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Rachel fece per ribattere, ma non riuscì a spiccicare parola.

«Zach Herney è stato generoso con lei» la aggredì la Tench «e, francamente, questo mi puzza di meschina trovata pubblicitaria di Sexton. La pianti, oppure la denunciamo. Lo giuro.»

La comunicazione fu interrotta.

Rachel era ancora a bocca aperta quando il comandante bussò alla porta.

«Signora Sexton?» disse, facendo capolino dalla fessura. «Riceviamo un debole segnale dalla radio nazionale canadese. Il presidente Zach Herney ha appena iniziato la conferenza stampa.»

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Zach Herney, salito sul podio, sentì su di sé il calore dei riflettori e capì che il mondo lo stava guardando. Il blitz mirato messo a segno dall'ufficio stampa della Casa Bianca aveva acceso l'interesse dei media. Chi non aveva saputo del messaggio presidenziale da televisione, radio, o notiziari online, invariabilmente ne aveva sentito parlare da vicini, colleghi o familiari. Alle otto in punto di sera, chiunque non vivesse in una grotta faceva illazioni sull'oggetto dell'imminente discorso del presidente. Nei bar e nei salotti, in ogni parte del pianeta, milioni di persone si protendevano verso il televisore in ansiosa aspettativa.

In momenti come quelli, quando affrontava il mondo intero, Zach Herney percepiva il peso della propria carica. Chi sostiene che il potere non crea dipendenza non l'ha mai sperimentato davvero. Peraltro, quando iniziò a parlare, provò una sensazione di disagio. Non era il tipo da lasciarsi intimorire dalla ribalta, e quindi lo stupì quel lieve senso di apprensione.

"È per la risonanza dell'evento" si disse, ma l'istinto gli suggeriva che c'era dell'altro. Qualcosa che aveva visto.

Una piccola cosa, eppure…

Si impose di non pensarci. Non era niente di importante, però continuava a tornargli in mente.

"Tench."

Pochi minuti prima, mentre si preparava a salire sul palco, l'aveva vista nel corridoio intenta a parlare al cordless. Era già strano di per sé, ma ancora più inconsueta era la presenza, accanto a lei, di una centralinista in stato di agitazione. Herney non aveva potuto udire la conversazione, ma aveva capito che la Tench era molto alterata. Discuteva con veemenza e una rabbia che raramente aveva riscontrato, perfino in lei. Herney catturò i suoi occhi e le rivolse uno sguardo interrogativo.

La Tench gli mostrò il pollice sollevato. Non le aveva mai visto fare quel gesto. Fu l'ultima immagine che si stampò nella mente del presidente prima che gli venisse data la battuta d'entrata.

Sul tappeto blu nell'area stampa all'interno dell'habisfera, sull'isola di Ellesmere, il direttore Lawrence Ekstrom e alcuni dei più eminenti ufficiali e scienziati della NASA sedevano al lungo tavolo da conferenze. Su un grande monitor seguivano in diretta il discorso di apertura del presidente. Il resto del personale si accalcava ecdtato intorno agli altri schermi quando il comandante in capo diede inizio alla conferenza stampa.

«Buonasera ai miei connazionali, e ai nostri amici di tutto il mondo…» stava dicendo Herney, in un tono insolitamente teso.

Ekstrom landò un'occhiata all'enorme meteorite in bella mostra davanti a sé. Poi fissò un monitor in standby e si osservò, affiancato dai suoi più autorevoli colleghi, contro lo sfondo di un'enorme bandiera americana e il logo della NASA. L'illuminazione a effetto faceva apparire la scena come un quadro postmoderno: i dodici apostoli all'Ultima Cena. Zach Herney aveva trasformato quella storia in uno show politico. "Ma non aveva scelta." Ekstrom si sentiva ancora come un predicatore televisivo che rifili Dio alle masse.

