Percorso un breve corridoio, arrivarono a una porta con una targa di ottone.
REVERENDO COLIN GALLOWAY DECANO DELLA CATTEDRALE
Galloway aprì la porta ed ebbe la cortesia di accendere la luce per i suoi ospiti. Dopo averli fatti accomodare, se la richiuse alle spalle.
L’ufficio era piccolo ma elegante, con alte librerie, una scrivania, un armadio finemente intagliato e un bagno privato. Alle pareti erano appesi arazzi cinquecenteschi e vari dipinti di soggetto religioso. L’anziano prelato indicò loro due poltrone di cuoio di fronte alla scrivania. Langdon si sedette, contento di poter finalmente posare a terra la pesante borsa.
Protezione e risposte, pensò, accomodandosi sulla poltrona.
Il decano girò intorno alla scrivania e andò a sedersi sulla sua sedia dallo schienale alto. Poi sospirò stancamente e alzò la testa, fissandoli con gli occhi velati. Quando parlò, fu con voce sorprendentemente chiara e forte.
«So che non ci siamo mai incontrati» esordì «eppure mi sembra di conoscervi già.» Tirò fuori un fazzoletto e se lo passò sulle labbra. «Professor Langdon, conosco i suoi scritti, tra cui quel bell’articolo sul simbolismo di questa cattedrale. E, dottoressa Solomon, Peter e io siamo fratelli massoni da molti anni.»
«Peter è in grave pericolo» disse Katherine.
«L’ho saputo.» Il vecchio sospirò. «E farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarvi.»
Langdon aveva notato che il decano non portava anelli, ma sapeva che, soprattutto fra gli ecclesiastici, molti preferivano non ostentare la propria affiliazione alla massoneria.
A mano a mano che parlavano, emerse che Galloway era già al corrente di alcuni eventi di quella sera: Warren Bellamy gli aveva lasciato un messaggio in segreteria telefonica. Langdon e Katherine gli riferirono il resto. Il decano li ascoltò con aria sempre più preoccupata.
«E l’uomo che ha rapito Peter le ha chiesto di decifrare la piramide in cambio della vita del nostro comune amico?» chiese Galloway.
«Sì» rispose Langdon. «È convinto che la piramide sia una mappa che lo condurrà al luogo in cui sono nascosti gli antichi misteri.»
Il decano rivolse gli occhi velati verso Langdon. «Mi pare di capire che lei non crede in queste cose.»
Langdon non voleva perdere tempo a discutere delle sue opinioni. «Quello che credo io non conta. L’importante è aiutare Peter. Purtroppo, abbiamo decifrato l’iscrizione sulla piramide, ma non ci ha dato alcuna indicazione.»
Il vecchio si raddrizzò sulla sedia. «Avete decifrato l’iscrizione sulla piramide?»
A quel punto intervenne Katherine e spiegò che aveva aperto il pacchetto, nonostante gli avvertimenti di Bellamy e le raccomandazioni del fratello, pensando che la cosa più importante fosse aiutare Peter. Parlò della cuspide d’oro, del quadrato magico di Albrecht Dürer e di come lei e Langdon avessero decifrato la griglia di sedici lettere, ricavando le parole "Jeova sanctus unus".
«Nient’altro?» chiese il decano. «L’unico vero Dio, e basta?»
«Sì» ammise Langdon. «Sembra che la piramide sia una mappa più metaforica che geografica.»
Il decano tese la mano. «Me la lasci toccare.»
Langdon aprì la borsa, tirò fuori la piramide e la posò delicatamente sulla scrivania davanti al reverendo.
Poi lui e Katherine stettero a guardare, mentre, con le dita tremanti, Galloway esaminava la piramide centimetro per centimetro: la faccia con l’iscrizione, la base liscia e la sommità tronca. Quando ebbe finito, tese di nuovo la mano. «E la cuspide?»
Langdon prese la scatola di pietra, la posò sulla scrivania, estrasse la cuspide e la porse al reverendo, il quale esaminò con grande attenzione anche quella, soffermandosi sull’iscrizione: a quanto pareva non gli era facile leggere al tatto quegli eleganti caratteri molto piccoli.
«"Il segreto si cela dentro L’Ordine"» gli venne in soccorso Langdon. «Con la "L" e la "O" maiuscole.»
