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— Il colonnello Fedmahn Kassad — borbottò il vecchio. Tornò a guardarmi. — Continua.

— Le tre Tombe Grotta…

— Solo la terza Tomba Grotta portava altrove — m’interruppe di nuovo il vecchio. — Nei labirinti su altri mondi. La Pax l’ha sigillata. Continua.

— Non ne ricordo altre… ah, sì, il Palazzo dello Shrike.

Il vecchio mostrò quel suo sorriso a becco di tartaruga. — Non bisogna dimenticare il Palazzo dello Shrike, né il nostro vecchio amico Shrike, giusto? Non ce ne sono altre?

— Non credo — risposi. — No, non ce ne sono.

Il vecchio annuì. — La figlia di Brawne Lamia scomparve dentro una delle tombe. Sai quale?

— No. — Però avevo un sospetto.

— Sette giorni dopo la morte di Brawne, la bambina scrisse un biglietto; poi, nel cuore della notte, entrò nella Sfinge e scomparve. Ricordi dove porta la Sfinge, ragazzo?

— Secondo i Canti, per mezzo della Sfinge Sol Weintraub e sua figlia viaggiarono nel remoto futuro.

— Sì — mormorò il vecchio. — Sol e Rachel e pochissimi altri scomparvero nella Sfinge, prima che la Pax la chiudesse e vietasse l’ingresso nella Valle delle Tombe del Tempo. In quei primi giorni, molti provarono a entrare nella Sfinge, cercando una scorciatoia per il futuro; ma pareva che fosse la Sfinge a scegliere chi poteva percorrere il suo tunnel del tempo.

— E accettò la bambina — dissi.

Il vecchio si limitò a un borbottio d’assenso per l’ovvia deduzione. — Raul Endymion — gracchiò infine — sai cosa sto per chiederti?

— No — risposi. Ma anche stavolta avevo un forte sospetto.

— Devi seguire la mia Aenea — disse il vecchio. — Devi trovarla, devi proteggerla dalla Pax, devi fuggire con lei e… quando sarà cresciuta e sarà diventata ciò che deve diventare… devi trasmetterle un messaggio. Devi dirle che suo zio Martin è in fin di vita e che, se lei desidera parlargli di nuovo, deve tornare a casa.

Soffocai un sospiro. Avevo immaginato che quella vecchissima creatura fosse il poeta Martin Sileno. Tutti conoscevano i Canti e il loro autore. Come fosse sfuggito alle purghe della Pax e come fosse riuscito a vivere in quella zona vietata, era per me un mistero, ma un mistero che non avevo voglia di sondare.

— Vuole — dissi — che vada a nord, nel continente Equus, che mi apra con la forza la strada fra parecchie migliaia di soldati della Pax, che entri in qualche modo nella Valle delle Tombe del Tempo, che m’introduca nella Sfinge, augurandomi d’essere accettato, e che insegua nel remoto futuro quella bambina, che le rimanga attorno per qualche decennio e che poi le dica di tornare indietro nel tempo per farle visita?

Per alcuni momenti ci fu silenzio, rotto solo dai deboli rumori delle apparecchiature che mantenevano in vita Martin Sileno. Le macchine respiravano.

— Non esattamente — disse alla fine il vecchio.

Aspettai che si spiegasse.

— Aenea non è andata in chissà quale remoto futuro — proseguì — ma in un futuro non molto lontano dal nostro tempo attuale. Quando varcò l’ingresso della Sfinge, 247 anni fa, voleva fare un viaggio breve. 262 anni di Hyperion, per la precisione.

— Come lo sa? — domandai. Da ciò che avevo letto, nessuno, neppure gli scienziati della Pax che avevano avuto duecento anni per studiare le tombe sigillate, era in grado di predire quanto lontano nel futuro la Sfinge avrebbe mandato una persona.

— Lo so e basta! — replicò il vecchio. — Non mi credi?

Evitai una risposta diretta. — Allora la bambina… Aenea… uscirà dalla sfinge un giorno di quest’anno.

— Ne uscirà fra quarantadue ore e sedici minuti — precisò il vecchio.

Ammetto d’essere rimasto sorpreso.

— E la Pax sarà lì ad aspettarla — continuò lui. — Anche loro sanno il minuto preciso in cui Aenea emergerà…

Non gli domandai come si fosse procurato l’informazione.

— E la cattura di Aenea è il punto più importante nei programmi della Pax — gracchiò il vecchio poeta. — Sanno che dalla sua cattura dipende il futuro dell’universo.

