«Soltanto ombre» disse Delta-Uno, voltandosi. «Torniamo alla base.»
57
Nell'appartamento di Westbrooke, il senatore Sedgewick Sexton posò il bicchiere di Courvoisier sulla mensola del camino e attizzò il fuoco per qualche momento, raccogliendo le idee. I sei ospiti sedevano in silenzio… e aspettavano. Le chiacchiere di cortesia erano finite e a quel punto toccava a Sexton parlare. Lo sapevano loro e lo sapeva anche lui.
La politica è commercio.
"Stabilisci un rapporto di fiducia. Fai capire che comprendi i loro problemi."
«Come forse sapete» esordì Sexton, rivolto verso di loro «negli ultimi mesi ho parlato con molte persone nella vostra stessa situazione.» Con un sorriso si sedette per mettersi al loro livello. «Ma voi siete i soli che io abbia mai invitato a casa mia. Siete uomini straordinari, ed è per me un onore incontrarvi.»
Intrecciò le mani e percorse con gli occhi tutta la stanza, stabilendo un contatto visivo con ciascuno. Poi si concentrò sul suo primo bersaglio, un tipo corpulento con un cappello da cowboy.
«Space Industries di Houston» disse. «Sono lieto che lei sia venuto.»
«Io detesto questa città» grugnì il texano.
«La capisco. Washington non l'ha trattata bene.»
Il texano lo guardò da sotto la tesa del cappello senza dire nulla.
«Dodici anni fa, lei ha fatto un'offerta al nostro governo. Ha proposto di costruire una stazione spaziale per soli cinque miliardi di dollari.»
«Infatti. Ho ancora la documentazione.»
«Eppure la NASA ha convinto il governo che toccava all'agenzia progettarla.»
«Esatto. Hanno cominciato a costruirla quasi dieci anni fa.»
«Dieci anni, e non solo questa stazione spaziale non è ancora pienamente operativa, ma il progetto, fino a oggi, è costato venti volte più della sua offerta. Come contribuente, provo un profondo disgusto.»
Un mormorio di assenso circolò per la stanza. Sexton fissò i presenti a uno a uno.
«Sono pienamente consapevole» disse il senatore, rivolto a tutti «che parecchie delle vostre compagnie hanno proposto di lanciare nello spazio navette private per soli cinquanta milioni di dollari a missione.»
Altri cenni di assenso.
«Ma la NASA gioca al ribasso facendo pagare soltanto trentotto milioni di dollari a missione… anche se il costo reale ammonta a oltre centocinquanta milioni!»
«È così che ci tagliano fuori dallo spazio» disse uno. «Il settore privato non riesce a competere con un ente che può permettersi di far volare le navicelle con una perdita del quattrocento per cento continuando a restare sul mercato.»
«E neppure dovreste» commentò Sexton.
Tutti si mostrarono concordi.
Sexton si rivolse allora all'austero imprenditore che gli sedeva al fianco, un uomo di cui aveva letto il curriculum con grande interesse. Come molti finanziatori della sua campagna, era un ex ingegnere dell'esercito che, frustrato dallo stipendio modesto e dalla burocrazia governativa, aveva abbandonato il posto per cercare fortuna nel settore privato.
«Kistler Aerospace» disse Sexton, scuotendo la testa sgomento. «La sua società ha progettato e prodotto un missile che può lanciare carico utile per soli cinquemila dollari al chilo, di fronte ai costi della NASA di ventisettemila dollari al chilo.» Fece una pausa teatrale. «Eppure, voi non avete clienti.»
«E come facciamo ad averli?» replicò l'interpellato. «La settimana scorsa la NASA ha giocato al ribasso facendo pagare alla Motorola un costo di duemiladuecento dollari al chilo per lanciare un satellite per le telecomunicazioni. Il governo ha operato con una perdita del novecento per cento!»
Sexton annuì. I contribuenti stavano involontariamente finanziando un'agenzia dieci volte meno efficiente dei suoi concorrenti. «Ormai è purtroppo evidente» disse con voce tetra «che la NASA è pronta a tutto pur di impedire la competizione nello spazio. Taglia fuori le piccole aziende private offrendo servizi sottocosto.»
«La strategia Wal-Mart applicata allo spazio» commentò il texano.
"Ottima analogia" pensò Sexton. "Dovrò ricordarla." La Wal-Mart era famosa perché si installava in una zona nuova e vendeva i suoi prodotti al di sotto del valore di mercato, costringendo i concorrenti a chiudere i battenti.
