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Sospirai e toccai con la forchetta la porzione d’anatra. Vapori umidi m’arrivarono alle guance e agli occhi. Pensai all’impazienza di Izzy, mentre le anatre si avvicinavano all’acqua aperta. Mi pareva una vita fa. Guardai Martin Sileno e cercai d’immaginare che cosa si provasse ad avere secoli di ricordi con cui vedersela. Come poteva, una persona, non uscire di senno, con ricordi di vite intere immagazzinati in una sola mente? Il poeta mi sorrideva, in quel suo modo folle: ancora una volta mi domandai se non fosse davvero pazzo.

— Così sentimmo parlare della Pax e ci domandammo come sarebbe stata, una volta giunta davvero — proseguì il poeta, continuando a masticare. — Un governo teocratico… impensabile, nei secoli dell’Egemonia. A quel tempo la religione era, ovviamente, una pura scelta personale… ho fatto parte di una decina di religioni e ne ho iniziate più d’una, ai bei tempi, quand’ero una celebrità nel mondo delle lettere. — Mi guardò con occhi accesi. — Ma tu naturalmente lo sai, Raul Endymion. Conosci i Canti,

Assaggiai la manta gratinata e rimasi in silenzio.

— Molti miei conoscenti erano cristiani Zen — riprese Sileno. — Più Zen che cristiani, è logico, ma in realtà poco dell’uno e dell’altro. I pellegrinaggi personali erano divertenti. Luoghi di potere, la ricerca del proprio punto di Baedecker, tutta quell’immondizia… — Ridacchiò. — L’Egemonia non si sarebbe mai sognata di lasciarsi coinvolgere nella religione, naturalmente. La semplice idea di mescolare governo e opinione religiosa era barbara… una cosa che si poteva trovare su Qom-Riyadh o su qualche altro pianeta desertico della Periferia. E poi venne la Pax, col suo guanto di velluto e il suo crucimorfo di speranza…

— La Pax non governa — obiettai. — Consiglia.

— Precisamente — convenne il vecchio poeta, puntando verso di me la forchetta, mentre A. Bettik gli versava un altro bicchiere di vino. — La Pax consiglia. Non governa. Su centinaia di pianeti la Chiesa viene incontro ai fedeli e la Pax consiglia. Ma, naturalmente, se sei un cristiano che desidera rinascere, non trascuri il consiglio della Pax né il velato suggerimento della Chiesa, giusto?

Scrollai di nuovo le spalle. L’influenza della Chiesa era stata una costante per tutta la mia vita. Non ci vedevo niente d’insolito.

— Ma tu non sei un cristiano che desidera rinascere, vero, signor Endymion?

Allora guardai il vecchio poeta e mi venne un orribile sospetto. In qualche modo, pensai, aveva manovrato la mia finta esecuzione e mi aveva fatto trasportare lì, mentre le autorità avrebbero dovuto seppellirmi in mare. Aveva molta influenza sulle autorità di Port Romance. E se avesse organizzato lui il mio arresto e la sentenza? Se avesse voluto mettermi alla prova?

— La domanda è un’altra — proseguì Sileno, senza badare al mio sguardo da basilisco. — Perché tu non sei cristiano? Perché non vuoi rinascere? Non ti piace la vita, Raul Endymion?

— Mi piace — risposi, conciso.

— Ma non hai accettato la croce. Non hai accettato il dono di una vita prolungata.

Posai la forchetta. Un androide lo interpretò come segno che avevo finito e mi tolse il piatto con l’anatra ancora intatta. — Non ho accettato il crucimorfo! — precisai, brusco. Come spiegare il sospetto cresciuto nel mio clan di nomadi durante generazioni in cui eravamo considerati gli esuli, gli estranei, gli indigeni privi di dimora? Come spiegare il fiero spirito d’indipendenza di persone come Nonna e come mia madre? Come spiegare il retaggio di rigore filosofico e di scetticismo innato trasmessomi da chi mi aveva allevato e istruito? Non ci provai nemmeno.

Martin Sileno annuì, come se avessi spiegato tutto. — E tu consideri il crucimorfo qualcosa di diverso dal miracolo offerto ai fedeli tramite la sorprendente intercessione della Chiesa cattolica?

— Considero il crucimorfo un parassita — replicai. Rimasi sorpreso io stesso per la veemenza del tono.

