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Il centralino della Casa Bianca era situato al piano terra dell'ala Est. Vi erano sempre tre operatori in servizio. Al momento, soltanto due erano seduti davanti alla console, la terza stava correndo a perdifiato verso la sala stampa con un cordless in mano. Aveva cercato di passare la telefonata nello Studio Ovale, ma il presidente era già uscito, allora aveva chiamato i cellulari dei suoi assistenti, ma erano staccati, come sempre prima dei messaggi televisivi.

Portare un cordless direttamente al presidente in un momento del genere sembrava quanto meno poco opportuno, ma quando la referente dell'NRO presso la Casa Bianca le aveva detto che si trattava di un'informazione che il presidente doveva assolutamente avere prima di andare in onda, la centralinista era partita in quarta. Il problema, a quel punto, era arrivare in tempo.

Nella piccola infermeria a bordo del Charlotte, Rachel Sexton stringeva all'orecchio il ricevitore, ansiosa di parlare con il presidente. Tolland e Corky le stavano vicino, ancora stravolti. Corky aveva sullo zigomo cinque punti e un'enorme ecchimosi. Erano stati aiutati a indossare biancheria termica in Thinsulate e pesanti tute della marina, calzini di lana sovradimensionati e stivali. Con una tazza di caffè bollente in mano, Rachel cominciava a sentirsi di nuovo in forze.

«Ma cosa aspettano?» disse Tolland, angosciato. «Sono le sette e cinquantasei!»

Rachel non capiva. Era riuscita a contattare una centralinista della Casa Bianca, si era presentata e le aveva spiegato che si trattava di un'emergenza. Era parsa comprendere, l'aveva messa in attesa e, in quel momento, presumibilmente stava facendo il possibile per metterla in comunicazione con il presidente.

"Quattro minuti! Sbrigati!"

Rachel chiuse gli occhi e cercò di raccogliere le idee. Era stata una giornata infernale. "Mi trovo su un sottomarino nucleare" si disse, conscia di essere maledettamente fortunata a trovarsi da qualche parte. A detta del comandante, il Charlotte pattugliava il mare di Bering quando, due giorni prima, aveva recepito suoni anomali sott'acqua nella zona della banchisa di Milne: trivellazioni, rumore di un jet, intenso traffico radio captato. Aveva ricevuto ordine di spostarsi e rimanere in ascolto. Un'ora prima, udito un boato sulla banchisa, si erano avvicinati per controllare. Era stato allora che avevano captato l'SOS di Rachel.

«Mancano tre minuti!» esclamò Tolland con ansia.

Rachel sentiva crescere la tensione. Perché impiegavano tanto? Perché il presidente non prendeva la sua chiamata? Se Zach Herney avesse diffuso quei dati…

Rachel si costrinse a scacciare quel pensiero e scosse il ricevitore. "Rispondi!"

Quando la centralinista si precipitò verso la porta che dava sul palco della sala stampa, incontrò un folto stuolo di persone in grande agitazione, prese dagli ultimi preparativi. Il presidente, a pochi metri da lei, era pronto a fare il suo ingresso. I truccatori erano ancora all'opera.

«Lasciatemi passare!» gridò la centralinista, cercando di farsi strada tra la ressa. «Una telefonata per il presidente. Scusate. Permesso!»

«Due minuti alla messa in onda!» gridò il coordinatore.

Stringendo il telefono, la centralinista si spinse avanti. «Telefonata per il presidente!» ansimò. «Permesso!»

Una figura torreggiante si parò davanti a lei: Marjorie Tench. Il lungo viso del consigliere la squadrò dall'alto in basso con aria di disapprovazione. «Cosa succede?»

«Un'emergenza!» Era senza fiato. «Telefonata urgente per il presidente!»

La Tench parve incredula. «Ma per piacere, la smetta!»

«È Rachel Sexton. Dice che è urgente.»

La smorfia che distorse i lineamenti della Tench parve più di perplessità che di collera. Posò gli occhi sul cordless. «Quella è una linea interna. Non è sicura.»

«Infatti, signora, ma comunque la chiamata in entrata arriva da un radiotelefono. Una comunicazione urgente per il presidente.»

«In onda tra novanta secondi!»

La Tench le rivolse un'occhiata gelida prima di tendere una mano da ragno. «Mi passi quel telefono.»

