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Si udì un forte rumore, nel corridoio, quando la porta metallica venne spalancata. «Signora Ashe» gridò Harper. «Giuro che non so nulla di malversazioni! Sono una persona onesta!»

Gabrielle sentì il cuore mancare un colpo. Si costrinse a proseguire. Scrollò le spalle e, girando appena la testa verso l'uomo, disse: «Però ha mentito nella conferenza stampa».

Silenzio. Gabrielle procedette lungo il corridoio.

«Un momento!» Harper la raggiunse a grandi falcate, pallido in volto. «Questa storia della malversazione» disse abbassando la voce «penso di sapere chi mi ha incastrato.»

Gabrielle si fermò di botto, chiedendosi se avesse sentito bene. Si voltò adagio, ostentando un'indifferenza che non provava. «Vuol farmi credere che qualcuno l'ha incastrata?»

Harper sospirò. «Giuro di non sapere niente della sottrazione di fondi, ma se ci sono prove contro di me…»

«A bizzeffe.»

«Allora è tutto un raggiro per screditarmi. E c'è una sola persona che può aver fatto una cosa del genere.»

«Chi?»

Harper la guardò negli occhi. «Lawrence Ekstrom mi odia.»

Gabrielle era sbalordita. «Il direttore della NASA?»

Harper annuì con aria cupa. «È stato lui a costringermi a mentire durante quella conferenza stampa.»

88

A bordo dell'Aurora, anche con il sistema di propulsione a metano nebulizzato a mezzo regime, gli uomini della Delta Force volavano nella notte a una velocità tripla di quella del suono, oltre tremila chilometri l'ora. Il rumore ripetitivo dei motori a onda di detonazione imprimeva al viaggio un ritmo ipnotico. Trenta metri sotto di loro, l'oceano, risucchiato dal vuoto lasciato dall'Aurora, lanciava verso il cielo veli d'acqua paralleli alti quindici metri.

"Per questa ragione è stato ritirato il Blackbird SR-71" pensò Delta-Uno.

L'Aurora era uno di quegli aerei di cui nessuno avrebbe dovuto conoscere l'esistenza, peraltro nota a tutti. Perfino Discovery Channel aveva mandato in onda un servizio sul velivolo e sulle prove di collaudo avvenute a Groom Lake, nel Nevada. Impossibile sapere se l'indiscrezione fosse trapelata per via dei ripetuti "cielomoti" uditi fino a Los Angeles, o per l'increscioso avvistamento avvenuto da una piattaforma petrolifera nel mare del Nord, o per la gaffe dell'amministrazione che aveva lasciato una descrizione dell'Aurora in una copia del bilancio ufficiale del Pentagono. Ma non aveva importanza, tanto ormai era ampiamente risaputo che le forze armate statunitensi disponevano di un aereo capace di viaggiare a Mach 6: non era più soltanto un progetto sulla carta, ma solcava già i cieli.

Costruito dalla Lockheed, l'Aurora sembrava una palla da rugby schiacciata. Lungo trentatré metri e largo diciotto, era rivestito di uno strato cristallino di ceramica termica, simile a quello delle navette spaziali. La velocità era dovuta sostanzialmente al nuovo sistema di propulsione a impulsi esplosivi in sequenza, alimentato da idrogeno nebulizzato non inquinante, la cui traccia in cielo era una scia caratteristica assai rivelatrice. Per questo volava soltanto di notte.

In quel momento, con il lusso dell'enorme velocità, la Delta Force stava compiendo il lungo viaggio di ritorno sul mare aperto. Malgrado la rotta più lunga, avrebbero superato la preda. Sarebbero arrivati sulla costa orientale in meno di un'ora, con due ore buone d'anticipo. Si era parlato di rintracciare e abbattere l'aereo in questione, ma il capo giustamente temeva che l'incidente fosse captato dai radar o che il relitto incendiato potesse scatenare un'indagine approfondita. Meglio lasciare che arrivasse dove programmato, aveva deciso il capo. Una volta chiarita la destinazione, gli sarebbe piombata addosso la Delta Force.

Mentre l'Aurora sorvolava il desolato mare del Labrador, il CrypTalk di Delta-Uno segnalò una chiamata in arrivo. Rispose.