— Forse hai paura di perdere… ah… la virilità — commentò con voce rauca il poeta.

Gli androidi misero in tavola due cigni scolpiti nel cioccolato moka e farciti di tartufi arborei delle terre alte. Trascurai il mio. Nei Canti, il pellegrino prete, Paul Duré, racconta la scoperta della tribù perduta, i Bikura, e il motivo della sua sopravvivenza nei secoli, grazie a un simbionte a forma di croce offerto dal leggendario Shrike. Il crucimorfo risuscitava i Bikura come oggi risuscita la gente nell’era della Pax; solo, nel racconto del prete, gli effetti secondari comprendevano danni cerebrali irreversibili dopo parecchie risurrezioni e la scomparsa degli organi e degli impulsi sessuali. I Bikura erano eunuchi mentalmente ritardati… tutti quanti.

— No — dissi. — So che la Chiesa ha risolto il problema.

Sileno sorrise: quando sorrideva, pareva la mummia di un satiro. — Se si accetta la Comunione e se si risuscita sotto gli auspici della Chiesa — precisò. — Altrimenti, chi per caso è riuscito a venire in possesso di un crucimorfo fa la stessa fine dei Bikura.

Annuii. Intere generazioni avevano tentato di rubare l’immortalità. Prima che la Pax isolasse l’altopiano, gli avventurieri contrabbandavano crucimorfi. Altri simbionti erano stati rubati alla Chiesa stessa. Il risultato era stato sempre uguale: idiozia e asessualità. Solo la Chiesa possedeva il segreto della risurrezione ben riuscita.

— E allora? — dissi.

— E allora perché la devozione alla Chiesa e il pagamento di una tassa ogni decimo anno di servizio sono stati per te, ragazzo mio, un prezzo troppo alto? Miliardi di persone hanno scelto la vita.

Rimasi in silenzio per qualche istante. Alla fine dissi: — Miliardi di persone possono fare ciò che vogliono. La mia vita è importante per me. Voglio mantenerla… mia!

Perfino io non trovavo molto sensata questa affermazione, ma il poeta annuì di nuovo, come se avessi dato una spiegazione soddisfacente. Mangiò il cigno di cioccolata. Gli androidi portarono via i piatti e servirono il caffè.

— Bene — disse il poeta — hai riflettuto sulla mia proposta?

La domanda era così assurda che fui obbligato a soffocare una risata. — Sì — risposi — ho riflettuto.

— E allora?

— E allora ho alcune domande.

Martin Sileno attese in silenzio.

— Cosa c’è, per me, in questa storia? Lei parla della difficoltà di tornare alla solita vita qui su Hyperion… mancanza di documenti e tutto il resto… ma sa che mi trovo a mio agio in queste zone desolate. Per me sarebbe molto più facile andare nelle paludi e tenermi alla larga dalle autorità della Pax, anziché correre nello spazio, con la sua amica ragazzina a rimorchio. Inoltre, per la Pax sono morto. Potrei tornare a casa nelle brughiere e restare col mio clan senza difficoltà.

Martin Sileno annuì.

Dopo un altro momento di silenzio, dissi: — Allora perché dovrei anche solo prendere in considerazione questa assurdità?

Il vecchio poeta sorrise. — Tu vuoi essere un eroe, Raul Endymion.

Sbuffai, sprezzante e appoggiai le mani sulla tovaglia. Le dita parevano tozze e impacciate, fuori posto su quel raffinato tessuto di lino.

— Tu vuoi essere un eroe — ripeté. — Vuoi essere uno di quei rari esseri umani che fanno la storia, anziché limitarsi a guardarla scorrere come acqua intorno a uno scoglio.

— Non so di cosa parla — replicai. Lo sapevo benissimo, naturalmente, ma non credevo che potesse conoscermi bene fino a quel punto.

— Ti conosco benissimo — disse Martin Sileno. Parve rispondere al mio pensiero, non alle mie parole.

Neppure per un secondo, devo dirlo, pensai che il vecchio fosse telepatico. Per prima cosa, non credo nella telepatia (almeno, a quel tempo non ci credevo) e in secondo luogo ero più incuriosito dal potenziale di un essere umano vissuto quasi mille anni. Diamine, pensai, anche se è pazzo, forse ha imparato a leggere l’espressione facciale e le sfumature fisiche: il risultato non sarebbe molto diverso dalla telepatia.

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