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— Tanto quanto noi — tuona il cardinale Lourdusamy. — Per questo abbiamo scelto lei per questa missione.

— Missione, Eccellenza? — dice de Soya. Si sente turbinare la mente, teso e confuso.

— Come sempre, servirà la Pax e la Chiesa insieme — dice l’ammiraglio, sporgendosi nella fioca luce. Il pianeta Pacem non ha luna, ma la luce delle stelle è vivida e gli occhi di de Soya si sono adattati. Da qualche parte una piccola campana chiama al Vespro i frati. La luce che proviene dagli edifici del Vaticano si riflette debolmente sulla cupola di S. Pietro.

— Come sempre — interviene il cardinale — farà rapporto alla Chiesa e alle autorità militari. — Esita e lancia un’occhiata all’ammiraglio.

— Qual è la missione, Eccellenza? Ammiraglio? — De Soya non sa bene a chi rivolgersi. Marusyn è il suo più alto superiore, ma in genere gli ufficiali della Pax si rimettono ad alti ufficiali della Chiesa.

Nessuno dei due risponde, però Marusyn rivolge un cenno al capitano Marget Wu, ferma ad alcuni metri di distanza, accanto a una siepe. L’ufficiale della Pax si fa avanti rapidamente e porge a de Soya un olocubo.

— Lo attivi — dice l’ammiraglio Marusyn.

De Soya tocca la parte inferiore del piccolo blocco di ceramica. Sopra il cubo si forma l’immagine di una bambina. De Soya fa ruotare l’immagine, nota i capelli scuri, gli occhi grandi, lo sguardo intenso. La testa e il collo, privi di corpo, sono le cose più luminose nell’oscurità dei Giardini Vaticani. Padre de Soya alza gli occhi e vede il bagliore dell’ologramma riflettersi negli occhi del cardinale e dell’ammiraglio.

— Il suo nome… be’, non siamo sicuri del suo nome… — dice il cardinale Lourdusamy. — Secondo lei, padre, quanti anni dimostra?

De Soya guarda l’immagine, calcola l’età, la converte in anni standard. — Dodici, forse? — prova a indovinare. Non ha avuto molto a che fare con i bambini, dal tempo in cui era anche lui bambino. — Undici? Standard.

Il cardinale Lourdusamy annuisce. — Ne aveva undici, su Hyperion, quando scomparve, più di 260 anni standard fa, Padre.

De Soya guarda di nuovo l’ologramma. Allora, pensa, la bambina probabilmente è già morta (non riesce a ricordare se 277 anni fa la Pax aveva già portato su Hyperion il sacramento della risurrezione) oppure è diventata adulta ed è rinata. Si domanda perché gli mostrino l’ologramma di una persona al tempo in cui era bambina, secoli fa. Rimane in silenzio.

— Quella bambina è la figlia di tale Brawne Lamia — dice l’ammiraglio Marusyn. — Il nome significa niente per lei, Padre?

Qualcosa significa, riflette de Soya, ma al momento non riesce a inquadrarlo. Poi ricorda i Canti e la donna che in quel poema prese parte al pellegrinaggio.

— Sì — risponde. — Ricordo quel nome. Era uno dei sei che fecero con Sua Santità l’ultimo pellegrinaggio prima della Caduta.

Il cardinale Lourdusamy si sporge più vicino e intreccia sul ginocchio le mani grassocce. La sua tunica, dove la luce dell’ologramma la tocca, è di un rosso acceso. — Brawne Lamia ha avuto rapporti sessuali con un abominio — tuona il cardinale. — Un cìbrido. Un individuo donato, la cui mente era un’Intelligenza Artificiale residente nel TecnoNucleo. Ricorda la storia e il poema all’indice?

Padre de Soya batte le palpebre, sorpreso. Possibile che l’abbiano condotto lì nel Vaticano per punirlo perché da ragazzo ha letto i Canti? Vent’anni fa ha confessato il peccato, ha fatto penitenza; da allora non ha più letto quel libro proibito. Arrossisce.

Il cardinale ridacchia. — Non ha niente di cui preoccuparsi, figliolo. Tutti nella Chiesa hanno commesso quel particolare peccato. La curiosità è troppo grande, l’attrazione per il proibito è troppo forte… Abbiamo letto tutti quel poema all’indice. Ricorda che la donna Brawne Lamia ha avuto una relazione carnale col cìbrido di John Keats?

— Vagamente — risponde de Soya e si affretta a soggiungere: — Eccellenza.

— Sa chi era John Keats, figliolo?

— No, Eccellenza.