Ora sapevo che il vecchio poeta soffriva di demenza senile. Il futuro dell’universo non può dipendere da un singolo evento… fin qui ci arrivavo anch’io. Mantenni il silenzio.

— In questo preciso momento, più di trentamila soldati della Pax si trovano nella Valle delle Tombe del Tempo e nei dintorni. Almeno cinquemila sono Guardie Svizzere del Vaticano.

Mi lasciai sfuggire un fischio. Le Guardie Svizzere erano il meglio del meglio, la forza militare meglio addestrata e meglio equipaggiata in tutto l’ambito della Pax. Dieci Guardie Svizzere in alta uniforme avrebbero battuto tutti i diecimila effettivi della Guardia Nazionale di Hyperion. — Così — dissi — ho quarantadue ore per raggiungere Equus, attraversare il mar d’Erba e le montagne, passare in qualche modo sotto il naso di venti o trentamila dei migliori soldati della Pax e portare in salvo la bambina?

— Sì — rispose il vecchio.

Riuscii a non roteare gli occhi. — E poi? Non esiste nascondiglio. La Pax controlla tutto Hyperion, tutte le astronavi, le spaziolance e ogni pianeta di quella che un tempo era l’Egemonia. Se la bambina è davvero così importante, per trovarla rivolteranno Hyperion in lungo e in largo. Anche se in qualche modo potessimo lasciare il pianeta, e non possiamo, non potremmo fuggire da nessuna parte.

— Esiste un modo per lasciare il pianeta — disse il vecchio, con voce stanca. — Per voi è pronta una nave.

Deglutii con forza. Una nave! L’idea di viaggiare per mesi fra le stelle, mentre a casa passavano anni interi, mi toglieva il fiato. Mi ero arruolato nella Guardia Nazionale spinto dall’infantile idea che un giorno avrei fatto parte dell’esercito della Pax e sarei volato fra le stelle. Un’idea davvero sciocca, per un ragazzotto che aveva già deciso di non accettare il crucimorfo.

— Tuttavia — dissi, non del tutto convinto che ci fosse davvero una nave, perché nessun membro della Pax Mercatoria avrebbe mai trasportato dei fuggiaschi — anche se riuscissimo ad arrivare su di un altro pianeta, ci avrebbero in pugno. A meno che lei non ci veda fuggire per nave fino ad accumulare secoli di debito temporale.

— No — disse il vecchio. — Niente secoli. Né decenni. Fuggirete per nave su uno dei più vicini mondi della vecchia Egemonia. Poi seguirete una via segreta. Vedrete gli antichi mondi. Viaggerete sul fiume Teti.

Adesso ero sicuro che il vecchio avesse perduto la ragione. Quando i teleporter avevano smesso di funzionare e le Intelligenze Artificiali del TecnoNucleo avevano abbandonato la razza umana, la Rete dei Mondi e l’Egemonia erano morte nello stesso giorno. La razza umana era ricaduta sotto la tirannia delle distanze interstellari. Attualmente solo le forze militari della Pax, i loro burattini della Mercatoria e gli odiati Ouster sfidavano il buio fra le stelle.

— Vieni qui — disse con voce rauca il vecchio, facendo un gesto a dita sempre rattrappite. Mi sporsi sul basso quadro comandi. Sentii l’odore del vecchio, una vaga mistura di medicinali, di vecchiaia e di qualcosa di simile al cuoio.

Non avevo bisogno di ricordare le storie narrate da Nonna intorno al fuoco da campo per sapere che cosa fosse il fiume Teti e per convincermi che il vecchio era affetto da demenza senile. Tutti conoscevano il fiume Teti. Il fiume e il cosiddetto Grand Concourse erano state due serie di teleporter in continua attività fra i mondi dell’Egemonia. Il Concourse era una via che collegava cento e passa mondi sotto cento e passa soli, aperta a tutti e punteggiata di portali teleporter che non venivano mai chiusi. Il fiume Teti era una via meno frequentata, ma comunque importante per il commercio all’ingrosso e per le innumerevoli barche di piacere che viaggiavano senza fatica da mondo a mondo in quel corso d’acqua davvero unico.

La Caduta della Rete dei Mondi e del suo sistema di teleporter aveva frazionato il Concourse in mille segmenti; per lo stesso motivo, il Teti aveva semplicemente cessato d’esistere: i portali di collegamento erano diventati inutili e l’unico fiume su cento mondi si era riconvertito in cento fiumi più piccoli che non si sarebbero mai più riuniti. Perfino il vecchio poeta seduto davanti a me aveva descritto la morte del Teti. Ricordavo i versi dei Canti, come li recitava Nonna:

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