Литмир - Электронная Библиотека
Содержание  
A
A

Cosa ancora più stupefacente, Langdon comprese che il messaggio sulla cuspide rivelava effettivamente come decifrare la griglia di simboli incisi sulla base della piramide. Era così semplice! Proprio come gli aveva detto Peter Solomon, la cuspide d’oro era un potente talismano in grado di trarre ordine dal caos.

Langdon ricominciò a battere sul coperchio e a urlare. «Lo so! Lo so!»

La piramide si sollevò e sparì. Al suo posto ricomparve l’agghiacciante faccia tatuata che lo osservava attraverso la finestrella.

«L’ho risolto!» urlò Langdon. «Fammi uscire!»

Quando l’uomo parlò, le orecchie di Langdon non udirono nulla: erano sommerse dall’acqua. Ma gli occhi riuscirono a leggere le labbra. «Dimmelo.»

«Sì, te lo dirò!» urlò Langdon, con l’acqua che gli arrivava quasi agli occhi. «Fammi uscire! Ti spiegherò tutto!» È così semplice.

Le labbra dell’uomo si mossero di nuovo. «Dimmelo adesso… o morirai.»

Quando ormai gli rimanevano pochi centimetri di spazio per respirare, Langdon rovesciò la testa all’indietro per tenere la bocca al di sopra del livello dell’acqua. Così facendo, il liquido tiepido gli entrò negli occhi, annebbiandogli la vista. Inarcò la schiena e premette le labbra contro la finestrella.

Poi rivelò il segreto per decifrare i simboli sulla piramide.

Mentre finiva di parlare, il liquido raggiunse la bocca. Istintivamente, Langdon fece un ultimo respiro e serrò le labbra. Un attimo dopo, il liquido lo ricoprì completamente arrivando al coperchio della sua tomba e contro il plexiglas.

Ce l’ha fatta, pensò Mal’akh. Langdon ha scoperto come decifrare la piramide.

La risposta era così semplice. Così ovvia.

Sotto la finestrella, il volto sommerso di Robert Langdon lo fissava con occhi disperati, supplici.

Mal’akh scosse la testa e lentamente pronunciò le parole: «Grazie, professore. Goditi l’aldilà».

103

Da nuotatore provetto, Robert Langdon si era spesso domandato cosa si provasse ad annegare. Adesso si rese conto che lo avrebbe scoperto. Pur essendo in grado di trattenere il fiato più a lungo di tanti, sentiva già il corpo reagire alla mancanza d’aria. L’anidride carbonica si stava accumulando nel suo sangue, portando con sé l’istintivo bisogno di inalare. Non respirare! Il desiderio però cresceva sempre di più con il passare dei secondi. Lui sapeva che si stava avvicinando il momento in cui non sarebbe più riuscito a rimanere in apnea.

Apri il coperchio! L’impulso era di continuare a battere e a lottare, ma Langdon sapeva di non dover sprecare ossigeno prezioso. Non poteva fare altro che guardare in su, attraverso l’acqua, e sperare. Adesso il mondo esterno era un rettangolo sfocato di luce oltre la finestrella di plexiglas. Cominciò ad avvertire un bruciore ai muscoli del tronco e capì che stava subentrando l’ipossia.

All’improvviso comparve un volto bellissimo e spettrale, che guardava in giù verso di lui. Era Katherine. I suoi lineamenti dolci parevano quasi eterei attraverso lo strato di liquido. I loro sguardi si incontrarono e, per un istante, Langdon pensò di essere salvo. Katherine! Poi sentì le sue urla soffocate di terrore e capì che era trattenuta lì dal loro rapitore. Quel mostro tatuato la costringeva a guardare quanto stava per accadere.

Katherine, mi dispiace…

In quello strano luogo oscuro, intrappolato sott’acqua, Langdon si sforzava di accettare che quelli sarebbero stati i suoi ultimi istanti di vita. Presto avrebbe cessato di esistere… tutto ciò che era… o era mai stato… o sarebbe stato… stava finendo. Quando il suo cervello fosse morto, tutti i ricordi contenuti nella materia grigia, insieme alle conoscenze acquisite, si sarebbero semplicemente dissolti in una sequenza di reazioni chimiche.

In quel momento Langdon comprese la profonda futilità del proprio essere nell’universo. Era la sensazione più triste e avvilente che avesse mai provato. Fu quasi grato quando capì di non riuscire più a trattenere il respiro.

Il momento era arrivato.

