L'agente scrollò le spalle. — Già. Ma da lì non le sarà permesso rientrare.
— Va bene lo stesso. Posso prendere quella piccola barca?
L'agente bisbigliò nel microfono a goccia e annuì. — Vada pure.
Salii cautamente sulla barca, mi sedetti sulla panca posteriore e mi ressi alle falchette finché il dondolio non smise; toccai il diskey di potenza e dissi: — Parti.
I jet elettrici ronzarono, la piccola lancia tolse gli ormeggi e puntò il muso nel fiume; indicai di risalirlo.
Non sapevo che una parte del fiume Teti fosse isolata, ma ora vedevo chiaramente che la cortina del teleporter era una membrana semipermeabile unidirezionale. La barca l'attraversò ronzando; mi scrollai di dosso la sensazione di formicolio e mi guardai intorno.
Mi trovavo in una delle grandi città lagunari — Ardmen, o forse Pamolo — di Vettore Rinascimento. Lì il Teti era la via principale, dalla quale si dipartivano parecchi affluenti. Normalmente, il traffico fluviale era composto solo di gondole di turisti nelle corsie esterne e di yacht e di spazioanfibi dei ricchissimi nelle corsie centrali. Quel giorno era un manicomio.
Imbarcazioni di ogni forma e grandezza intasavano nei due sensi i canali centrali. Sulle case galleggianti c'erano pile di masserizie, le imbarcazioni più piccole erano così cariche da far pensare che una piccolissima ondata o una scia le avrebbe capovolte. Centinaia di giunche ornamentali di Tsingtao-Hsishuang Panna e di condom-chiatte fluviali di Fuji rivaleggiavano per una fetta di fiume; immaginai che ben poche di quelle imbarcazioni residenziali avessero lasciato gli ormeggi in precedenza. Fra la confusione di legno, di plastacciaio e di perspex, gli spazioanfibi si muovevano come uova d'argento, con il campo di contenimento regolato sulla massima riflessione.
Interrogai la sfera dati: Vettore Rinascimento era un mondo della seconda ondata, centosette ore dall'invasione. Mi parve strano che profughi di Fuji affollassero qui le vie d'acqua, dal momento che quel mondo aveva più di duecento ore di tempo, prima che la scure calasse; ma poi capii che, a parte la rimozione di TC2 dal fiume, il Teti scorreva ancora lungo la solita serie di mondi. Profughi di Fuji avevano preso il fiume da Tsingtao, trenta ore dagli Ouster, attraverso Deneb Drei a 147 ore, attraverso Vettore Rinascimento, verso Parsimony oppure Grass, tutti e due non minacciati, al momento. Scossi la testa, trovai un corso d'acqua tributario relativamente tranquilla da dove guardare la folla, e mi chiesi quando le autorità avrebbero cambiato il corso del fiume in modo che tutti i mondi minacciati scorressero verso la salvezza.
"Potranno farlo?" mi domandai. Il TecnoNucleo aveva installato il fiume Teti come dono all'Egemonia in occasione del Quinto Centenario. Ma senz'altro Gladstone o altri avevano pensato di chiedere al Nucleo aiuto per l'evacuazione. "L'avranno chiesto?" mi domandai. E il Nucleo sarebbe stato disposto ad aiutare? Gladstone era convinta che elementi del Nucleo intendevano eliminare la razza umana… la guerra, vista l'alternativa, era stata per Gladstone la scelta di Hobson. Quale semplice mezzo di portare a termine il proprio programma, per gli elementi del Nucleo contrari alla razza umana! Il semplice rifiuto di evacuare i miliardi di individui minacciati dagli Ouster!
Avevo sorriso, anche se amaramente; ma il sorriso svanì, quando mi resi conto che il TecnoNucleo curava la manutenzione e controllava la griglia teleporter da cui anch'io dipendevo per uscire dai territori minacciati.
Avevo legato la lancia alla base di una scala di pietra che scendeva nell'acqua salmastra. Le pietre inferiori erano coperte di muschio verde. I gradini — forse portati dalla Vecchia Terra, dal momento che alcune città classiche erano state trasferite via teleporter su altri pianeti, nei primi anni dopo il Grande Errore — erano consunti e mostravano una rete di crepe sottili che univano puntini scintillanti, come in una rappresentazione schematica della Rete dei Mondi.
