De Soya alza gli occhi dai monitor tattici e vede che gli altri lo fissano di nuovo. "Gli ordini erano di catturare viva la bambina e di portarla su Pacem."
— Comandante Barnes-Avne — dice de Soya in tono formale — le dispiace ordinare ai suoi soldati di atterrare e di iniziare immediatamente la ricerca nel fiume e nelle zone adiacenti?
— Certo — dice Barnes-Avne. Emana ordini sulla rete di comando. Non stacca lo sguardo dal viso del Padre Capitano de Soya.
28
Nei giorni che seguono il dragaggio e la scoperta che nel fiume non vi sono né astronave né cadaveri, ma solo qualche traccia di rottami che potrebbero essere appartenuti alla nave della bambina, il Padre Capitano de Soya si aspetta la corte marziale e forse la scomunica. Invia su Pacem il corriere Arcangelo per comunicare la notizia e nel giro di venti ore la stessa nave, con differenti corrieri umani, torna a portare il verdetto: ci sarà una Commissione d’Inchiesta. Quando ascolta la notizia, de Soya annuisce: la ritiene un anticipo del proprio ritorno su Pacem per la corte marziale o peggio.
A sorpresa, è l’amabile padre Brown a presiedere la Commissione d’Inchiesta, in qualità di rappresentante personale del segretario di stato cardinale Simon Augustino Lourdusamy, mentre il capitano Wu rappresenta l’ammiraglio Marusyn della Flotta della Pax. Fra gli altri, fanno parte della commissione due ammiragli che hanno assistito alla disfatta e il comandante Barnes-Avne. A de Soya viene offerto un avvocato difensore, ma il Padre Capitano lo rifiuta.
Durante i cinque giorni dell’udienza, de Soya non è agli arresti, neppure domiciliari; ma è scontato che si tratterrà nella base militare della Pax fuori Da Vinci, fino alla conclusione dell’inchiesta. Durante quei cinque giorni il Padre Capitano de Soya cammina lungo il tratto di fiume all’interno della base, guarda la televisione locale e i canali ad accesso diretto, di tanto in tanto volge gli occhi al cielo e immagina di calcolare dove la Raffaele gira ancora nell’orbita di parcheggio, priva d’equipaggio e silenziosa, a parte i rumori dei sistemi automatici. De Soya si augura che il prossimo capitano onori meglio quella nave.
Parecchi amici gli fanno visita; Gregorius, Kee e Rettig sono ancora, nominalmente, le sue guardie del corpo, anche se ora non portano armi e, come de Soya, rimangono nella base della Pax, in virtuale stato d’arresto. La Madre Capitano Boulez, il capitano Hearn e la Madre Capitano Stone gli fanno visita, dopo avere reso la deposizione e prima di partire per la frontiera. Quella sera de Soya guarda l’azzurra coda delle loro navette che s’innalzano nel cielo notturno e prova un senso d’invidia. Il capitano Sati della Sant’Antonio beve con de Soya un bicchiere di vino, prima di tornare sulla propria nave torcia e al servizio attivo in un altro sistema solare. Perfino il capitano Lempriere passa a trovare de Soya, dopo la deposizione; e proprio la sua esitante simpatia alla fine indispettisce de Soya.
Il quinto giorno de Soya si presenta davanti alla Commissione d’Inchiesta. La situazione è insolita (de Soya ha ancora il diskey papale e perciò tecnicamente non è passibile di rimprovero né d’incriminazione) ma è scontato che Papa Giulio, tramite il cardinale Lourdusamy, approva l’inchiesta e de Soya, condizionato all’ubbidienza dall’addestramento sia come soldato sia come gesuita, si adegua con umiltà. Non si aspetta l’esonero. Nella tradizione dei capitani navali fin dal Medioevo della Vecchia Terra, la medaglia delle prerogative dei capitani, de Soya lo sa bene, ha due facce: potere quasi divino su tutti e su tutto a bordo della propria nave, totale responsabilità nel caso di danni alla nave o di fallimento nella missione.
