Sulla nostra zattera c’era qualcuno. Una figura immobile, molto alta, all’apparenza vestita di una tuta argentea. La luce del lampione ne traeva riflessi, come se la figura portasse una tuta spaziale cromata.
Sottovoce dissi all’androide di proteggere la bambina perché sulla zattera c’era un intruso ed estrassi pistola e binocolo. Mentre mettevo a fuoco le lenti, la luccicante figura argentea girò la testa dalla mia parte.
49
Il Padre Capitano de Soya si sveglia nel ben noto tepore della culla della Raffaele. Dopo i primi istanti d’inevitabile confusione e disorientamento, si tira fuori della cuccetta e galleggia, nudo, fino al quadro comandi.
Tutto sembra a posto: la nave è in orbita intorno a Sol Draconis Septem… il pianeta è un’accecante sfera bianca proprio al di là degli oblò, la decelerazione procede al meglio, le altre tre culle sono sul punto di risvegliare il loro prezioso carico umano, il campo interno si mantiene a gravità zero finché tutti non avranno ripreso le forze, la temperatura e la pressione sono ai valori ottimali per il risveglio, la nave segue la giusta orbita geosincrona. Il prete-capitano dà il primo ordine della sua nuova vita: ordina alla nave di preparare il caffè per tutti nel piccolo quadrato ufficiali. In genere, dopo la risurrezione il suo primo pensiero è per il bulbo di caffè, nascosto nella nicchia del tavolo strategico, che si riempie del caldo liquido nero.
Poi de Soya si accorge che nel computer della nave palpita la spia luminosa di un messaggio ad alta priorità. Mentre era cosciente, nel sistema di Pacem, non ha ricevuto alcun messaggio: pare inverosimile che un messaggio li abbia raggiunti lì, in quel remoto sistema ex coloniale. La Pax non è presente nel sistema Sol Draconis… al massimo, navi torcia di passaggio usano le tre giganti gassose del sistema per rifornire i serbatoi d’idrogeno; una breve domanda al computer della nave conferma che nei tre giorni di decelerazione e d’inserimento in orbita non ci sono stati contatti con altre navi. La stessa domanda porta alla luce il fatto che sul pianeta non c’è alcuna missione della Chiesa, che l’ultimo contatto missionario è andato perduto da più di cinquant’anni standard.
De Soya ascolta il messaggio. Autorità papale istradata attraverso la flotta della Pax. Secondo i codici sullo schermo, il messaggio è giunto qualche centesimo di secondo prima che la Raffaele passasse a velocità quantica nello spazio di Pacem. Si tratta di un messaggio di solo testo, molto breve: SUA SANTITÀ ANNULLA MISSIONE SU SOL DRACONIS SEPTEM. NUOVA ZONA D’ACQUISIZIONE: BOSCHETTO DIVINO. DIRIGERSI IMMEDIATAMENTE NEL SISTEMA. AUTORIZZAZIONE LOURDUSAMY E MARUSYN. FINE MESSAGGIO.
De Soya sospira. Quel viaggio, quelle morti e risurrezioni, sono state inutili. Per un momento il prete-capitano non si muove, ma resta seduto sulla poltroncina di comando, nudo, a riflettere sull’accecante lembo bianco del pianeta di ghiaccio che riempie l’oblò ricurvo. Poi sospira di nuovo e si avvia a fare la doccia, fermandosi nel quadrato ufficiali per il primo sorso di caffè. Allunga automaticamente la mano verso il bulbo di caffè, mentre batte ordini sul quadro comandi del cubicolo-doccia… spruzzo aghiforme, caldo al limite della sopportazione. Prende l’appunto mentale di cercare un accappatoio. La nave non è più un ambiente di soli uomini.
Di colpo s’irrigidisce, irritato. Le sue dita non si sono chiuse sul manico del bulbo di caffè. Qualcuno ha spostato il bulbo nella nicchia.
La nuova recluta, caporale Rhadamanth Nemes, è l’ultima a lasciare la culla. I tre uomini distolgono lo sguardo, mentre lei lascia la culla e con un balzo si lancia verso il cubicolo doccia, ma nell’affollata bolla comando ci sono superfici lucide in quantità sufficiente a permettere a ciascuno di loro di dare un’occhiata al corpo compatto della piccola donna, alla pelle chiara, al livido crucimorfo fra i piccoli seni.