Faceva molto caldo e l'aria era troppo densa, troppo pesante. Il sole di Vettore Rinascimento era basso, sopra le torri dal tetto a due spioventi. La luce era troppo rossa e troppo sciropposa per i miei occhi. Il frastuono proveniente dal Teti assordava anche lì, cento metri in fondo all'equivalente di un vicolo. Piccioni svolazzavano agitati fra muri scuri e gronde sporgenti.
"Cosa posso fare?" Tutti parevano comportarsi come se il mondo scivolasse verso la distruzione e il meglio che mi riusciva di fare era andarmene in giro senza meta.
"Questo è il suo compito. Lei è un osservatore."
Mi strofinai gli occhi. Chi aveva detto che i poeti dovevano essere osservatori? Pensai a Li Po e a George Wu, che guidavano il proprio esercito attraverso la Cina e scrivevano alcune delle più sensibili poesie della storia, mentre i soldati dormivano. E se non altro Martin Sileno aveva vissuto una vita lunga e piena d'eventi, anche se metà di quegli eventi era oscena e l'altra metà sterile.
Al pensiero di Martin Sileno, mi lasciai sfuggire un gemito.
"In questo momento anche la piccola Rachel penzola da un albero di spine?"
Per un secondo soppesai il pensiero e mi domandai se una simile sorte fosse preferibile alla rapida estinzione dovuta al morbo di Merlino.
"No."
Chiusi gli occhi, mi concentrai per non pensare a niente, con la speranza di stabilire contatto con Sol, di scoprire quale fosse stata la sorte di sua figlia.
La piccola imbarcazione dondolò dolcemente sotto la spinta di una scia lontana. In alto, i colombi volarono sopra un cornicione e tubarono fra loro.
— Me ne frego, delle difficoltà! — urla Meina Gladstone. — Voglio che tutta la flotta del sistema di Vega difenda Porta del Paradiso. Poi sposti gli elementi necessari su Bosco Divino e sugli altri mondi minacciati. L'unico nostro vantaggio, in questo momento, è la mobilità!
La faccia dell'ammiraglio Singh è nera di rabbia repressa. — Troppo pericoloso, signora! — ribatte l'ammiraglio. — Se muoviamo la flotta direttamente nello spazio di Vega, corriamo il terribile rischio che sia tagliata fuori. Gli Ouster tenteranno senza dubbio di distruggere la sfera d'anomalia che collega alla Rete quel sistema.
— Proteggetela! — sbotta Gladstone. — Le costose navi da guerra servono proprio a questo.
Singh lancia un'occhiata a Morpurgo e agli altri pezzi grossi, in cerca d'aiuto. Nessuno apre bocca. Il gruppo si trova nella Sala di Guerra del complesso esecutivo. Le pareti sono piene di olografie e di colonne di dati in rapido scorrimento. Nessuno le guarda.
— Occorrono tutte le nostre risorse, per proteggere la sfera d'anomalia nello spazio di Hyperion — dice l'ammiraglio Singh, a voce bassa, staccando con cura le parole. — La ritirata sotto il fuoco, soprattutto sotto l'assalto dell'intero Sciame, è molto difficile. Se la sfera andasse distrutta, la nostra flotta si troverebbe a diciotto mesi di debito temporale dalla Rete. Prima che possa essere di ritorno, la guerra sarebbe perduta.
Gladstone annuisce seccamente. — Non chiedo di rischiare la sfera d'anomalia prima che tutti gli elementi della flotta siano stati teleportati, ammiraglio… ho già accettato di lasciare che prendano Hyperion prima che tutte le nostre navi escano dal sistema… ma, ripeto, non dobbiamo cedere mondi della Rete senza combattere.
Il generale Morpurgo si alza. Il lusiano sembra già esausto. — Signora, combatteremo di sicuro. Ma è molto più ragionevole iniziare le difese su Hebron o su Vettore Rinascimento. Non solo acquistiamo quasi cinque giorni per prepararci, ma…
— Ma perdiamo nove mondi! — lo interrompe Gladstone. — Miliardi di cittadini dell'Egemonia! Esseri umani. Porta del Paradiso sarebbe una perdita terribile, ma Bosco Divino è un tesoro culturale ed ecologico. Insostituibile.