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Una chiamata locale, rifletté Mal’akh guardando la sagoma a zigzag di un tetto che spuntava oltre gli alberi, illuminata dalla luna.

«Dottor Abaddon» rispose dando alla voce un tono più profondo.

«Sono Katherine» disse una voce di donna. «Finalmente ho avuto notizie da mio fratello.»

«Oh, ne sono felice. Come si sente?»

«Sta venendo al laboratorio» lo informò Katherine. «Anzi, ha proposto che lei ci raggiunga.»

«Prego?» fece Mal’akh fingendosi esitante. «Nel suo… laboratorio?»

«Deve fidarsi davvero di lei. Non ha mai invitato nessuno lì dentro.»

«Forse è convinto che una mia visita possa agevolare i nostri colloqui, ma a me sembra quasi un’intrusione.»

«Se mio fratello dice che lei è il benvenuto, lo pensa sul serio. Inoltre, Peter ha molte cose da raccontarci e gradirei arrivare in fondo a questa faccenda.»

«Molto bene. Dove si trova esattamente il laboratorio?»

«Allo Smithsonian Museum Support Center. Sa dov’è?»

«No» rispose Mal’akh guardando il complesso al di là della strada. «Ma in questo momento sono in macchina e ho un navigatore. Qual è l’indirizzo?»

«4210 Silver Hill Road.»

«Okay, un momento che lo inserisco.» Mal’akh attese qualche secondo, poi disse: «Ah, bene. A quanto pare è più vicino di quanto pensassi. Il navigatore indica che sono a una decina di minuti da lì».

«Ottimo. Chiamo subito la sicurezza e li avverto che sta arrivando.»

«Grazie.»

«Ci vediamo tra poco.»

Mal’akh si infilò in tasca il cellulare e guardò l’SMSC. Sono stato maleducato ad autoinvitarmi? Con un sorriso, prese l’iPhone di Peter Solomon e osservò compiaciuto il messaggio che aveva inviato a Katherine parecchi minuti prima.

Ricevuto tuoi messaggi. Tutto a posto. Sono stato molto occupato. Dimenticato appuntamento con dottor Abaddon. Scusa se non te ne ho parlato prima. Una storia lunga. Sto venendo al laboratorio. Chiedi al dottor Abaddon di raggiungerci se può. Mi fido pienamente di lui e ho molte cose da dire a entrambi. Peter

Com’era prevedibile, l’iPhone di Peter emise un lieve segnale acustico a indicare che era in arrivo una risposta da Katherine.

Peter, congrat. per aver imparato a mandare messaggi! Che sollievo sapere che stai bene! Parlato con dott. A. Sta venendo al laboratorio. A presto! k

Mal’akh si accucciò e depose l’iPhone di Solomon davanti al pneumatico anteriore della limousine. Gli era stato molto utile… ma ora era venuto il momento di renderlo irrintracciabile. Si mise al volante, ingranò la marcia e fece avanzare la macchina lentamente finché non sentì il rumore secco del cellulare che andava in pezzi.

Mal’akh rimise l’auto in posizione e fissò la sagoma scura dell’SMSC.Dieci minuti. L’immenso deposito di Peter Solomon ospitava oltre trenta milioni di reperti di inestimabile valore, ma quella sera lui era lì per distruggere soltanto i due più preziosi.

Tutte le ricerche di Katherine Solomon.

E Katherine Solomon stessa.

26

«Professor Langdon?» disse Sato. «Si sente bene? Ha l’aria di uno che ha appena visto un fantasma.»

Langdon si sistemò meglio la tracolla sulla spalla e posò la mano sulla borsa come se, così facendo, potesse nascondere il pacchetto contenuto al suo interno. Sapeva di essere impallidito. «Io… sono soltanto preoccupato per Peter.»

Sato piegò la testa di lato, guardandolo di traverso.

All’improvviso, Langdon venne assalito dal dubbio che la presenza di Sato lì, quella sera, potesse essere collegata al pacchetto che gli era stato affidato. Peter lo aveva avvertito. Costituirebbe un pericolo se cadesse nelle mani sbagliate… ho motivo di credere che persone molto potenti vogliano rubarlo. Langdon non riusciva a immaginare perché la CIA dovesse volere un pacchetto contenente un talismano… né cosa potesse rappresentare. Ordo ab chao?