«La situazione è cambiata» li informò la voce elettronica. «Avete un altro obiettivo prima dell'atterraggio di Rachel Sexton e degli scienziati.»

"Un altro obiettivo." Le cose procedevano rapide, evidentemente. La nave del capo aveva rivelato un'altra falla, e bisognava rappezzarla al più presto. "La nave non farebbe acqua se noi avessimo colpito l'obiettivo sulla banchisa di Mime" si disse. Sapeva bene che stava cercando di porre rimedio a un pasticcio che lui stesso aveva fatto.

«È stata coinvolta una quarta persona» comunicò il capo.

«Chi è?»

Una breve pausa, poi un nome.

I tre uomini si scambiarono occhiate esterrefatte. Conoscevano bene quel nome.

"Ovvio che il capo sembrasse riluttante!" Malgrado l'operazione fosse stata inizialmente concepita come "zero vittime", il conto dei cadaveri e l'importanza degli obiettivi stavano salendo rapidamente. Sentì i muscoli entrare in tensione quando il capo indicò come e dove eliminare il nuovo bersaglio.

«La posta in gioco è notevolmente aumentata. Ascoltate con attenzione, perché vi comunicherò soltanto una volta le istruzioni.»

89

Sopra il Maine settentrionale, un jet G4 solcava veloce il cielo in direzione di Washington. A bordo, Michael Tolland e Corky Marlinson ascoltavano Rachel Sexton, intenta a illustrare la sua teoria sul motivo per cui poteva esserci un aumento degli ioni di idrogeno nella crosta di fusione del meteorite.

«La NASA ha una struttura segreta per i collaudi, chiamata Plum Brook Station» spiegò, stupita di affrontare l'argomento. Non aveva mai rivelato un'informazione classificata fuori dal protocollo ma, considerate le circostanze, Tolland e Corky avevano il diritto di sapere. «Plum Brook è in sostanza un laboratorio di collaudo dei motori più avanzati. Due anni fa ho scritto una sintesi per un nuovo progetto che la NASA stava sperimentando, il motore a espansione ciclica, il cosiddetto ECE, Expander Cycle Engine.»

Corky si mostrò diffidente. «L'ECE è ancora in fase di progettazione, sulla carta. Se ne parlerà tra decenni.»

Rachel scosse la testa. «Mi spiace contraddirti, Corky, ma in realtà la NASA ha già i prototipi e li sta testando.»

«Cosa?» Marlinson appariva scettico. «Gli ECE funzionano a idrogeno e ossigeno liquidi, che nello spazio congelano, rendendo inutilizzabili i motori. Ho saputo che non avrebbero neppure cercato di costruirli finché non avessero risolto il problema del congelamento del combustibile.»

«Ci sono riusciti. Hanno abbandonato l'ossigeno per passare a una miscela di "idrogeno semiliquido", una sorta di combustibile criogenico che consiste in idrogeno puro allo stato semicongelato. Molto potente, brucia senza lasciare scorie. È candidato a essere usato anche nei sistemi di propulsione della NASA per eventuali missioni su Marte.»

«Non può essere vero» commentò Corky stupefatto.

«Più che vero. Ho scritto una nota per il presidente. Il mio direttore aveva già imbracciato le armi perché la NASA voleva annunciare pubblicamente l'idrogeno semiliquido come un grosso successo, ma Pickering ha preteso che la Casa Bianca costringesse l'agenzia a tenere segreta la notizia.»

«Perché?»

«Non ha importanza.» Rachel non intendeva rivelare più dello stretto necessario. La verità era che Pickering desiderava tenere nascosto il successo dell'idrogeno semiliquido perché c'era una crescente preoccupazione per la sicurezza nazionale, nota a pochi, che riguardava gli allarmanti progressi della Cina nel settore della tecnologia spaziale. I cinesi stavano mettendo a punto una piattaforma di lancio "da affittare" al migliore offerente, con ogni probabilità un nemico degli Stati Uniti. Le conseguenze per la sicurezza potevano essere devastanti. Per fortuna, l'NRO sapeva che la Cina, per la sua piattaforma di lancio, puntava su un combustibile di propulsione destinato all'insuccesso e Pickering non vedeva la ragione di far sapere che la NASA aveva trovato nell'idrogeno semiliquido un propellente più efficace.

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