La centralinista sentì accelerare il battito cardiaco. «La signora Sexton vuole parlare direttamente con il presidente Herney. Mi ha detto di far rinviare la conferenza stampa a dopo la telefonata. Le ho assicurato…»

La Tench mosse un passo verso la donna. «Lasci che le spieghi come funzionano le cose» le sibilò. «Lei non prende ordini dalla figlia dell'avversario del presidente, ma da me. Posso assicurarle che non si avvicinerà a lui se prima io non scopro che cosa diavolo sta succedendo.»

La centralinista lanciò un'occhiata al presidente, circondato da tecnici dei microfoni, parrucchieri e vari membri dello staff che gli comunicavano le ultime modifiche al suo discorso.

«Sessanta secondi!» gridò il regista.

A bordo del Charlotte, Rachel Sexton camminava avanti e indietro nel piccolo locale quando finalmente sentì un clic sulla linea del telefono.

Fu una voce rauca a rispondere. «Pronto?»

«Presidente Herney?»

«Sono Marjorie Tench, consigliere del presidente. Chiunque lei sia, devo avvertirla che gli scherzi telefonici alla Casa Bianca violano…»

"Ma per l'amor del cielo!" «Questo non è uno scherzo! Sono Rachel Sexton, la vostra referente all'NRO, e…»

«So benissimo chi è Rachel Sexton, signora, e dubito che sia lei. Chiama la Casa Bianca su una linea non sicura e mi dice di interrompere un importantissimo comunicato presidenziale: decisamente un comportamento poco professionale per una…»

«Ascolti» gridò Rachel, furibonda «poche ore fa ho informato tutto il suo staff del ritrovamento di un meteorite, e lei era seduta in prima fila. Ha seguito il mio discorso su un televisore posto sulla scrivania del presidente. Qualche domanda?»

La Tench rimase per un attimo in silenzio. «Signora Sexton, che significa tutto questo?»

«Significa che deve fermare il presidente! I dati sul meteorite non sono corretti! Abbiamo appena saputo che è stato inserito da sotto la banchisa. Non so chi sia stato e perché l'abbia fatto, ma le cose non sono come appaiono, quassù! Il presidente sta per diffondere informazioni profondamente errate e io le consiglio vivamente…»

«Aspetti un minuto, per la miseria!» La Tench abbassò la voce. «Ma si rende conto di ciò che dice?»

«Sì! Sospetto che il direttore della NASA abbia orchestrato una messinscena su grande scala e intenda mettere in mezzo il presidente Herney. Deve almeno rinviare di dieci minuti, così che io gli possa spiegare che cos'è successo quassù. Accidenti, qualcuno ha cercato di uccidermi!»

Il tono della Tench divenne gelido. «Signora Sexton, una sola parola di avvertimento. Per quanto riguarda il suo coinvolgimento nella campagna della Casa Bianca, se ci ha ripensato, avrebbe dovuto decidersi prima di assicurare personalmente al presidente che i dati sono corretti.»

«Cosa?» "Ma mi ascolta, almeno?"

«La sua uscita mi disgusta. Usare una linea telefonica non sicura è una trovata penosa. Lasciare intendere che i dati sul meteorite sono falsi! Ma quale agente dell'intelligence usa un radiotelefono per chiamare la Casa Bianca e dare informazioni riservate? Evidentemente lei spera che qualcuno intercetti il messaggio.»

«Norah Mangor è stata uccisa per questa storia! E anche il dottor Ming è morto. Deve avvisare…»

«La smetta subito! Non so a che gioco stia giocando, ma ricordo a lei — e a chiunque stia intercettando questa telefonata — che la Casa Bianca possiede la registrazione delle dichiarazioni ufficiali dei migliori scienziati della NASA, di parecchi scienziati civili di chiara fama e anche le sue, signora Sexton. Tutti voi avete confermato che i dati sul meteorite sono esatti. Perché all'improvviso ha cambiato versione posso soltanto immaginarlo. Ma quale che sia la ragione, si consideri sollevata dall'incarico che le è stato affidato dalla Casa Bianca a partire da adesso, e se cerca di gettare un'ombra su questa scoperta con altre assurde accuse di imbrogli, le assicuro che la Casa Bianca e la NASA la citeranno in giudizio per diffamazione tanto in fretta che finirà in prigione prima di avere avuto il tempo di fare la valigia.»

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