I polmoni di Langdon espulsero il contenuto ormai impoverito, collassando, pronti a inalare. Ma lui si trattenne ancora un istante. Il suo ultimo istante di vita. Poi, come un naufrago aggrappato a uno scoglio, si abbandonò al proprio destino.

II riflesso condizionato ebbe la meglio sulla ragione. Le sue labbra si aprirono. I polmoni si espansero. E il liquido entrò.

II dolore che gli riempì il petto era più forte di quanto potesse immaginare. Penetrando nei polmoni, il liquido gli causò un forte bruciore. Immediatamente la fitta arrivò al cervello e Langdon ebbe l’impressione che gli stessero stringendo la testa in una morsa. Sentì un gran rimbombo nelle orecchie e, sopra questo, Katherine Solomon che urlava.

Poi un lampo di luce abbagliante.

E il buio.

Per Robert Langdon era arrivata la fine.

104

È finita.

Katherine Solomon aveva smesso di gridare. L’annegamento a cui aveva appena assistito l’aveva lasciata catatonica, praticamente paralizzata per lo shock e la disperazione.

Sotto la finestrella di plexiglas, gli occhi spenti di Langdon fissavano il vuoto. Il suo volto irrigidito esprimeva dolore e rimpianto. Le ultime bollicine d’aria sfuggirono dalle labbra immobili e poi, quasi si fosse rassegnato a lasciar andare la sua anima, il professore di Harvard scivolò verso il fondo della vasca… e lì scomparve nell’ombra.

Se n’è andato. Katherine era come inebetita.

L’uomo tatuato allungò la mano e, con un gesto tanto spietato quanto definitivo, chiuse il pannello sulla finestrella.

«Allora, procediamo?» chiese sorridendole.

Prima che Katherine potesse rispondere, se la caricò in spalla, spense la luce e la portò fuori. Con poche, lunghe falcate arrivò in fondo al corridoio, in un locale ampio immerso in una luce rossastra tendente al viola. La stanza odorava di incenso. Lui la scaricò senza troppe cerimonie su un tavolo quadrato posto al centro, lasciandola senza fiato. La superficie era ruvida e fredda. Pietra?

Katherine non aveva avuto neppure il tempo di vedere dove si trovava che l’uomo le tolse il legaccio di fil di ferro dai polsi e dalle caviglie. Istintivamente lei tentò di opporre resistenza, ma le braccia e le gambe intorpidite non reagivano. Lui cominciò a legarla al tavolo con pesanti lacci di cuoio, stringendone uno sulle ginocchia e poi un secondo all’altezza del bacino, con il quale le bloccò anche le braccia lungo i fianchi. Poi fissò l’ultimo di traverso sullo sterno, proprio sopra il seno.

Questione di pochi secondi e Katherine si ritrovò di nuovo immobilizzata. Il sangue riprese progressivamente a circolare negli arti, causandole ondate di dolore a polsi e caviglie.

«Apri la bocca» sussurrò l’uomo passandosi la lingua sulle labbra tatuate.

Katherine strinse i denti in un moto di repulsione.

L’uomo allungò il dito indice e se lo passò lentamente intorno alle labbra, facendole accapponare la pelle. Katherine serrò ancora di più i denti. Lui si lasciò sfuggire una risatina, poi con l’altra mano trovò un punto di pressione sul collo e strinse forte. La mascella le si spalancò all’istante. Katherine sentì il dito entrarle in bocca e scorrerle sulla lingua. Fu assalita da un conato di vomito e cercò di morderlo, ma lui l’aveva già estratto. Continuando a sorridere, l’uomo sollevò il dito all’altezza degli occhi, li chiuse e si massaggiò con la sua saliva il cerchio di pelle non tatuata sulla sommità del capo.

Dopodiché sospirò, sollevò lentamente le palpebre e, con una calma inquietante, si voltò e uscì dalla stanza.

Nel silenzio improvviso, Katherine sentì il battito impazzito del proprio cuore. Sopra di lei, una strana serie di luci passava dal violetto al rosso scuro, illuminando il soffitto basso. Quando lo guardò meglio, Katherine rimase a bocca aperta. Ogni centimetro era coperto di disegni. Quell’impressionante composizione raffigurava la volta celeste. Stelle, pianeti e costellazioni misti a simboli astrologici, carte e formule. C’erano frecce che determinavano la posizione di orbite ellittiche, simboli geometrici che indicavano angoli di ascensione, creature dello zodiaco che guardavano in basso verso di lei. Era come se uno scienziato pazzo si fosse scatenato nella Cappella Sistina.

97
{"b":"120908","o":1}