Литмир - Электронная Библиотека
Содержание  
A
A

Il Padre Capitano de Soya fa parte di una lunga serie di naviganti per mare e per spazio divenuti fanatici del semplice concetto "un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto". De Soya è uno spaziale. In quasi vent’anni di servizio su fregate, cacciatorpediniere e navi torcia ha visto che qualsiasi cosa lasciata fuori posto gli salta letteralmente in faccia appena la nave passa a gravità zero. Cosa ancora più importante, de Soya ha la necessità, vecchia di epoche, del marinaio: allungare la mano e trovare senza guardare l’oggetto cercato, nel buio o nella tempesta. Certo, pensa, la posizione del manico del suo bulbo di caffè non è una questione importante… eppure è importante. Ciascuno degli altri si è abituato a usare una delle cinque nicchie-poltroncina intorno al tavolo strategico che nell’ingombro modulo comando funge anche da tavolo mensa. Quando usano il tavolo per estrapolare percorsi o per esaminare mappe, tutti loro (compreso Rettig, quand’era ancora vivo) hanno sempre occupato, seduti o in piedi o librati a gravità zero, il solito posto intorno al tavolo. Un comportamento tipico della natura umana, così com’è tipico degli spaziali mantenere esatte e prevedibili le proprie abitudini.

Qualcuno ha spostato il manico del bulbo del caffè… forse puntando nella nicchia il ginocchio, a gravità zero, per tenersi fermo… o ferma! Paranoia, si rimprovera de Soya. Senza alcun dubbio.

Però c’è anche la sconvolgente notizia bisbigliatagli dal sergente Gregorius nei minuti fra la propria uscita dalla culla di risurrezione e il risveglio del caporale Nemes.

«Un mio amico nelle Guardie Svizzere su Pacem, Capitano. Abbiamo bevuto un goccio, la sera prima della partenza. Ci conosce tutti… Kee, Rettig e me… e giura d’avere visto Rettig, svenuto, nella barella di un’ambulanza fuori dell’infermeria del Vaticano.»

«Impossibile» aveva replicato de Soya. «Rettig è morto per complicazioni durante la risurrezione ed è stato sepolto nello spazio di Mare Infinitum.»

«Già» aveva brontolato Gregorius. «Ma il mio amico era sicuro che nell’ambulanza c’era Rettig. Svenuto, con maschera a ossigeno, apparecchiature di rianimazione e tutto il resto, ma Rettig.»

«Non ha senso» aveva ribattuto de Soya. Ha sempre considerato con sospetto ogni teoria di complotti, sapendo per esperienza personale che un segreto condiviso da più di due persone ben di rado rimane tale a lungo. «Perché la Flotta della Pax e la Chiesa avrebbero dovuto mentirci su Rettig? E dove si trova, ora, se su Pacem era vivo?»

Gregorius si era stretto nelle spalle. «Forse non era lui, Capitano. Continuo a ripetermelo. Ma l’ambulanza…»

«L’ambulanza, cosa?» aveva replicato de Soya, più bruscamente di quanto non volesse.

«Era diretta a Castel Sant’Angelo, signore. Quartier generale del Sant’Uffizio.»

Paranoia, torna a ripetersi de Soya.

Le registrazioni delle undici ore di decelerazione sono normali: frenata ad alta gravità e il solito ciclo di tre giorni per la risurrezione, che assicura le massime possibilità di recupero in piena sicurezza. De Soya lancia un’occhiata alle cifre d’inserimento in orbita e fa scorrere il video della lenta rotazione di Sol Draconis Septem. Si meraviglia sempre di quei giorni perduti… la Raffaele che esegue i suoi semplici compiti, mentre le culle fanno rivivere lui e gli altri… si meraviglia dell’irreale silenzio che di sicuro riempie la nave.

«Tre minuti alla traslazione» annuncia la voce sintetica della Raffaele. «Tutto il personale dovrebbe essere già nelle culle.»

De Soya non bada all’avvertimento e richiama i dati degli ultimi due giorni e mezzo in orbita intorno a Sol Draconis Septem, prima che lui e gli altri siano tornati in vita. Non sa bene che cosa cerca… non c’è nessuna registrazione dell’uso della navetta, nessun segno di precedente accensione del supporto vita… tutti i monitor delle culle riportano il regolare ciclo, il primo impulso di vita nelle ultime ore del terzo giorno… tutte le registrazioni orbitali della nave sono normali… un momento!

