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«Peter mi ha spiegato che lei è specializzata in una sorta di moderna scienza mistica, giusto?»

«La noetica» ammise Katherine annuendo. «Stiamo cominciando a dimostrare che l’uomo dispone di poteri inimmaginabili.» Indicò una vetrata che raffigurava Gesù con fasci di luce che si irradiavano dalla testa e dalle mani. «Recentemente, con un apparecchio dotato di sensore CCD raffreddato con azoto liquido, ho fotografato le mani di un guaritore all’opera, ottenendo immagini che assomigliano moltissimo al Gesù Cristo di questa vetrata… con flussi di energia che escono dalla punta delle dita.»

Una mente ben addestrata, pensò Galloway trattenendo un sorriso. Come credete che facesse Gesù a curare i malati?

«So benissimo che la medicina moderna si fa beffe di guaritori e sciamani» continuò Katherine «ma io l’ho visto con i miei occhi. I miei apparecchi CCD hanno fotografato chiaramente quest’uomo che emanava un forte campo energetico dalla punta delle dita… e induceva nel paziente cambiamenti a livello della struttura cellulare. Se questa non è potenza divina, non saprei proprio come definirla.»

A quel punto il decano si concesse un sorriso. Katherine era animata dallo stesso entusiasmo del fratello. «Peter una volta ha paragonato gli studiosi di noetica ai primi navigatori, che venivano derisi perché credevano nell’idea eretica che la terra fosse rotonda, ma che da pazzi visionari si trasformarono di colpo in eroi quando scoprirono continenti inesplorati, aprendo nuovi orizzonti all’umanità. Peter è convinto che anche per voi sarà così. Ripone grandi speranze nelle sue ricerche. In fondo, tutte le grandi rivoluzioni filosofiche sono partite da un’idea semplice e coraggiosa.»

Naturalmente, Galloway sapeva che molti già condividevano l’idea ardita alla base della noetica — ovvero che l’uomo fosse dotato di potenzialità nascoste — senza bisogno di dimostrazioni scientifiche. Nella cattedrale si tenevano regolarmente riunioni di preghiera per i malati, e in numerosi casi erano stati ottenuti risultati miracolosi che la medicina non riusciva a spiegare. La questione era non tanto se Dio avesse dato o no all’uomo poteri straordinari, quanto come utilizzarli.

Il decano posò rispettosamente le mani sui lati della piramide massonica. «Amici miei» disse con voce pacata «non so esattamente che cosa ci indichi questa piramide, ma so che esiste un grande tesoro spirituale sepolto chissà dove, un segreto che attende con pazienza nel buio di essere svelato per dare inizio a una nuova era.» Toccò la punta dorata della cuspide e continuò: «Se questa piramide è stata ricomposta, significa che il momento è vicino. Ed è giusto così: le profezie parlano di una profonda trasformazione, dell’illuminazione di tutta l’umanità…».

«Padre» intervenne Langdon in tono di sfida «conosciamo l’Apocalisse di San Giovanni e il significato letterale delle sue rivelazioni, ma la profezia biblica non mi sembra…»

«Oh, santo cielo, il libro dell’Apocalisse è complicatissimo!» esclamò il decano. «Nessuno ci capisce niente. Io stavo parlando di profezie lucide, di pensieri espressi in modo chiaro, da gente come sant’Agostino, Francesco Bacone, Newton, Einstein e molti altri che hanno vaticinato un momento trasformativo verso l’illuminazione. Persino Gesù ha detto: "Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce".»

«È una previsione piuttosto facile» fece notare Langdon. «La conoscenza cresce a ritmi vertiginosi. Più sappiamo, più riusciamo a imparare e più velocemente le nostre conoscenze si allargano.»

«Sì, in campo scientifico questo è molto evidente» confermò Katherine. «Ogni nuova tecnologia diventa la base per inventare nuove tecnologie, in una sorta di effetto valanga. Ecco perché negli ultimi cinque anni la scienza ha fatto più progressi che nei precedenti cinquemila. La crescita è esponenziale. Più passa il tempo, più la curva del progresso diventa ripida, e i nuovi sviluppi si succedono a una velocità incredibile.»

Nell’ufficio del decano scese il silenzio, e Galloway intuì che i suoi due ospiti continuavano a non capire come la piramide potesse aiutarli a scoprire ancora qualcosa. Per questo il destino vi ha condotti da me, pensò. Ho un ruolo da svolgere.

