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Sempre più perplesso, Langdon prese una penna dal taschino.

«Guarda.» Katherine si stese la banconota sulla coscia e gli indicò il Gran Sigillo degli Stati Uniti. «Se sovrapponi il sigillo di Salomone a quello degli Stati Uniti…» Disegnò una stella di David sopra la piramide. «Vedi che cosa si ottiene?»

Langdon guardò prima il disegno e poi Katherine, come se fosse uscita di senno.

«Robert, guarda con più attenzione! Non vedi che cosa ti sto indicando?»

Langdon abbassò di nuovo gli occhi sul disegno.

Dove diavolo vuole andare a parare? Era un gioco che aveva già visto fare, molto diffuso fra i teorici del complotto per "dimostrare" che i massoni avevano esercitato un’influenza segreta sulla storia statunitense.

Il simbolo perduto - pic_19.jpg

Inscrivendo una stella a sei punte nel Gran Sigillo degli Stati Uniti, la punta in alto coincideva con il vertice della piramide, e l’occhio onniveggente massonico, e le altre cinque, misteriosamente, indicavano le lettere M-A-S-O-N, massone.

«Katherine, è solo una coincidenza! E comunque continuo a non capire cosa c’entri con Freedom Plaza.»

«Guarda qui, per favore!» insistette lei, quasi arrabbiata. «Non stai guardando dove ti dico io! Lì, ecco. Lo vedi?»

Finalmente Langdon capì.

Il capo della squadra operativa della CIA Turner Simkins arrivò davanti al John Adams Building con il telefono premuto all’orecchio, cercando di seguire la conversazione in corso fra i due passeggeri del taxi. È successo qualcosa. I suoi uomini stavano per imbarcarsi sull’elicottero Sikorsky UH-60 modificato per andare a predisporre un posto di blocco in Massachusetts Avenue, ma a quanto pareva la situazione era cambiata all’improvviso.

Pochi secondi prima, Katherine Solomon aveva cominciato a insistere che si stavano dirigendo verso il luogo sbagliato. La spiegazione che aveva dato, e che aveva a che fare con le banconote americane e la stella di David, a lui era sembrata assurda. Anche a Robert Langdon, inizialmente. Adesso, però, il professore sembrava essersi convinto.

«Oh, mio Dio! Hai ragione!» esclamò infatti Langdon in quel momento. «Non l’avevo visto!»

Simkins sentì che bussavano sul divisorio del taxi. L’autista lo aprì e Katherine gridò: «Abbiamo cambiato idea! Ci porti in Freedom Plaza!».

«Freedom Plaza?» ripetè il tassista, nervoso. «Non volevate andare in Massachusetts Avenue?»

«Non più» replicò a gran voce Katherine. «Freedom Plaza! Svolti a sinistra qui! Qui! Qui, le ho detto!»

L’agente Simkins sentì che il taxi affrontava una curva sgommando. Katherine aveva ricominciato a parlare con Langdon, agitatissima, del famoso calco in bronzo del Gran Sigillo che si trovava nella piazza.

«Signora, non sono sicuro di aver capito bene…» intervenne il tassista, teso. «Vi devo portare in Freedom Plaza, all’angolo tra Pennsylvania Avenue e Thirteenth Street?»

«Sì!» rispose Katherine. «Si sbrighi!»

«È vicinissimo. Due minuti e ci siamo.»

Simkins sorrise. Ottimo lavoro, Omar. Poi si precipitò verso l’elicottero gridando: «Li abbiamo in pugno! Freedom Plaza! Sbrighiamoci!».

76

Freedom Plaza è una mappa.

Si trova all’angolo tra Pennsylvania Avenue e Thirteenth Street e riproduce, con intarsi di marmo di colori diversi, la planimetria originale di Washington concepita da Pierre L’Enfant. È molto frequentata dai turisti, non solo perché è divertente camminare sulle strade di quella città in miniatura, ma anche perché Martin Luther King, cui è dedicata la piazza, scrisse gran parte del famoso discorso I Have a Dream nel vicino hotel Willard.

A Omar Amirana capitava spesso di portare turisti in Freedom Plaza, ma era chiaro che i due passeggeri di quella sera non erano lì per visitare monumenti. Sono ricercati dalla CIA! Gli schizzarono fuori dal taxi non appena accostò al marciapiede.