«Sono arcistufo che la mia azienda paghi milioni di tasse perché lo zio Sam possa usare quei soldi per rubarmi i clienti!» esclamò il texano.
«Capisco benissimo» affermò Sexton.
«È la mancanza di pubblicità che sta uccidendo la Rotary Rocket» asserì un tipo molto azzimato. «Le leggi contro le sponsorizzazioni sono assurde!»
«Sono assolutamente d'accordo con lei.» Sexton aveva appreso con stupore di un altro modo in cui la NASA stabiliva il suo monopolio sullo spazio: fare passare direttive federali che impedissero qualsiasi forma di propaganda sui veicoli spaziali. Anziché permettere alle compagnie private di assicurarsi risorse attraverso sponsorizzazioni e pubblicità — come fanno per esempio i corridori automobilistici professionisti — sui veicoli spaziali potevano apparire solo la parola "USA" e il nome della società. In un paese che spendeva centottantacinque miliardi di dollari l'anno per la pubblicità, neppure uno di quei dollari finiva nelle casse delle aziende spaziali private.
«È un ladrocinio» sbottò uno dei presenti. «La mia società spera di restare in affari fino al prossimo maggio, quando lancerà il prototipo di una navicella per turisti. Ci aspettiamo una larga eco sui media. La Nike Corporation ci ha appena offerto una sponsorizzazione di sette milioni di dollari per riprodurre il suo marchio e la scritta "Just do it!" sul fianco dello shuttle. La Pepsi ci ha offerto il doppio per "Pepsi: the choice of a new generation". Eppure, la legge federale ci vieta di lanciare una navicella su cui compaiano slogan pubblicitari!»
«Proprio così» disse Sexton. «Se sarò eletto, mi impegnerò ad abolire questa legislazione che proibisce le sponsorizzazioni. È una promessa. Lo spazio dovrà essere aperto alla pubblicità come lo è ogni centimetro quadrato della Terra.»
Sexton fissò i presenti a uno a uno, poi assunse un tono solenne. «Peraltro, dobbiamo tutti essere consapevoli che l'ostacolo maggiore alla privatizzazione della NASA è rappresentato non dalla legge, ma dal modo in cui l'agenzia viene percepita dalla gente. La maggior parte degli americani continua ad avere una visione sentimentale del programma spaziale, seguita a ritenere la NASA un'agenzia governativa necessaria.»
«Tutta colpa di quei maledetti film di Hollywood!» esclamò uno. «Ma, dico io, quanti film riescono a fare con la NASA che salva il mondo da un asteroide killer? È tutta propaganda!»
Sexton sapeva bene che la sovrabbondante produzione di film sulla NASA era una semplice questione economica. Dopo l'enorme successo di Top Gun - il superpilota Tom Cruise impegnato per due ore a fare pubblicità all'aeronautica militare statunitense -, la NASA aveva compreso il vero potenziale di Hollywood per promuovere la propria immagine. A quel punto aveva cominciato a offrire alle case di produzione cinematografiche accesso gratuito a tutte le strutture: rampe di lancio, sale di controllo, centri addestramento. I produttori, abituati a pagare enormi somme per le riprese sui luoghi reali, avevano acchiappato al volo l'opportunità di risparmiare milioni di dollari girando thriller sulla NASA su set gratuiti. Ovviamente, Hollywood guadagnava l'accesso solo se la NASA approvava il copione.
«Un vero e proprio lavaggio del cervello» brontolò un tipo di origine ispanica. «E poi, ancora più negative dei film sono le trovate pubblicitarie. Mandare un anziano nello spazio? E ora stanno progettando di lanciare una navicella con un equipaggio solo femminile! Tutta propaganda!»
Sexton sospirò con un'espressione tragica. «Verissimo, e so che è inutile ricordarvi cosa è accaduto negli anni Ottanta, quando il dipartimento dell'Educazione era in bancarotta e ha sostenuto che i molti milioni sprecati dalla NASA avrebbero potuto essere impiegati per l'istruzione. La nostra agenzia spaziale se ne è uscita con una bella trovata per dimostrare la propria sensibilità verso il problema: ha mandato nello spazio un'insegnante di scuola pubblica.» Sexton fece una pausa. «Ricordate tutti Christa McAuliffe.»