«I più brutti pesci del mare.»
«Scorfani?»
Tolland scoppiò a ridere. «Grandi squali martello.»
Rachel si irrigidì al suo fianco. «La tua barca è circondata da squali martello?»
Tolland ammiccò. «Rilassati, non sono pericolosi.»
«Non lo diresti se non lo fossero davvero.»
«Forse hai ragione.» Si rivolse al pilota con aria divertita. «Ehi, quando è stata l'ultima volta che avete salvato qualcuno aggredito da un pesce martello?»
«Santo cielo! Sono decenni che non ci capita.»
Tolland tornò a rivolgersi a Rachel. «Vedi? Decenni. Non c'è da preoccuparsi.»
«Proprio il mese scorso» aggiunse il pilota «c'è stato un cretino che si è immerso in apnea e…»
«Un momento!» lo interruppe Rachel. «Ha appena detto che da decenni non avete salvato nessuno!»
«Infatti, non l'abbiamo salvato. Di solito si arriva troppo tardi. Quei bastardi uccidono in un secondo.»
101
Dall'alto, il profilo tremulo della Goya si stagliava all'orizzonte. A meno di un chilometro di distanza, Tolland riuscì a distinguere le luci brillanti del ponte che Xavia aveva saggiamente lasciato accese. Nel vederle, si sentì come un viaggiatore stanco che finalmente imbocchi il viale di casa.
«Avevo capito che era rimasta una sola persona a bordo» disse Rachel, sorpresa dalla potente illuminazione.
«Tu non lasci una luce accesa quando resti a casa da sola?»
«Sì, una; non tutte.»
Tolland sorrise. Malgrado si sforzasse di apparire allegra, Rachel era chiaramente molto angosciata per il fatto di trovarsi lì. Avrebbe voluto cingerle le spalle e rassicurarla, ma sapeva di non poterle dire molto. «Le luci sono accese per ragioni di sicurezza. Fanno sembrare la nave in piena attività.»
Corky si mise a ridere. «Paura dei pirati, Mike?»
«No. Il pericolo maggiore, qui, è costituito dagli idioti incapaci di leggere il radar. La miglior difesa è rendersi molto visibili.»
Corky strinse gli occhi per guardare la Goya. «Accidenti! Pare una nave da crociera la notte di Capodanno! Evidentemente è la NBC a pagarti il conto della luce!»
L'elicottero della guardia costiera rallentò accostandosi all'enorme nave illuminata. Il pilota iniziò le manovre per dirigersi sul ponte di poppa. Anche dall'alto, Tolland riusciva a individuare la forte corrente che premeva contro il fasciame dello scafo. Ancorata di prua, la Goya strattonava la massiccia catena dell'ancora come una bestia legata.
«Un vero splendore» esclamò il pilota con una risata.
Tolland sapeva che il commento era ironico. La Goya non era una bella nave. "Culona", l'aveva definita un commentatore televisivo. Una delle diciassette imbarcazioni SWATH a due scafi mai costruite, aveva una linea tutt'altro che elegante.
In sostanza, era un massiccio pianale che fluttuava dieci metri sopra l'oceano su quattro enormi supporti poggiati su galleggianti. Da lontano, sembrava una bassa piattaforma petrolifera, mentre da vicino ricordava una chiatta sui trampoli. Gli alloggi dell'equipaggio, i laboratori di ricerca e il ponte di comando erano situati in una serie di strutture una sopra l'altra. A una prima impressione, pareva un gigantesco tavolo fluttuante che sosteneva un guazzabuglio di edifici a più piani.
Malgrado l'aspetto per niente aerodinamico, il design della Goya offriva un piano di galleggiamento inferiore e quindi maggiore stabilità. La piattaforma sospesa consentiva di effettuare riprese più accurate, facilitava il lavoro di laboratorio e causava meno mal di mare agli scienziati. Tolland aveva sempre resistito alle insistenze della NBC che voleva convincerlo a farsi comprare qualcosa di più nuovo. Certo, sul mercato esistevano navi migliori, ormai, anche più stabili, ma la Goya era la sua casa da quasi dieci anni, la nave su cui era riuscito a elaborare il lutto per la morte di Celia. Alcune notti udiva ancora la sua voce nel vento sul ponte. Se e quando fossero scomparsi i fantasmi, avrebbe preso in considerazione l'idea di un'altra nave.