«Ci aspetti qui!» ordinò l’uomo con la giacca di tweed. «Torniamo subito!»

Omar li guardò correre nella piazza e indicare gridando vari punti. Prese il cellulare dal cruscotto. «Pronto? È ancora lì?»

«Sì, Omar» strillò l’agente, in mezzo a un frastuono terribile. «Dove sono adesso?»

«In mezzo alla piazza, sulla mappa. Sembra che stiano cercando qualcosa.»

«Non li perda di vista» urlò l’agente. «Sto arrivando!»

Omar notò che i due ricercati avevano trovato il famoso Gran Sigillo della piazza, un medaglione di bronzo fra i più grandi del mondo. Lo osservarono un momento, poi cominciarono a indicare in direzione sudovest. L’uomo tornò di corsa verso il taxi e Omar si affrettò a posare il telefono sul cruscotto.

«Da che parte è Alexandria, in Virginia?» domandò l’uomo, ansimando.

«Alexandria?» Omar indicò esattamente la stessa direzione in cui avevano puntato i due ricercati poco prima, sudovest.

«Lo sapevo!» borbottò l’uomo. Si voltò di scatto e gridò alla donna: «Avevi ragione! Alexandria!».

A quel punto lei additò l’insegna illuminata della metropolitana dall’altra parte della piazza. «Prendiamo la linea blu e scendiamo alla fermata di King Street!»

Omar fu preso dal panico. Oh, no!

L’uomo si girò verso di lui e gli mise in mano una cifra esagerata. «Grazie. Tenga pure il resto.» Si sistemò la tracolla e si allontanò di corsa.

«Aspetti! Vi ci posso portare io! Ci vado spesso!»

Ma era troppo tardi. I due avevano già attraversato la piazza e stavano scendendo le scale della stazione della metropolitana.

Omar riprese il cellulare. «Pronto? Sono scesi nella metropolitana! Non sono riuscito a fermarli! Prendono la linea blu per Alexandria.»

«Resti dov’è» gli ordinò l’agente. «Sarò lì fra quindici secondi!»

Omar guardò la mazzetta di banconote che gli aveva lasciato l’uomo. La prima doveva essere quella di cui avevano tanto parlato: sopra il Gran Sigillo c’era una stella di David, tracciata in modo che le punte indicassero le lettere della parola "mason".

All’improvviso sentì un rumore assordante, una vibrazione nell’aria, e per un istante temette che stesse per andargli addosso un autotreno. Alzò lo sguardo, ma la strada era deserta. Il frastuono però era sempre più forte. Un attimo dopo nel cielo notturno comparve un elicottero nero, che andò a posarsi nel bel mezzo della piazza.

Ne scesero alcuni uomini in mimetica nera che si precipitarono verso la stazione della metropolitana. Tutti tranne uno, che corse verso il taxi. Spalancò la portiera del passeggero e chiese: «Omar? È lei Omar?».

Omar annuì, senza parole.

«Hanno detto dov’erano diretti?» chiese l’agente.

«Alexandria! Alla stazione di King Street» rispose Omar. «Mi sono offerto di accompagnarli, ma…»

«Hanno detto dove andavano esattamente, ad Alexandria?»

«No. Hanno guardato il medaglione del Gran Sigillo nella piazza, poi mi hanno chiesto da che parte era Alexandria e mi hanno pagato. Con questo, fra l’altro.» Porse all’agente il biglietto da un dollaro con lo strano diagramma. Mentre l’agente lo osservava, Omar comprese. La massoneria, Alexandria… «Ho capito!» esclamò. «Il George Washington Masonic Memorial! È proprio di fronte alla stazione di King Street!»

«Giusto» convenne l’agente mentre i suoi colleghi uscivano di corsa dalla stazione e tornavano indietro.

«Li abbiamo persi!» gridò uno degli uomini. «Il treno della linea blu è appena partito! Non ci sono più!»

L’agente Simkins guardò l’orologio. «Quanto ci vuole da qui ad Alexandria in metropolitana?» chiese a Omar.

«Almeno dieci minuti. Forse di più.»

«Omar, lei ha fatto un ottimo lavoro. Grazie.»

«Prego. Ma cosa sta succedendo?»

L’agente Simkins, però, stava già tornando di corsa all’elicottero. «Stazione di King Street!» gridò. «Dobbiamo arrivare là prima di loro!»

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