PARTE TERZA
31
Mi svegliai e non fui contento che mi avessero svegliato.
Mi girai, socchiusi gli occhi e imprecai all'improvvisa invasione di luce; Leigh Hunt, seduto sull'orlo del letto, reggeva ancora in mano un iniettore aerosol.
— Ha preso pillole di sonnifero sufficienti a tenerla a letto tutto il giorno — disse. — Si alzi e scenda.
Mi tirai a sedere, mi strofinai la barba di un giorno, guardai nella direzione di Hunt. — Chi diavolo le ha dato il diritto di entrare nella mia stanza? — Per lo sforzo di parlare, cominciai a tossire e non mi fermai finché Hunt non tornò dal bagno portando un bicchiere d'acqua.
— Tenga.
Bevvi, cercando inutilmente di mostrarmi furibondo e offeso, fra uno spasmo di tosse e l'altro. Brandelli di sogno svanirono come nebbia mattutina. Un terribile senso di perdita scese su di me.
— Si vesta — disse Hunt, restando in piedi. — Il PFE vuole vederla fra venti minuti. Mentre dormiva, sono accadute diverse cose.
— Quali? — Mi strofinai gli occhi e mi passai le dita fra i capelli arruffati.
Hunt sorrise di storto. — Si colleghi alla sfera dati. Poi scenda al più presto possibile nell'ufficio di Gladstone. Venti minuti, Severn. — Uscì dalla camera.
Mi collegai alla sfera dati. Un modo di visualizzare il punto d'entrata nella sfera dati è quello di immaginare una zona a turbolenza variabile dell'oceano della Vecchia Terra. I giorni normali tendevano a mostrare un mare placido con interessanti disegni di increspature. Le crisi mostravano mare mosso e creste di onde. Oggi era in corso un uragano. L'entrata era ritardata su ogni via d'accesso, la confusione regnava nei frangenti degli impulsi di aggiornamento, la matrice piano dati era impazzita con cambiamenti di deposito e trasferimenti di credito; e la Totalità, di solito un ronzio multistrato di notizie e di dibattiti politici, era un vento furioso di confusione, referendum abbandonati e obsoleti stampi di posizione soffiati via come brandelli di nuvole.
— Sant'Iddio — mormorai, interrompendo il contatto ma sentendo la pressione dell'ondata di notizie premermi ancora sui circuiti impiantati e sul cervello. Guerra. Attacco di sorpresa. Imminente distruzione della Rete. Proposte di incriminare Gladstone. Sommosse su decine di mondi. Ribellione del Culto Shrike, su Lusus. La flotta della FORCE in ritirata dal sistema di Hyperion con una disperata azione di retroguardia, ma troppo tardi, troppo tardi. Hyperion già sotto attacco. Timore di incursioni via teleporter.
Mi alzai, corsi a farmi la doccia e il bagno di ultrasuoni, a tempo record. Hunt o qualcun altro mi aveva preparato un abito formale grigio con mantello; mi vestii in fretta, mi pettinai all'indietro i capelli bagnati e dei riccioli umidi mi ricaddero sul colletto.
Non andava bene far attendere il Primo Funzionario Esecutivo dell'Egemonia dell'Uomo. Oh, no, non andava bene affatto.
— Era ora che arrivasse — disse Meina Gladstone, quando entrai nelle sue stanze private.
— Che cazzo ha combinato? — replicai, brusco.
Gladstone batté le palpebre. Evidentemente il PFE dell'Egemonia dell'Uomo non era abituata a sentirsi apostrofare in quel tono. "Merda" pensai.
— Ricordi chi è e con chi parla — disse freddamente Gladstone.
— Non so chi sono. E forse parlo con il più grande assassino di massa dai tempi di Horace Glennon-Height. Perché diavolo ha permesso che questa guerra scoppiasse?
Di nuovo Gladstone batté le palpebre e si guardò intorno. Eravamo soli. Il salotto era lungo e piacevolmente buio; alle pareti erano appese opere d'arte della Vecchia Terra. In quel momento non mi sarebbe importato nemmeno di trovarmi in una stanza piena di Van Gogh originali. Fissai Gladstone: il viso alla Lincoln era semplicemente la faccia di una donna anziana, nella scarsa luce che filtrava dalle persiane. Il PFE mi restituì lo sguardo per un momento, poi lo distolse di nuovo.