De Soya non ha danneggiato la propria nave (né la precedente, della task force, né la nuova, la Raffaele) ma è fin troppo consapevole del fallimento totale della missione. Pur fruendo delle immense risorse della Pax, sia su Hyperion sia su Vettore Rinascimento, non ha saputo catturare una bambina di dodici anni. Non riesce a concepire scuse per il fallimento e durante l’udienza depone in questo senso.
— Perché ha ordinato di distruggere il teleporter su Vettore Rinascimento? — domanda il Padre Ammiraglio Coombs, dopo la dichiarazione di de Soya.
De Soya alza la mano, la lascia ricadere. — Ho capito in quel momento — spiega — che la bambina, venendo su questo pianeta, voleva raggiungere proprio il portale. La nostra unica speranza d’impedirglielo era quella di distruggere l’arcata del teleporter.
— Però il portale non è stato distrutto — dice padre Brown.
— No — conferma de Soya.
— In base alla sua esperienza, Padre Capitano de Soya — interviene il capitano Wu — c’è mai stato un bersaglio che non sia stato distrutto da un intero minuto di fuoco CPB?
De Soya riflette un momento. — Esistono bersagli, come la foresta orbitale o gli asteroidi di uno Sciame Ouster, che non sarebbero totalmente distrutti neppure da un intero minuto di fuoco — risponde. — Ma sarebbero gravemente danneggiati.
— E il teleporter non è stato danneggiato? — insiste padre Brown.
— Che io sappia, no — risponde de Soya.
Il capitano Wu si rivolge agli altri membri della commissione. — Abbiamo una deposizione scritta del capo degli ingegneri planetari Rexton Hamm, secondo il quale la lega del portale, pur emettendo calore per quarantotto ore, non è stata danneggiata dall’attacco.
I membri della commissione discutono fra loro per diversi minuti.
— Padre Capitano de Soya — attacca l’ammiraglio Serra, quando l’interrogatorio riprende — si rendeva conto che il tentativo di distruggere il portale avrebbe potuto distruggere la nave della bambina?
— Sì, ammiraglio.
— E che quindi — continua Serra — avrebbe potuto uccidere la bambina?
— Sì, ammiraglio.
— Mentre lei aveva ordini ben precisi di portare su Pacem la bambina sana e salva. Dico bene?
— Sì, ammiraglio. Avevo esattamente quegli ordini.
— Ma era disposto a sfidare gli ordini?
De Soya inspira a fondo. — Nel caso specifico, ammiraglio, ho scelto un rischio calcolato. Gli ordini precisavano che era di capitale importanza riportare su Pacem la bambina al più presto possibile. In quei pochi secondi, quando ho capito che la bambina avrebbe potuto varcare il teleporter e sfuggire alla cattura, ho ritenuto che la nostra unica speranza fosse quella di distruggere il portale, non la nave della bambina. Per essere onesto, subito dopo ho pensato che la nave aveva già attraversato il portale, oppure non l’aveva ancora raggiunto. Tutte le indicazioni portavano a ritenere che la nave fosse stata colpita e fosse caduta nel fiume. Non sapevo se la nave avesse la capacità di viaggiare sott’acqua e attraversare il portale… o, se per questo, se il teleporter potesse trasferire un oggetto che si trovasse sott’acqua.
Il capitano Wu congiunge le mani. — Che lei sappia, Padre Capitano, il teleporter ha mostrato segni d’attività, dopo quella notte?
— Non mi risulta, capitano.
— Che lei sappia, Padre Capitano — continua Wu — un qualsiasi portale… su qualsiasi mondo della Rete o in orbita, se per questo… un qualsiasi portale ha mai mostrato segni di rinnovata attività, dopo la Caduta dei teleporter più di 270 anni standard fa?
— Che io sappia — risponde de Soya — da allora i teleporter non hanno mai funzionato.
Padre Brown si sporge verso de Soya. — Allora, Padre Capitano, forse potrà spiegare a questa commissione perché ha ritenuto che la bambina avesse la capacità di riaprire uno di quei portali e che tentasse di sfuggirci varcando quel particolare portale.
Stavolta de Soya allarga le mani. — Padre… non so. Ho avuto la netta sensazione che la bambina non volesse farsi catturare e che il suo volo lungo il fiume… non so, Padre. L’uso del teleporter era l’unica cosa che avesse un senso, quella notte.