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A tre metri dall'ufficio di Sexton, svoltò a destra per entrare nella toilette delle signore. I neon si accesero automaticamente, illuminando con un freddo riflesso le piastrelle bianche. Mentre gli occhi si adattavano, Gabrielle si fermò a guardarsi allo specchio. Come al solito, i suoi tratti le conferivano un aspetto più morbido di quanto sperasse, quasi delicato. Si sentiva sempre più forte di quanto non appariva.

"Sei sicura di volerlo fare?"

Sapeva che Sexton l'aspettava con ansia per essere esaurientemente aggiornato sulla situazione del PODS. Purtroppo, comprendeva anche che lui l'aveva abilmente strumentalizzata quella sera, e lei detestava sentirsi manovrare. Le aveva nascosto alcune cose, ma il problema era sapere quanto le avesse taciuto. Le risposte si trovavano nell'ufficio del senatore, appena oltre la parete del bagno.

«Cinque minuti» disse ad alta voce, per rinsaldare la propria determinazione.

Si diresse allo sgabuzzino delle scorte, alzò libraccio e passò la mano sulla cornice della porta. Una chiave cadde rumorosamente a terra. Il personale delle pulizie del palazzo Philip A. Hart era costituito da dipendenti statali che parevano evaporare ogni volta che c'era uno sciopero di qualunque genere, lasciando quel bagno senza carta igienica e assorbenti a volte per intere settimane. Le donne dell'ufficio di Sexton, stufe di accorgersene quando avevano già le mutande abbassate, avevano preso l'iniziativa di procurarsi la chiave per le "emergenze".

"Come quella di stasera, per esempio."

Aprì lo sgabuzzino.

Era pieno di scope, spazzoloni, e scaffali stipati di carta igienica. Il mese precedente, Gabrielle cercava delle salviette quando aveva fatto un'inaspettata scoperta. Non riuscendo ad arrivare allo scaffale più alto, aveva usato il manico di una scopa per far cadere un rotolo, ma inavvertitamente aveva urtato un pannello del soffitto. Quando si era arrampicata per risistemarlo, si era stupita nell'udire la voce del senatore Sexton.

Chiarissima.

A giudicare dall'eco, aveva capito che il senatore stava parlando da solo chiuso nel bagno privato dell'ufficio, che evidentemente era separato dallo sgabuzzino delle scorte soltanto da pannelli mobili di cartongesso.

A quel punto, tornata nel ripostiglio per questioni ben più importanti della carta igienica, scalciò via le scarpe, si arrampicò sullo scaffale, spostò il pannello del soffitto e si sollevò sulle braccia. "Alla faccia della sicurezza nazionale" pensò, chiedendosi quante leggi statali e federali stesse per infrangere.

Calandosi dal soffitto del bagno di Sexton, appoggiò il piede sul freddo lavandino di ceramica e poi a terra. Trattenendo il fiato, entrò nell'ufficio privato del senatore.

I tappeti orientali erano morbidi e caldi.

107

A cinquanta chilometri di distanza, un nero elicottero d'attacco Kiowa sorvolava veloce le cime dei pini nani del Delaware. Delta-Uno controllò le coordinate inserite nel sistema di navigazione automatico.

Anche se il meccanismo di trasmissione di bordo usato da Rachel e il cellulare di Pickering erano criptati per proteggere il contenuto delle comunicazioni, la Delta Force aveva intercettato la telefonata, interessata non al contenuto ma alla posizione di chi chiamava. Il GPS e la triangolazione computerizzata rendevano molto più facile individuare le coordinate della trasmissione che decodificare il contenuto della comunicazione.

Delta-Uno era sempre molto divertito all'idea che quasi tutti gli utenti di cellulari ignoravano che ogni volta che facevano una telefonata un posto di ascolto governativo, se ne aveva voglia, poteva individuare la loro posizione in qualunque punto della Terra con uno scarto di tre metri: un piccolo problema che le aziende produttrici di cellulari omettevano di pubblicizzare. Quella sera, ottenuto l'accesso alle frequenze di ricezione del cellulare di William Pickering, la Delta Force non aveva avuto difficoltà a rintracciare le coordinate delle sue telefonate in arrivo.