Anche il caporale Nemes fa la comunione e pare disorientata e vulnerabile, mentre gli altri sorseggiano il caffè e mentre i campi interni modificano la gravità portandola da zero a un sesto del normale.
— La tua prima risurrezione? — le domanda gentilmente de Soya. Nemes annuisce. Ha capelli nerissimi, tagliati corti; la frangia le cade, floscia, sulla pallida fronte.
— Vorrei poterti dire che ci si abitua — continua il prete-capitano — ma la verità è che ogni risveglio è identico al primo… difficoltoso ed esilarante.
Anche Nemes sorseggia il caffè. Pare procedere per tentativi, nella microgravità. L’uniforme nera e cremisi, per contrasto, le rende ancora più chiara la pelle.
— Non dovremmo partire subito per Boschetto Divino? — domanda, in tono incerto.
— Fra poco — risponde il Padre Capitano de Soya. — Ho dato ordine alla Raffaele di lasciare l’orbita fra quindici minuti. Procederemo verso il più vicino punto di traslazione, con accelerazione 2 g, così potremo riprenderci per qualche ora, prima di tornare nelle culle.
Nemes pare rabbrividire un poco al pensiero di un’altra risurrezione. Come ansiosa di cambiare argomento, lancia un’occhiata all’accecante lembo del pianeta che riempie l’oblò e lo schermo ottico. — Come si può percorrere un fiume in tutto quel ghiaccio?
— Sotto, credo — dice il sergente Gregorius. Ha continuato a fissare con attenzione Nemes. — Dopo la Caduta, l’atmosfera si è solidificata di nuovo. Il Teti scorrerà sotto il ghiaccio.
Nemes, sorpresa, inarca il sopracciglio. — E Boschetto Divino che pianeta è?
— Non lo sai? — replica Gregorius. — Pensavo che nella Pax tutti avessero sentito parlare di Boschetto Divino.
Nemes scuote la testa. — Sono cresciuta su Esperance. Un pianeta su cui si pratica soprattutto l’agricoltura e la pesca. Lì la gente non ha molto interesse per gli altri pianeti. Né per gli altri mondi della Pax… né per le vecchie storie della Rete. Quasi tutti siamo troppo impegnati a raschiare dalla terra e dal mare il necessario per vivere.
— Boschetto Divino è l’antico mondo dei Templari — dice il Padre Capitano de Soya, posando il bulbo di caffè nella nicchia del tavolo strategico. — Fu gravemente incendiato durante l’invasione Ouster prima della Caduta. Ai suoi tempi era davvero bello.
— Molto bello — conferma il sergente Gregorius. — La Confraternita dei Templari del Muir era una sorta di setta che adorava la natura. Cambiò Boschetto Divino in un pianeta-foresta… alberi più alti e più belli delle sequoie della Vecchia Terra. I Templari vivevano lì, tutt’e venti e passa milioni, in città e piattaforme su quei bellissimi alberi. Ma nella guerra scelsero la parte sbagliata…
Nemes, che sorseggia il caffè, alza gli occhi. — Vuoi dire che erano dalla parte degli Ouster? — Pare sconvolta all’idea.
— Proprio così, ragazza — risponde Gregorius. — Forse perché a quel tempo avevano alberi che andavano nello spazio…
Nemes si mette a ridere. Una risata breve, stridula.
— Dice sul serio — interviene il caporale Kee. — I Templari usavano gli erg di Aldebaran… creature in grado di piegare l’energia… per incapsulare gli alberi in un campo di contenimento classe Nove e fornire un motore a reazione per gli spostamenti interplanetari. Avevano perfino regolari motori Hawking per i viaggi interstellari.
— Alberi volanti — dice Nemes e sbotta in un’altra rauca risata.
— Alcuni Templari fuggirono in quelle navi-albero, quando gli Ouster ripagarono la loro fedeltà inviando uno Sciame all’attacco di Boschetto Divino — continua Gregorius. — Ma la maggior parte bruciò, proprio come quasi tutto il pianeta. Per un secolo, dicono, quasi tutto quel mondo era solo cenere. Le nubi di fumo crearono l’effetto inverno nucleare.
— Inverno nucleare? — ripete Nemes.
De Soya osserva attentamente la ragazza e si domanda come mai una persona così ingenua sia stata scelta per portare il diskey papale in simili circostanze. Possibile che l’ingenuità sia parte della sua forza come assassina, nel caso si presenti la necessità di uccidere?