasferite sottoterra in un luogo ignoto… Era totalmente invisibile… com’è possibile… hanno utilizzato il campo magnetico della terra…
Nola non aveva mai prestato grande attenzione alla scultura, né le era mai importato molto che venisse completamente decifrata. In quel momento, però, voleva delle risposte. «Perché mi stai mostrando Kryptos?»
Parrish le rivolse un sorriso da cospiratore e, con un gesto teatrale, estrasse dalla tasca un foglio ripiegato. «Voilà: il misterioso documento segretato che ti preoccupava tanto. Sono riuscito ad accedere al testo completo.»
Nola sobbalzò. «Hai ficcato il naso nella partizione riservata del direttore?»
«No. È quello di cui ti parlavo poco fa. Dai un’occhiata.» Le porse il foglio.
Nola lo aprì e, quando vide l’intestazione ufficiale dell’Agenzia in cima, inclinò sorpresa la testa.
Quel documento non era segretato. Neppure lontanamente.
BACHECA DISCUSSIONE DIPENDENTI: KRYPTOS ARCHIVIO COMPRESSO: FILONE N.2456282.5
Nola si ritrovò a guardare una serie di messaggi che erano stati compressi in un’unica pagina ai fini di una più efficiente archiviazione.
«Il tuo documento con le parole chiave» disse Rick «si riferisce ai vaneggiamenti su Kryptos di qualche fanatico della criptografia.»