Sato gli si avvicinò sondandolo con i suoi occhi neri. «Sbaglio, o lei ha appena avuto un’intuizione?»

Langdon cominciò subito a sudare. «No, non esattamente.»

«A cosa pensa?»

«Io…» Lui non sapeva come rispondere. Non aveva intenzione di rivelare l’esistenza del pacchetto, ma se Sato lo avesse portato alla CIA, la borsa sarebbe stata di certo perquisita all’ingresso. «In effetti… m’è venuta un’altra idea riguardo ai numeri sulla mano di Peter» disse mentendo spudoratamente.

Sato rimase impassibile. «Ah, sì?» Si voltò verso Anderson che stava tornando dopo essere andato incontro alla squadra della Scientifica, finalmente arrivata sul posto.

Langdon deglutì a fatica e si accucciò accanto alla mano, chiedendosi cosa potesse mai inventarsi. Su, Robert, sei un docente… improvvisa! Diede un’ultima occhiata ai sette minuscoli simboli sperando in un’ispirazione.

Il simbolo perduto - pic_3.jpg

Niente. Vuoto assoluto.

Mentre la sua memoria eidetica sfogliava inutilmente il repertorio mentale di simboli, Langdon trovò un’unica osservazione da fare. Ci aveva pensato fin dall’inizio, ma l’aveva scartata ritenendola poco valida. In quel momento, però, aveva bisogno di guadagnare tempo per riflettere.

«Be’» cominciò «la prima indicazione che si è sulla strada sbagliata quando si comincia a interpretare un insieme di simboli e codici è che si fa ricorso a più linguaggi. Per esempio, dicendole che questo simbolo è romano e arabo, ho fatto una pessima analisi, perché ho usato due sistemi simbolici diversi. Lo stesso vale per il romano e il runico.»

Sato incrociò le braccia e inarcò le sopracciglia come per dire: "Vada avanti".

«Di solito, la comunicazione avviene in un’unica lingua, non in più lingue, quindi il primo compito di uno studioso nell’analizzare un testo è trovare un unico sistema simbolico coerente applicabile a tutto il testo.»

«E lei adesso ha individuato questo sistema unico?»

«Be’… sì e no.» L’esperienza con la simmetria degli ambigrammi aveva insegnato a Langdon che talvolta i simboli assumono significati diversi a seconda della prospettiva. In quel caso, si rese conto che in effetti c’era un modo per visualizzare tutti e sette i simboli secondo un unico linguaggio. «Se giriamo di poco la mano, il linguaggio diventa coerente.» Stranamente, la manipolazione che lui stava per effettuare sembrava essere già stata suggerita dall’uomo che teneva prigioniero Peter quando aveva pronunciato l’antica massima ermetica: Come sopra, così sotto.

Con un brivido, Langdon afferrò la base di legno su cui era

infilzata la mano di Peter e lentamente la capovolse, in modo che le dita puntassero verso il basso. I simboli sulla palma cambiarono all’istante.

Il simbolo perduto - pic_4.jpg

«Da questa prospettiva» disse Langdon «XIII diventa un numero romano, il tredici. Mentre il resto dei caratteri può essere interpretato utilizzando l’alfabeto romano: SBB.» Langdon si aspettava che la sua analisi venisse accolta con sguardi vacui e alzate di spalle, invece l’espressione di Anderson cambiò all’istante.

«SBB?»

Sato si voltò verso di lui. «Se non erro, è un sistema di numerazione in uso qui nel Campidoglio.»

Anderson era impallidito. «Sì.»

Con un sorriso sinistro, Sato fece un cenno con la testa in direzione di Anderson. «Mi segua, per favore. Vorrei parlarle in privato.»

Mentre Sato conduceva Anderson lontano da orecchie indiscrete, Langdon rimase lì, solo e frastornato. Cosa diavolo sta succedendo qui? E cos’è SBB XIII?

Anderson si domandava cos’altro sarebbe potuto accadere quella notte. La mano dice SBB 13? Era meravigliato che un esterno avesse sentito parlare di SBB e soprattutto di SBB 13. Evidentemente, l’indice di Peter Solomon puntava non verso l’alto, com’era parso in un primo momento, ma proprio nella direzione opposta.

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