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Perciò ora la guarnigione della Pax sorveglia il ribollente pianeta per via dei suoi minerali grezzi di cui tanto si parla, ma non ha motivo di scendervi. De Soya deve convincere il comandante della guarnigione, maggiore Leem, che bisogna organizzare una spedizione. Il quinto giorno dopo l’ingresso della Raffaele nel sistema vegano, de Soya, Gregorius, Kee, Rettig, un certo tenente Bristol e una decina di soldati della Pax, muniti di tute per difendersi dai pericoli ambientali, prendono una navetta e scendono dove un tempo scorreva il Teti. Non trovano i portali.

— Credevo che fosse impossibile distruggerli — dice de Soya. — Il TecnoNucleo li ha costruiti per durare e li ha muniti di marchingegni che ne rendessero impossibile la distruzione.

— Qui non ci sono — dice il tenente Bristol e ordina di tornare in orbita.

De Soya lo blocca. Avvalendosi dell’autorità del diskey papale, insiste per una ricerca con tutti i sensori. I due teleporter sono infine localizzati: distano sedici chilometri l’uno dall’altro e sono sepolti sotto un centinaio di metri di fango.

«Il mistero è risolto» trasmette il maggiore Leem sul canale a raggio compatto. «O l’attacco degli Ouster o una successiva slavina di fango hanno sepolto i portali e quello che era stato il fiume. Questo pianeta è andato letteralmente all’inferno.»

«Può darsi» replica de Soya. «Ma voglio che i portali siano portati alla luce, che siano racchiusi in bolle ambientali temporanee per consentire la sopravvivenza a chi ne dovesse uscire e che siano sorvegliati di continuo.»

«Lei è uscito di senno, crocesanta!» esplode il maggiore Leem; poi, ricordando il diskey papale, soggiunge: «Signore».

«Non ancora» replica de Soya, con un’occhiata di fuoco nell’obiettivo della telecamera. «Voglio che tutto sia pronto entro settantadue ore, Maggiore, altrimenti lei passerà i prossimi tre anni standard laggiù nel distaccamento planetario.»

Occorrono settantadue ore per scavare, costruire le cupole ambientali e disporre le sentinelle. Chi percorresse il Teti, non troverebbe il fiume, è ovvio: solo fango ribollente, atmosfera nociva e irrespirabile e soldati in pieno assetto di guerra. Nell’ultima notte in orbita intorno a Porta del Paradiso, a bordo della Raffaele de Soya s’inginocchia e prega che Aenea non sia già passata di lì. Nel fango sulfureo dello scavo non sono state trovate ossa, ma l’ingegnere della Pax incaricato dei lavori ha detto a de Soya che lì, nella sua forma naturale, il suolo è talmente acido che potrebbe avere già corroso lo scheletro della bambina.

De Soya non crede che sia andata così. Il nono giorno effettua la traslazione dal sistema vegano, ma prima ammonisce il maggiore Leem di tenere sul chi vive le sentinelle, di mantenere vivibili le bolle ambientali e di usare espressioni più educate verso eventuali visitatori futuri.

Nel terzo sistema solare toccato dalla Raffaele non c’è nessuno a occuparsi della loro risurrezione. La nave Arcangelo entra con il suo carico di morti nel Sistema NCG 2629 e lancia segnali nel codice della Pax. Non riceve risposta. Il sistema NCG 2629 comprende otto pianeti, uno solo dei quali, noto col nome ben poco fantasioso di NCG 2629-4BIV, può mantenere la vita. Dai dati ancora disponibili alla Raffaele, pare attendibile che l’Egemonia e il TecnoNucleo abbiano sostenuto lo sforzo e la spesa di far passare su quel pianeta il fiume Teti come forma di autocompiacimento, una formulazione estetica. Il pianeta non è mai stato seriamente colonizzato né terraformato, a parte la casuale semina RNA nei primi tempi dell’Egira, e a quanto pare è stato incluso nel giro turistico del Teti solo per i panorami e per l’osservazione d’animali.