— Era un poeta pre-Egira — spiega il cardinale, con quella sua voce tonante. In alto, le code di frenata di plasma azzurrino di tre navette della Pax tagliano il cielo stellato. Il Padre Capitano de Soya non ha bisogno di guardarle, per riconoscere la fattura e l’armamento di quelle navi. Non si sorprende di non avere ricordato i particolari del nome del poeta citato nei Canti proibiti: anche da bambino, ha sempre avuto più interesse per letture riguardanti le macchine e le grandi battaglie spaziali, non le opere precedenti l’Egira, soprattutto di poesia.

— La donna di quel poema blasfemo, Brawne Lamia, non solo ha avuto rapporti sessuali con l’abominio cìbrido — continua il cardinale — ma ha anche messo al mondo la figlia di quella creatura.

De Soya inarca il sopracciglio. — Non sapevo che i cìbridi… voglio dire… pensavo che fossero… ah…

Il cardinale Lourdusamy ridacchia. — Sterili? — dice. — Come gli androidi? No… Le turpi IA hanno donato quell’uomo. E quell’uomo ha fecondato questa figlia di Eva.

De Soya annuisce, anche se tutti quei discorsi su cìbridi e androidi potrebbero, per quanto lo riguarda, riferirsi a grifoni e a unicorni. Creature esistite un tempo. Che lui sappia, nessuna di esse potrebbe esistere oggi. Con la mente corre all’impazzata, cercando d’immaginare quale rapporto possano avere con lui tutti quei discorsi su poeti defunti e donne gravide.

Come in risposta alla domanda inespressa di de Soya, l’ammiraglio Marusyn interviene: — Quella figlia, Capitano, è la bambina di cui ha davanti agli occhi l’immagine. Dopo la distruzione dell’abominio cìbrido, Brawne Lamia partorì su Hyperion quella bambina.

— Non era del tutto… umana — mormora il cardinale Lourdusamy. — Il corpo di suo… padre… il cìbrido Keats… fu distrutto, ma la sua personalità IA fu conservata in un disco d’iterazione Schrön.

Anche l’ammiraglio Marusyn si sporge verso de Soya, come se nessun altro dovesse udire quell’informazione. — Crediamo che la bambina abbia comunicato con la personalità Keats nel disco d’iterazione Schrön addirittura prima di nascere — dice sottovoce. — Siamo quasi certi che quel… feto… era in contatto con il TecnoNucleo tramite il cìbrido.

De Soya ha l’impulso di farsi il segno di croce e lo soffoca. Le letture, l’istruzione e la fede gli hanno insegnato che il TecnoNucleo era il male incarnato, la più attiva manifestazione del Maligno nella moderna storia umana. La distruzione del TecnoNucleo è stata la salvezza non solo della tormentata Chiesa, ma della stessa razza umana. De Soya cerca d’immaginare che cosa un’anima umana non ancora nata imparerebbe dal diretto contatto con quelle intelligenze prive d’anima e di corpo.

— La bambina è pericolosa — mormora il cardinale Lourdusamy. — Anche se con la Caduta dei teleporter il TecnoNucleo è stato messo al bando, anche se la Chiesa non permette più a macchine prive d’anima d’avere una vera intelligenza, quella bambina è stata programmata come agente delle IA cadute… agente del Maligno.

De Soya si sfrega la guancia. A un tratto si sente stanchissimo. — Lei parla come se la bambina fosse ancora viva — dice a bassa voce. — E ancora bambina.

Il cardinale Lourdusamy cambia posizione, con un fruscio della tonaca di seta. Usa un tono baritonale, minaccioso e sinistro. — Infatti è viva — dice. — Ed è ancora bambina.

De Soya guarda l’ologramma librato fra loro. Tocca il cubo e spegne l’immagine. — Magazzinaggio criogenico? — domanda.

— Su Hyperion ci sono le Tombe del Tempo — tuona Lourdusamy. — Una di esse, detta Sfinge, che forse ricorderà dal poema o dalla storia della Chiesa, è stata usata come portale per andare avanti nel tempo. Nessuno sa come funzioni. Per molti non funziona affatto. — Lancia un’occhiata all’ammiraglio e torna a guardare il prete capitano. — 264 anni standard fa, la bambina scomparve nella Sfinge. Già allora sapevamo che era pericolosa per la Pax, ma arrivammo con qualche giorno di ritardo. Da fonte attendibile sappiamo che emergerà da quella tomba fra meno d’un mese… tuttora bambina. Rappresenta un pericolo micidiale per la Pax.

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