Ma non era ancora il momento.
Quando l'elicottero si posò sulla poppa della Goya, Rachel Sexton si sentì solo parzialmente sollevata. La cosa positiva era che non stava più sorvolando l'oceano, quella negativa che ci si trovava direttamente sopra. Cercò di mantenere le gambe salde quando sbarcò sul ponte e si guardò intorno. La zona era ingombra, tanto più con l'elicottero. Volgendo lo sguardo verso prua, vide la sgraziata costruzione sopraelevata che formava il corpo più imponente della nave.
Tolland era al suo fianco. «Lo so» disse, parlando ad alta voce per sovrastare il rumore della corrente impetuosa. «Sembra più grande in televisione.»
Rachel annuì. «E anche più stabile.»
«Questa è una delle navi più sicure in mare. Te lo giuro.» Le poggiò una mano sulla spalla per guidarla attraverso il ponte.
Il calore di quella mano la placò più di qualsiasi parola. Ciononostante, guardò la parte posteriore della nave e vide l'acqua ribollire, come se stessero avanzando a tutta velocità. "Siamo seduti su un megapennacchio" pensò.
Al centro della parte anteriore del ponte di poppa, Rachel adocchiò la forma familiare di un sommergibile monoposto Triton appeso a un gigantesco verricello. Il Triton, così chiamato dal dio greco del mare, non assomigliava affatto al suo predecessore, l'Alvin, una scatola d'acciaio. Una cupola emisferica di perspex faceva sembrare il Triton più una gigantesca vasca per pesci rossi che un batiscafo. Poche cose terrorizzavano Rachel maggiormente dell'idea di immergersi centinaia di metri sotto la superficie del mare con solo un foglio di plastica trasparente tra il proprio viso e l'abisso. Secondo Tolland, invece, la sola parte sgradevole dell'immersione sul Triton era la fase iniziale, e cioè essere calati attraverso la botola sul ponte della Goya, appesi trenta piedi sopra il mare.
«Xavia sarà nell'idrolaboratorio» disse Tolland, attraversando il ponte. «Da questa parte.»
Rachel e Corky lo seguirono, mentre il pilota della guardia costiera restava a bordo dell'elicottero con il divieto assoluto di usare la radio.
«Date un'occhiata» disse Tolland, fermandosi alla battagliola di poppa.
Rachel si avvicinò, esitante. L'acqua era almeno dieci metri sotto di loro, eppure se ne percepiva il calore.
«Più o meno la temperatura di un bagno caldo» gridò Tolland, per sovrastare il rumore della corrente. Tese il braccio verso un quadro comandi. «Guardate!» Premette un interruttore.
Un ampio cerchio di luce si allargò sull'acqua dietro la barca, illuminandola dall'interno come una piscina. Rachel e Corky restarono a bocca aperta.
Nella zona intorno alla nave, videro decine di ombre spettrali. A pochi metri sotto la superficie rischiarata, fitte schiere di forme scure e snelle nuotavano controcorrente, con l'inconfondibile cranio a forma di martello che si sollevava e si abbassava, come a battere un ritmo preistorico.
«Cristo, Mike» balbettò Corky. «Sono proprio felice che tu abbia voluto mostrarcelo.»
Rachel si sentì irrigidire. Avrebbe voluto indietreggiare, ma non riusciva a muoversi. Era impietrita da quella visione terrificante.
«Incredibili, vero?» Tolland le aveva di nuovo posato la mano sulla spalla. «Si soffermano per settimane nelle zone calde. Questi personaggi hanno il naso più affinato di tutte le creature marine, lobi olfattivi del telencefalo molto sviluppati. Percepiscono l'odore del sangue a un chilometro di distanza.»
Corky pareva scettico. «Lobi olfattivi del telencefalo?»
«Non mi credi?» Tolland si mise a frugare in un contenitore di alluminio. Dopo un momento, ne estrasse un pesce morto che tagliò a pezzi. «Perfetto.» Il pesce cominciò a sanguinare.
«Mike, per l'amor del cielo. È disgustoso» commentò Corky.