Galloway, impenetrabile, posò la cuspide in cima alla piramide e la allineò con le dita. Rimase immobile un momento, come in preghiera, quindi accarezzò più volte la piramide con atteggiamento riverente. Alla fine allungò una mano, cercò la scatola e, quando l’ebbe trovata, la tastò con cura, dentro e fuori.
La posò sulla scrivania e si appoggiò allo schienale della sedia. «Allora, ditemi: perché siete venuti da me?» chiese in tono improvvisamente severo.
La domanda colse Langdon alla sprovvista. «Siamo venuti perché ce l’ha detto lei, padre. E perché Warren Bellamy ci ha assicurato che potevamo fidarci di lei.»
«Voi, però, avete tradito la sua fiducia…»
«Come, scusi?»
Langdon si sentì trapassare dallo sguardo cieco del decano. «Il pacchetto con la cuspide era sigillato. Bellamy vi ha chiesto di non aprirlo e voi lo avete aperto lo stesso. Anche Peter Solomon ve l’aveva raccomandato, ma avete fatto di testa vostra.»
«Solo per aiutare mio fratello» intervenne Katherine. «L’uomo che lo tiene prigioniero vuole che decifr…»
«Ho capito» la interruppe il reverendo. «Ma che cosa avete ottenuto aprendo il pacchetto? Nulla. Il rapitore vuole le coordinate di un luogo: non si accontenterà della risposta "Jeova sanctus unus".»
«Lo so, ma purtroppo la piramide non dice altro» osservò Langdon. «Come accennavo, sembra essere una mappa più in senso metaforico che…»
«Lei si sbaglia, professore» obiettò il decano. «La piramide massonica è una mappa reale che indica un luogo reale. Voi non lo capite perché siete ancora lungi dall’aver decifrato il suo segreto.»
Langdon e Katherine si scambiarono un’occhiata perplessa.
Il decano sfiorò di nuovo la piramide, quasi amorevolmente. «Come gli antichi misteri, questa mappa contiene più livelli di significato. Dovete scoprirne ancora molti.»
«Reverendo, abbiamo esaminato da cima a fondo sia la piramide sia la cuspide» replicò Langdon. «Non c’è nient’altro da decifrare.»
«Non in questa forma, è vero. Ma tutto può mutare.»
«In che senso, scusi?»
«Professore, come lei sa, questa piramide racchiude una promessa di trasformazione. La leggenda vuole che, per rivelare i suoi segreti, essa si trasformi, cambi aspetto. Come la famosa roccia che consentì a re Artù di impadronirsi di Excalibur, la piramide massonica può modificarsi per rivelare il suo segreto a chi ne è degno.»
Langdon pensò che forse l’età avanzata aveva obnubilato la mente del decano. «Mi scusi, sta dicendo che questa piramide può subire una trasformazione fisica nel senso letterale del termine?»
«Professore, se io ora prendessi la piramide e le facessi cambiare aspetto sotto i suoi occhi, lei mi crederebbe?»
Langdon non sapeva cosa rispondere. «Be’… certamente.»
«Benissimo, allora. Lo farò.» Si sfiorò di nuovo le labbra con il fazzoletto. «Le ricordo che un tempo anche le menti più brillanti erano convinte che la terra fosse piatta perché ritenevano che, se fosse stata rotonda, i mari si sarebbero rovesciati. Provi a immaginare quanto avrebbero riso se qualcuno fosse andato a dir loro: "Non solo la terra è una sfera, ma c’è una forza mistica invisibile che trattiene tutto sulla sua superficie"!»
«Tra la forza di gravità e la capacità di trasformare gli oggetti con un semplice tocco della mano c’è una bella differenza» osservò Langdon.
«Lei crede? Non sarà forse che viviamo ancora in un’epoca buia, in cui ci si fa beffe delle forze "mistiche" che non siamo in grado di vedere o capire? Se la storia ci ha insegnato qualcosa, è che le idee bizzarre di cui ridiamo oggi saranno domani verità conclamate. Io sostengo di poter trasformare questa piramide con il tocco delle mie mani, e lei mette in dubbio il mio equilibrio mentale. La storia è piena di saggi e dotti che sostenevano la stessa cosa… convinti che l’uomo possieda facoltà mistiche di cui non è consapevole.»