Per molti anni il reverendo Colin Galloway, insieme ai suoi fratelli massoni, aveva svolto il ruolo di custode. Ora tutto cambiava.

Non sono più un custode… sono una guida.

«Professor Langdon?» disse sporgendosi in avanti. «Mi dia la mano, per favore.»

Robert Langdon, incerto, guardò la mano tesa del decano, seduto dall’altra parte della scrivania.

Stiamo per metterci a pregare?

Per educazione, allungò la destra e la posò sulla palma rugosa del vecchio, che gliela strinse con decisione. Invece di mettersi a pregare, però, gli prese il dito indice e lo guidò verso la scatola di pietra della cuspide.

«Gli occhi l’hanno resa cieco» disse. «Se lei vedesse con il tatto, come me, si sarebbe reso conto che questa piccola scatola ha ancora qualcosa da insegnarle.»

Langdon esplorò scrupolosamente con la punta dell’indice l’interno della scatola, ma non sentì niente. Era perfettamente liscio.

«Continui a cercare» lo esortò Galloway.

Finalmente Langdon sentì qualcosa: un minuscolo cerchio in rilievo, un puntino piccolissimo al centro della base della scatola. Tolse il dito e guardò. Era un cerchietto praticamente invisibile a occhio nudo. Che cos’è?

«Riconosce quel simbolo?» gli domandò Galloway.

«Simbolo?» replicò Langdon. «Riesco a malapena a vederlo.»

«Prema forte.»

Langdon obbedì e premette con forza la punta del dito. Pensa che così lo vedrò meglio?

«Ci tenga il dito ben schiacciato sopra» insistette il decano.

Langdon lanciò un’occhiata a Katherine, che con aria perplessa si sistemò i capelli dietro le orecchie.

Pochi secondi dopo, il decano annuì. «Bene, ora lo tolga. L’alchimia è compiuta.»

Alchimia? Langdon ritrasse la mano e rimase seduto in silenzio, perplesso. Non era cambiato nulla. La scatola era ancora sulla scrivania, esattamente come prima.

«Non è successo niente» commentò.

«Si guardi la punta del dito» replicò il decano. «Dovrebbe vedervi una trasformazione.»

Langdon fece quello che gli era stato detto, ma l’unica differenza che notò era che sul polpastrello era rimasto impresso il segno di un cerchietto con un puntino al centro.

Il simbolo perduto - pic_20.jpg

«Lo riconosce?» chiese il decano.

Langdon conosceva quel simbolo, ma più che altro era colpito dal fatto che il decano fosse riuscito a sentire al tatto un particolare tanto minuscolo. Evidentemente, con la pratica si poteva imparare a vedere meglio con il tatto che con gli occhi.

«È un simbolo alchemico» disse Katherine avvicinando la sedia per esaminare il dito di Langdon. «L’antico simbolo dell’oro.»

«Esatto.» Il decano sorrise e batté la mano sulla scatola. «Congratulazioni, professore. È riuscito a ottenere quello che ogni alchimista del passato ha sempre agognato invano: a partire da una sostanza priva di valore, ha creato dell’oro.»

Langdon aggrottò la fronte, per nulla impressionato. Gli sembrava di perdere tempo. «È un’idea interessante, reverendo, ma temo che il punto cerchiato abbia decine di significati diversi. È uno dei simboli più usati al mondo.»

«Ma di che sta parlando?» esclamò il decano, scettico.

Langdon era molto sorpreso del fatto che un massone fosse così poco informato sull’importanza spirituale di quel simbolo. «Il punto cerchiato, padre, ha molteplici significati. Nell’antico Egitto era il simbolo di Ra, il dio del sole, e nell’astronomia moderna è tuttora usato per raffigurare il sole. Nella filosofia orientale rappresenta la conoscenza spirituale del terzo occhio, la rosa divina, ed è il segno dell’illuminazione. I cabalisti lo usano per rappresentare Kether, la prima delle Sephirot, detta anche "la più nascosta di tutte le cose nascoste". Gli antichi mistici lo chiamavano "occhio di Dio" ed è all’origine dell’occhio onniveggente che si trova nel Gran Sigillo degli Stati Uniti. Per i pitagorici, il punto cerchiato simboleggiava la monade, la verità divina, la prisca sapientia, l’unità di mente e anima, e anche…»

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