— Mi scusi — dissi bruscamente, senza traccia di scusa nella voce.
— Lei non ha permesso che scoppiasse la guerra, l'ha fatta scoppiare, vero?
— No, Severn, non l'ho fatta scoppiare. — La voce di Gladstone era smorzata, quasi un bisbiglio.
— Si spieghi. — Camminai avanti e indietro sotto le alte finestre, guardando la luce delle persiane muoversi su di me come strisce dipinte. — E non sono Joseph Severn — aggiunsi.
Inarcò il sopracciglio. — Devo chiamarla signor Keats?
— Mi chiami Nessuno. Così, quando arriveranno gli altri ciclopi, potrà dire che Nessuno l'ha accecata, e loro se ne andranno dicendo che è il volere degli dèi.
— Intende accecarmi?
— In questo momento le torcerei il collo e me ne andrei senza un briciolo di rimorso. Milioni di persone moriranno, prima che termini la settimana. Come ha potuto permetterlo?
Gladstone si toccò il labbro inferiore. — Il futuro si dirama in due sole direzioni — disse a bassa voce. — La guerra e l'incertezza totale, oppure la pace e l'assoluta certezza dell'annichilimento. Ho scelto la guerra.
— Chi lo dice? — Ora nella mia voce c'era più curiosità che rabbia.
— È un fatto. — Diede un'occhiata al comlog. — Fra dieci minuti devo essere in Senato per dichiarare la guerra. Mi informi delle ultime novità sui pellegrini di Hyperion.
Incrociai le braccia e la fissai. — Solo se mi promette di fare una cosa.
— Se posso.
Esitai. Nessuna leva dell'universo avrebbe indotto quella donna a firmare un assegno in bianco. — E va bene — dissi. — Voglio che si metta in contatto con Hyperion, che annulli la quarantena in cui ha messo la nave del Console e che mandi qualcuno lungo l'Hoolie a cercare il Console stesso. Si trova a circa centotrenta chilometri dalla capitale, sopra le chiuse Karla. Forse è ferito.
Gladstone si grattò il labbro. — Manderò qualcuno a cercarlo. La revoca della quarantena dipende da quel che mi racconterà. Gli altri sono vivi?
Mi strinsi nel mantello e mi lasciai cadere sul divano, di fronte a lei. — Alcuni.
— La figlia di Byron Lamia? Brawne?
— Lo Shrike l'ha presa. Per un poco è rimasta priva di conoscenza, collegata alla sfera dati da una sorta di shunt neurale. Ho sognato… si librava da qualche parte, riunita alla persona/impianto della prima personalità ricuperata Keats. Stavano per entrare nella sfera dati… nella megasfera, a dire il vero: connessioni col Nucleo e dimensioni che nemmeno sognavo, oltre alla sfera dati accessibile.
— È viva, al momento? — Gladstone si sporse, con espressione intensa.
— Non so. Il corpo è scomparso. Sono stato risvegliato prima di vedere la sua personalità entrare nella megasfera.
Gladstone annuì. — E il colonnello?
— Kassad è stato portato in un luogo imprecisato da Moneta, la femmina umana che pare risiedere nelle Tombe, mentre queste viaggiano nel tempo. L'ultima volta che l'ho visto, assaliva a mani nude lo Shrike. O meglio, gli Shrike: ce n'erano migliaia.
— È sopravvissuto?
Allargai le mani. — Non so. Erano sogni. Frammenti. Spizzichi di percezione.
— Il poeta?
— Sileno è stato portato via dallo Shrike. Impalato sull'albero di spine. Ma in seguito l'ho visto di sfuggita, nel sogno di Kassad. Sileno era ancora vivo. Non so come.
— Allora l'albero di spine è reale, non semplice propaganda del Culto Shrike?
— Oh, sì, è reale.
— E il Console se n'è andato? Ha cercato di tornare alla capitale?
— Con il tappeto Hawking di sua nonna. Ha funzionato bene, fino a un punto nei pressi delle chiuse Karla. Tappeto e Console sono caduti nel fiume. — Anticipai la domanda seguente. — Non so se sia sopravvissuto.
— E il prete? Padre Hoyt?
— Il crucimorfo l'ha riportato in vita come padre Duré.
— È davvero padre Duré? O un duplicato privo d'intelligenza?