Ciò non significa che al momento non ci siano sul pianeta esseri umani: la Raffaele li annusa dall’orbita di parcheggio negli ultimi giorni della risurrezione automatica dei suoi passeggeri. Per quanto possono ricostruire e capire le limitate risorse dei computer quasi-IA della Raffaele, la scarsa popolazione di NCG 2629-4BIV, composta di biologi, zoologi, turisti e squadre di supporto (in visita sul pianeta e lì rimasti a seguito della Caduta) è diventata indigena. Tuttavia, nonostante l’incontrollata riproduzione per quasi tre secoli, solo alcune migliaia d’anime popolano ancora le giungle e gli altopiani di quel primitivo pianeta: gli animali ottenuti per semina RNA erano in grado di mangiare gli esseri umani e l’hanno fatto con entusiasmo.

La Raffaele sfrutta fino in fondo le proprie potenzialità nel semplice compito di trovare i portali teleporter. I dati della Rete di cui dispone in memoria dicono semplicemente che i portali sono dislocati a intervalli variabili lungo un fiume di seimila chilometri nell’emisfero nord. La Raffaele modifica la propria orbita, spostandosi in un punto grosso modo geosincrono sopra l’esteso continente che domina quell’emisfero e comincia a tracciare una mappa fotografica e radar del fiume. Purtroppo sul continente ci sono tre grossi fiumi, due che scorrono verso est, uno che scorre verso ovest, e la Raffaele non può stabilire un ordine prioritario in base alle probabilità. Decide allora di tracciare la mappa di tutt’e tre i fiumi, compito che richiede l’analisi di dati relativi a più di ventimila chilometri.

Quando il cuore dei quattro uomini comincia a battere, al termine del terzo giorno del ciclo di risurrezione, la Raffaele tira l’equivalente siliceo di un sospiro di sollievo.

Ascoltando il computer che descrive il lavoro già eseguito, Federico de Soya, nudo di fronte allo specchio, non prova alcun sollievo. A dire il vero si sente sul punto di piangere. Pensa alla Madre Capitano Stone, alla Madre Capitano Boulez e al capitano Hearn, ormai alla frontiera della Grande Muraglia e probabilmente impegnati in duri combattimenti con il nemico Ouster. De Soya invidia il loro compito, semplice e onesto.

Dopo una conversazione con il sergente Gregorius e con i suoi due uomini, de Soya esamina i dati, scarta subito il fiume che scorre verso ovest perché troppo poco pittoresco per il Teti in quanto segue soprattutto profondi canyon e si allontana dalle giungle e dalle paludi infestate di vita; scarta anche un secondo fiume, per l’evidente numero di cascate e di rapide (troppo arduo per il traffico del Teti) e inizia una rapida rilevazione radar del terzo fiume, il più lungo, con vaste e placide distese d’acqua. La mappa mostra decine, forse centinaia, di ostacoli naturali che possono sembrare arcate di teleporter… cascate su strapiombi, ponti naturali, campi sassosi fra le rapide… ma tutte cose che possono essere esaminate a vista in poche ore.

Il quinto giorno de Soya e gli altri localizzano i portali… molto distanziati tra loro, ma senza dubbio artificiali. De Soya pilota di persona la navetta e lascia sulla Raffaele il caporale Kee, come rinforzo in caso d’emergenza.

Il quadro è quello paventato da de Soya: non c’è modo di dire se la bambina è uscita da quella parte, con o senza la nave. La distanza fra gli inerti portali è la più lunga fino a quel momento, quasi duecento chilometri; anche se de Soya fa volare la navetta avanti e indietro sulla giungla e sul bordo del fiume, non può stabilire se qualcuno sia passato di lì, non ha testimoni da interrogare né soldati della Pax da mettere di guardia.

Atterra su di un’isola non lontano dal teleporter superiore e discute con Gregorius e Rettig.

— Sono trascorse tre settimane standard da quando la nave ha lasciato Vettore Rinascimento — dice Gregorius. L’interno della navetta è ingombro e funzionale: i tre parlano dai sedioli di volo. Le tute da combattimento di Gregorius e di Rettig sono appese nello scomparto AEV, come seconde pelli di metallo.

— Se sono usciti qui — dice Rettig — probabilmente si sono limitati a decollare con la nave. Non avevano motivo di continuare lungo il fiume, in un simile mondo.

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