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— Caporale — dice, parlando a Nemes — hai detto d’essere cresciuta su Esperance… Hai fatto parte della Guardia Nazionale del pianeta?

Nemes scuote la testa. — Sono entrata direttamente nell’esercito della Pax, Padre Capitano. C’era carestia di patate… i reclutatori offrivano la possibilità di viaggiare nello spazio… e, be’…

— Dove hai prestato servizio? — domanda Gregorius.

— Solo addestramento su Freeholm — risponde Nemes.

Gregorius si appoggia sui gomiti. La gravità di un sesto rende più comodo stare seduti.

— Quale brigata? — domanda il sergente.

— La Ventitreesima. Sesto reggimento.

— Le Aquile Urlanti — dice il caporale Kee. — Una mia collega fu trasferita in quel reparto. Il tuo ufficiale comandante era il capitano di fregata Coleman?

Nemes scuote la testa. — Quando c’ero io, comandava il capitano Deering. Sono rimasta lì solo dieci mesi locali… circa otto e mezzo standard, mi pare. Mi hanno addestrata come esperto in combattimento totale. Poi chiesero volontari per la Prima Legione… — Lascia perdere il resto, come se l’argomento fosse coperto da segreto militare.

Gregorius si gratta il mento. — Che strano, non ho mai sentito parlare di quell’unità. Niente rimane segreto a lungo, nell’esercito. Per quanto tempo hai detto d’essere stata in addestramento con questa… legione?

Nemes lo guarda negli occhi. — Due anni standard, sergente. Ed era davvero un segreto… fino a questo momento. La maggior parte dell’addestramento si è svolta su Lee Tre e nei Territori della Fascia di Lambert.

— Fascia di Lambert — riflette il sergente. — Allora hai avuto la tua parte d’addestramento a bassa gravità e a gravità zero.

— Più della mia parte — ammette il caporale Rhadamanth Nemes, con un lieve sorriso. — Durante la permanenza nella Fascia di Lambert, ci addestrammo per cinque mesi nel Gruppo Troiano Peregrine.

Il Padre Capitano de Soya ha l’impressione che la chiacchierata diventi un interrogatorio. Non vuole che il nuovo membro dell’equipaggio si senta assalito dalle domande, ma è curioso come Kee e Gregorius. Inoltre, ha la sensazione che ci sia qualcosa di… di sbagliato. — Allora i compiti delle Legioni sono molto simili a quelli dei Marines? — dice. — Combattimento nave-nave?

Nemes scuote la testa. — No, Capitano. Non si tratta solo di tattiche di combattimento a g-zero da nave a nave. Le Legioni sono state create per portare la guerra nel cuore del nemico.

— Cosa significa, caporale? — domanda piano de Soya. — In tutti i miei anni nella Flotta, novanta battaglie su cento si sono svolte in territorio Ouster.

— Sì — ammette Nemes. Ha di nuovo un lieve sorriso. — Ma voi colpite e vi ritirate… azione tipica della Flotta. Le Legioni occupano!

— Ma gran parte delle postazioni Ouster sono nel vuoto! — esclama Kee. — Asteroidi, foreste orbitali, lo spazio stesso…

— Appunto — dice Nemes, continuando a sorridere. — Le Legioni combatteranno gli Ouster sul loro stesso terreno… o vuoto spaziale, se sarà il caso.

Gregorius coglie l’occhiata di de Soya ("Basta domande!"), ma scuote la testa e dice: — Be’, non vedo cosa queste vantate Legioni possano imparare, che le Guardie Svizzere non abbiano già fatto… e bene… per sedici secoli.

De Soya si alza. — Accelerazione fra due minuti — annuncia. — Prendiamo posto. Parleremo ancora di Boschetto Divino e della missione su quel pianeta, mentre corriamo al punto di traslazione.

La Raffaele ha impiegato quasi undici ore di decelerazione a 2 g per diminuire la propria velocità quasi pari a quella della luce in modo da entrare nel sistema, ma il computer ha localizzato un punto adatto di traslazione per Boschetto Divino solo a trentacinque milioni di chilometri da Sol Draconis Septem. La nave potrebbe accelerare comodamente a 1 g e raggiungere quel punto in circa venticinque ore, ma de Soya ha ordinato che esca dal pozzo gravitazionale del pianeta ad accelerazione costante di 2 g per sei ore, prima di usare altra energia per tenere in funzione i campi interni nell’ultima corsa di un’ora a 100 g. Quando i campi entrano finalmente in funzione, il gruppo fa l’ultimo controllo per Boschetto Divino: tre giorni per la risurrezione, poi immediato intervento della navetta, con il sergente Gregorius al comando del gruppo a terra, sorveglianza dei cinquantotto chilometri del segmento del Teti fra i due portali e infine gli ultimi preparativi per la cattura di Aenea e dei suoi compagni.