Nel giro di cinque minuti il presidente avrebbe presentato Ekstrom e il suo staff. Poi, con un teatrale collegamento dai confini del mondo, la NASA si sarebbe unita a Herney per rivelare la notizia. Un breve resoconto della scoperta, il significato per la scienza spaziale, qualche reciproca pacca sulle spalle, quindi la NASA e il presidente avrebbero passato la mano al celebre scienziato Michael Tolland e al suo documentario di quasi quindici minuti. Alla fine, con la credibilità e l'entusiasmo di tutti al culmine, Ekstrom e il presidente avrebbero augurato la buonanotte, promettendo ulteriori informazioni nei giorni successivi attraverso una serie di conferenze stampa della NASA.

Mentre attendeva la battuta di ingresso, sentì insinuarsi dentro di sé un oscuro senso di vergogna. Sapeva che l'avrebbe provato. Lo aspettava.

Aveva mentito…

Eppure, in quel momento, quelle menzogne sembravano irrilevanti. Un peso ben più grande lo opprimeva.

Nella caotica redazione dell'ABC, Gabrielle Ashe si trovò gomito a gomito con decine di estranei, tutti con il collo proteso verso la fila di monitor che pendevano dal soffitto. Quando arrivò il momento, calò il silenzio. Gabrielle chiuse gli occhi, pregando di non vedere immagini del proprio corpo nudo.

Nel salotto del senatore Sexton, l'atmosfera era festosa. Tutti gli ospiti si erano alzati in piedi, gli occhi incollati al megaschermo del televisore.

Zach Herney si era presentato davanti al mondo e, incredibilmente, aveva salutato con un certo imbarazzo.

"Sembra scosso" pensò Sexton. "Che cosa insolita."

«Guardate» mormorò qualcuno «devono essere brutte notizie.»

"La stazione spaziale?" si chiese il senatore.

Herney guardò dritto nella telecamera e trasse un profondo respiro. «Amici, mi sono chiesto per molti giorni come fare questo annuncio…»

"Tre parole soltanto" gli suggerì Sexton. "L'abbiamo chiusa."

Herney si soffermò un momento a deprecare che la NASA fosse diventata un argomento tanto scottante in quelle elezioni e a dichiarare che, stando così le cose, lui sentiva di dover far precedere da scuse l'imminente annuncio.

«Avrei preferito darvi questa notizia in un qualunque altro momento. La tensione politica che è nell'aria tende a trasformare in scettici i sognatori, eppure io, come vostro presidente, non ho altra scelta che condividere con voi quanto ho appreso di recente.» Sorrise. «A quanto pare, la magia del cosmo non rispetta gli ordini del giorno degli esseri umani… neppure quelli del presidente.»

Tutti, nel salotto di Sexton, sembrarono fare un balzo indietro. "Cosa?"

«Due settimane fa, il nostro scanner orbitante per la rilevazione della densità polare, il cosiddetto PODS, è passato sopra la banchisa di Milne, vicino all'isola di Ellesmere, una terra remota situata oltre l'ottantesimo parallelo, nel mare Artico settentrionale.»

Sexton e gli altri si scambiarono occhiate perplesse.

«Questo satellite della NASA ha individuato una grande roccia molto compatta sepolta sotto settanta metri di ghiaccio.» Herney sorrise per la prima volta, prendendo l'abbrivio. «Alla ricezione dei dati, la NASA ha immediatamente sospettato che si trattasse di un meteorite.»

«Un meteorite?» farfugliò Sexton. «E che razza di notizia sarebbe?»

«La NASA ha inviato una squadra sulla banchisa per eseguire alcuni carotaggi. È allora che è stata fatta…» seguì una pausa «… insomma, la scoperta del secolo.»

Sexton, incredulo, mosse un passo verso il televisore. "No…" Gli ospiti cambiarono posizione, a disagio.

«Signore e signori» annunciò Herney «alcune ore fa, la NASA ha estratto dal ghiaccio artico un meteorite di otto tonnellate che contiene…» il presidente fece un'altra pausa, dando a tutto il mondo il tempo di incollarsi allo schermo «… un meteorite che contiene fossili di organismi viventi, a decine. Prova inequivocabile dell'esistenza della vita extraterrestre.»

Come da programma, sullo schermo alle spalle del presidente comparve l'immagine luminosa e chiara di un fossile: una sorta di enorme insetto incastonato in una roccia carbonizzata.

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