Delta-Uno era ormai a trenta chilometri dall'obiettivo, sulla rotta più diretta. «Ombrello pronto?» chiese a Delta-Due, addetto al radar e al sistema di controllo dell'armamento.

«Affermativo. Aspettiamo di arrivare entro gli otto chilometri.»

"Otto chilometri." Delta-Uno doveva portare il velivolo dentro lo schermo radar del suo obiettivo per poter usare le armi del Kiowa. Di certo a bordo della Goya qualcuno scrutava nervosamente il cielo, e poiché il compito della Delta Force era eliminare l'obiettivo senza dargli la possibilità di chiedere soccorso via radio, occorreva avvicinarsi alla preda senza allarmarla. A venticinque chilometri, ancora fuori dal raggio del radar, Delta-Uno virò bruscamente di trentacinque gradi a ovest. Salì a novecento metri — la quota di un piccolo aereo — e regolò la velocità sui centodieci nodi.

Sul ponte della Goya, lo schermo radar dell'elicottero emise un segnale sonoro quando un nuovo contatto entrò nel raggio di quindici chilometri. Il pilota si chinò a studiare il monitor: sembrava un piccolo aereo da carico che risaliva la costa verso ovest.

Forse diretto a Newark.

Quella traiettoria avrebbe portato l'aereo a sei chilometri dalla Goya, ma la rotta era evidentemente casuale. Ciononostante, essendo una persona attenta, il pilota della guardia costiera osservò il puntino pulsante tracciare una lenta linea a centodieci nodi nella parte destra del monitor. Nel punto più vicino, si trovava a circa sei chilometri a ovest. Come previsto, continuò a muoversi, ma si stava allontanando.

"Sei chilometri. Sei chilometri e mezzo."

Il pilota lasciò andare il respiro, rilassandosi.

A quel punto, successe una cosa stranissima.

«Ombrello inserito» gridò Delta-Due, alzando il pollice dal seggiolino del controllo armamento sul lato sinistro del Kiowa. «Sbarramento, modulazione del rumore e impulso di copertura tutti attivati e inseriti.»

Delta-Uno, ricevuta l'imbeccata, virò secco a destra, mettendo il velivolo sulla rotta diretta verso la Goya. La manovra sarebbe stata invisibile al radar della nave.

«È certo meglio delle balle di carta stagnola!» gridò Delta-Due.

Delta-Uno era pienamente d'accordo. L'accecamento dei radar era stato inventato nella Seconda guerra mondiale da un ingegnoso aviatore britannico che durante le incursioni lanciava dall'aereo balle di fieno rivestite di carta stagnola. I radar tedeschi individuavano tanti punti rifrangenti che non sapevano a cosa sparare. Da allora, la tecnica era stata perfezionata.

Sul Kiowa, il cosiddetto "ombrello", l'apparato di disturbo dei radar, era una delle più micidiali armi da combattimento elettronico. Trasmettendo una cortina di rumore di fondo nell'atmosfera, su una data serie di coordinate di superficie, il Kiowa poteva eliminare occhi, orecchie e voce dell'obiettivo. Pochi istanti prima, tutti gli schermi radar a bordo della Goya si erano sicuramente oscurati. Quando si fosse reso conto di avere bisogno di aiuto, l'equipaggio sarebbe stato impossibilitato a trasmettere. Sulle navi, tutte le comunicazioni avvenivano via radio o microonde, non certo su linee telefoniche. Se il Kiowa si fosse avvicinato abbastanza, tutti i sistemi di comunicazione della Goya avrebbero smesso di funzionare, i loro segnali portanti sovrastati dall'invisibile nube di rumori termici trasmessi davanti al Kiowa, abbaglianti come un faro.

"Isolamento perfetto. Non hanno difese."

I loro obiettivi erano riusciti a fuggire dalla banchisa di Milne in modo fortunoso e astuto, ma non avrebbero avuto una seconda possibilità. Rachel Sexton e Michael Tolland avevano commesso un errore madornale scegliendo di allontanarsi dalla costa. La peggiore decisione che avessero mai preso.

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