— Dopo tutto questo, come mai Sua Santità comincia a indirizzarci nella ricerca? — domanda il caporale Kee, mentre vanno alle culle.

— Una delle sue rivelazioni — spiega il Padre Capitano de Soya. — Bene… tutti a letto. Terrò d’occhio i pannelli.

Come al solito, negli ultimi minuti prima della traslazione de Soya chiude le loro culle. Solo il capitano resta a sorvegliare.

Mentre per qualche minuto è da solo al quadro comandi, de Soya richiama in fretta i dati della loro entrata interrotta nel sistema di Hebron e del ritorno. Li ha già esaminati prima della partenza da Pacem, ma adesso fa scorrere di nuovo velocemente fra i dati visivi e numerici. C’è tutto, tutto pare esatto: le riprese dall’orbita intorno Hebron mentre lui e i suoi due soldati sono ancora in culla… le città in fiamme, il panorama pieno di crateri, i villaggi distrutti che mandano fumo nell’atmosfera desertica, Nuova Gerusalemme ridotta a rovine radioattive… e poi il rilevamento radar da parte di tre Sciami. La Raffaele ha interrotto il ciclo di risurrezione e con il suo carico di morti si è data alla fuga, sfruttando l’accelerazione di 280 g consentita dal suo motore a fusione migliorato. Gli Ouster invece dovevano usare per i campi interni una parte d’energia, altrimenti sarebbero morti (niente risurrezione, per i pagani) e quindi non potrebbero mai raggiungere più di 80 g durante l’inseguimento.

Però c’erano le riprese visive: le lunghe code dei motori a fusione Ouster, il tentativo di colpire la Raffaele da una distanza di quasi una UA, la registrazione della nave dei campi di difesa che deviano senza fatica la lancia d’energia da quella distanza, la traslazione finale al sistema di Mare Infinitum perché era quello il più vicino punto di balzo…

Tutto era ragionevole. Le inquadrature erano convincenti. De Soya non era rimasto minimamente convinto.

Non sapeva con certezza perché era così scettico. Le registrazioni visive non significavano molto, naturalmente; per più di mille anni, dall’inizio dell’Era Digitale, anche le più convincenti immagini visive potevano essere contraffatte da un ragazzino con il personal computer. Ma per falsificare le registrazioni della nave sarebbe stato necessario uno sforzo gigantesco… una congiura tecnica. Perché, si domanda de Soya, ora non dovrebbe fidarsi della memoria della Raffaele?

Mentre manca ancora qualche minuto alla traslazione, richiama i dati della recente discesa nel sistema di Sol Draconis Septem. Dalla poltroncina di comando si lancia un’occhiata alle spalle: le tre culle sono sigillate e silenziose, le spie brillano di luce verde. Gregorius, Kee e Nemes sono ancora svegli, in attesa della traslazione e della morte. De Soya sa che in quegli ultimi minuti il sergente prega. Kee di solito legge un libro sul monitor interno della culla. De Soya non ha idea di che cosa faccia la donna nella sua comoda bara.

Si rende conto d’essere diventato paranoico. "Il bulbo di caffè era spostato" pensa. "Il manico era in posizione laterale." Nelle ore da sveglio ha cercato di ricordare se nel sistema di Pacem qualcuno poteva essere entrato nel quadrato ufficiali e avere spostato il bulbo. No… durante la risalita dal pozzo gravitazionale di Pacem non hanno adoperato il quadrato ufficiali. La donna, Nemes, è salita a bordo prima degli altri, ma lui ha usato il bulbo di caffè e l’ha rimesso a posto dopo che lei è entrata nella culla. Di questo de Soya è sicuro. Come sempre è stato l’ultimo a entrare nella culla. Accelerazione e decelerazione possono schiacciare bulbi non progettati per resistere a enormi gravità, ma il vettore di decelerazione seguito dalla Raffaele era lineare lungo la direttrice di viaggio della nave corriere e non avrebbe spostato lateralmente gli oggetti. La nicchia del bulbo di caffè è stata progettata per tenere a posto gli oggetti.

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