«Due minuti alla traslazione» avvisa la piatta voce della nave.

Lì, il primo giorno, poco dopo il raggiungimento dell’orbita geosincrona standard… e lì di nuovo, circa quattro ore più tardi. Tutto normale, eccetto il particolare nudo e crudo dell’accensione di quattro piccoli reattori a fusione. Per raggiungere e mantenere una perfetta orbita geosincrona, una nave come la Raffaele dovrebbe accendere decine di quei piccoli reattori a fusione. Ma gran parte delle manovre d’aggiustamento, de Soya lo sa benissimo, prevede l’uso dei grossi reattori posti a poppa accanto al motore a fusione e a prua nel braccio del modulo di comando, data la sgraziata struttura della nave corriere. Quelle scariche dei reattori sono analoghe… prima una duplice accensione per stabilizzare la nave durante il rullio in modo che il modulo di comando guardi dalla parte opposta del pianeta… normale durante il "girarrosto" per diffondere uniformemente il calore solare lungo la superficie della nave senza usare il campo di raffreddamento… ma solo otto minuti qui… e qui! E dopo il rullio, quei doppi pizzicotti a reazione. Due e due. Poi la coppia finale di scariche, che potrebbe accompagnare l’accensione dei reattori più grossi per girare la nave in modo che le telecamere del modulo di comando puntino di nuovo verso il pianeta. Poi, dopo quattro ore e otto minuti, ripetizione dell’intera sequenza. Il computer ha registrato altre trentotto analoghe sequenze per mantenere la posizione e nessuna accensione dei reattori principali che indicherebbe la rotazione dell’intera nave; ma quelle quattro duplici scariche saltano subito all’occhio addestrato di de Soya.

«Un minuto alla traslazione» avverte la Raffaele.

De Soya ode il gemito dei giganteschi generatori di campo che annuncia il passaggio al sistema Hawking modificato e sa che resterà vivo ancora per cinquantasei secondi. Non se ne cura. Se non si muove subito, dopo la traslazione la poltroncina di comando porterà nella culla il suo cadavere. La nave è progettata in questo modo… confuso, ma necessario.

Federico de Soya è stato capitano di nave torcia per molti anni. Ha già effettuato più di dieci balzi su navi corriere classe Arcangelo. Conosce quella firma "duplice scarica, rotazione, duplice scarica" sulla registrazione di un reattore. Anche se dalla memoria della nave è stata cancellata l’effettiva rotazione, le impronte digitali di quella manovra sono lì negli elementi essenziali. La rotazione serve a orientare la navetta, agganciata sul lato opposto del modulo comando, verso il pianeta. La seconda duplice scarica, quella ancora in memoria, serve a equilibrare le piccole raffiche di propulsione che sganciano la navetta dalla massa centrale della Raffaele. L’ultima duplice scarica serve per stabilizzare la nave, una volta tornata in posizione normale, ossia con le telecamere del modulo comando puntate di nuovo sul pianeta.

Niente di tutto questo è ovvio come pare, dal momento che per tutto il tempo l’intera nave ruota lentamente nel "girarrosto", con occasionali scariche per modificare l’assetto e avere migliore riscaldamento o raffreddamento. Ma per de Soya la firma è inconfondibile. Il Padre Capitano batte gli ordini per richiamare ancora una volta le altre registrazioni. Nessun segno di utilizzo della navetta. Nessun segno di manovra di rotazione per l’utilizzo della navetta. Conferma che la navetta è sempre stata agganciata. Nessun segno d’accensione del supporto vita prima della risurrezione di tutti, poche ore prima. Nessuna immagine, nelle registrazioni visive, della navetta in movimento verso l’atmosfera del pianeta. Immagine costante della navetta agganciata e vuota.

C’è una sola anomalia: le due sequenze di otto minuti d’accensione dei reattori, a distanza di quattro ore l’una dall’altra. Otto minuti di rotazione della nave rispetto al pianeta permetterebbero a una navetta di scomparire nell’atmosfera senza che ci sia la registrazione video della telecamera principale. O di ricomparire per il riaggancio. Le telecamere del braccio di prua e il radar avrebbero registrato l’evento, a meno che, prima del distacco della navetta, non abbiano ricevuto l’ordine di tralasciarlo. Questa soluzione avrebbe comportato una minore manomissione delle registrazioni dopo il fatto.

136
{"b":"121395","o":1}