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— Sì.

— E cos'altro ti ha detto, il sogno? — sbottò l'ammiraglio.

— Che il Nucleo non ha più bisogno della Rete. E neppure della Rete umana. Continueranno a risiedere lì, come topi nei muri, ma gli occupanti originari non serviranno più. L'Intelligenza Finale si assumerà la maggior parte dei compiti di calcolo.

Singh si girò a guardarla in viso. — Sei pazza, Meina. Completamente pazza.

Gladstone si mosse rapidamente ad afferrare per il braccio l'ammiraglio, prima che questi attivasse il teleporter. — Kushwant, per favore, dammi retta…

Singh estrasse dalla veste una pistola di ordinanza a fléchettes e la puntò contro il petto della donna. — Mi spiace, signora. Ma io sono al servizio dell'Egemonia e…

Gladstone si portò la mano alla bocca e arretrò di un passo. L'ammiraglio Singh si bloccò, per un secondo la fissò senza vederla, poi cadde sull'erba. La pistola a fléchettes rotolò per terra.

Morpurgo la raccolse e se l'infilò nella cintura, prima di riporre nel fodero la neuroverga che impugnava.

— L'hai ucciso — disse il PFE. — Se non avesse collaborato, l'avrei abbandonato qui. Isolato su Kastrop-Rauxel.

— Non potevamo correre il rischio — disse il generale, tirando il cadavere lontano dal teleporter. — Tutto dipende dalle prossime ore.

Gladstone guardò il vecchio amico. — Sei disposto ad andare fino in fondo?

— Dobbiamo farlo. Sarà la nostra ultima possibilità di liberarci del giogo dell'oppressione. Darò subito il via e trasmetterò di persona gli altri ordini sigillati. Occorrerà gran parte della flotta…

— Dio mio — mormorò Meina Gladstone, guardando il cadavere dell'ammiraglio Singh. — Faccio tutto questo sulla base di un sogno.

— A volte — disse il generale Morpurgo, prendendole la mano — i sogni sono l'unica cosa che ci distingue dalle macchine.

44

La morte, ho scoperto, non è un'esperienza piacevole. Lasciare le ben note stanze in Piazza di Spagna e il corpo che si raffredda rapidamente è come essere spinti nella notte da un incendio e da un'alluvione, abbandonando il familiare tepore della propria casa. Lo choc e il senso di spiazzamento sono notevoli. Scagliato a capofitto nella metasfera, provo lo stesso senso di vergogna e di improvvisa, goffa rivelazione che tutti abbiamo avuto nei nostri sogni accorgendoci di avere dimenticato di vestirci e di trovarci, nudi, in un luogo pubblico o in una riunione sociale.

Nudo è la parola esatta, ora, mentre cerco di dare una certa forma alla mia personalità analoga a brandelli. Riesco a concentrarmi quanto basta per sagomare questa nube elettronica quasi casuale di ricordi e di associazioni in un ragionevole simulacro dell'essere umano che sono stato… o almeno dell'essere umano del quale ho condiviso i ricordi.

Il signor John Keats, un metro e cinquanta.

La metasfera è un luogo non meno spaventoso di prima… peggiore, adesso che non ho rifugio mortale in cui fuggire. Sagome enormi si muovono dietro orizzonti tenebrosi, rumori echeggiano nel Vuoto Legante come passi su piastrelle in un castello abbandonato. Sotto e dietro ogni cosa c'è un continuo e snervante brontolio come di ruote di carro su una strada di ardesia.

Povero Hunt. Sono tentato di torn re da lui, balzare fuori come il fantasma di Marley e rassicurarlo che sto meglio di quanto non sembri; ma la Vecchia Terra è un posto pericoloso per me, in questo preciso momento: la presenza dello Shrike arde nel piano dati della metasfera locale come fiamma su velluto nero.

Il Nucleo mi chiama con forza maggiore, ma è anche più pericoloso. Ricordo che Ummon ha distrutto davanti a Brawne Lamia l'altro Keats… stringendo a sé la personalità analoga fino a farla semplicemente dissolvere, a far liquefare come limaccia sotto sale la basilare memoria del Nucleo dell'uomo.

No, grazie.

Ho preferito la morte alla divinità, ma ho dei lavori da portare a termine, prima di dormire.

La metasfera mi spaventa, il Nucleo mi spaventa maggiormente, i tunnel tenebrosi delle anomalie della sfera dati, dove devo viaggiare, mi atteriscono fino al midollo analogo. Ma non c'è rimedio.

Plano nel primo cono nero, vi turbino intorno come una metaforica foglia in un mulinello fin troppo reale, emergo nel giusto piano dati, ma sono troppo intontito e disorientato per fare altro che restarmene lì… visibile a qualsiasi IA del Nucleo che acceda ai gangli di lavoro ROM o a qualsiasi routine di fagi residente nelle fessure viola di ognuna di queste catene montuose di dati; ma il caos del TecnoNucleo mi salva: le grandi personalità del Nucleo sono troppo impegnate ad assediare le loro personali mura di Troia, per tenere di occhio la porta posteriore.

Trovo i codici di accesso alla sfera dati che volevo e i cordoni ombelicali sinaptici che mi occorrono; è lavoro di un microsecondo, seguire vecchi sentieri giù fino a Tau Ceti Centro, alla Casa del Governo, alla clinica interna, ai sogni indotti dalle medicine di Paul Duré.

L'unica cosa che la mia personalità sa fare particolarmente bene è sognare; scopro quasi per caso che i miei ricordi della gita in Scozia formano un piacevole paesaggio in cui convincere il prete a fuggire. Come inglese e libero pensatore, un tempo mi ero opposto a qualsiasi cosa sapesse di papismo, ma a favore dei gesuiti bisogna dire una cosa: insegnano loro l'ubbidienza anche al di sopra della logica; e per una volta questo rende un buon servizio a tutta la razza umana. Duré non chiede spiegazioni, quando gli dico di andare: si sveglia come un bravo bambino, si avvolge in una coperta e va.

Meina Gladstone mi considera Joseph Severn, ma accetta il mio messaggio come se le fosse trasmesso da Dio. Voglio dirle che no, non sono io, l'Uno; sono solo Colui Che Viene Prima; ma il messaggio è ciò che conta, così lo trasmetto e me ne vado.

Passando attraverso il Nucleo nella mia strada per la metasfera di Hyperion, colgo la zaffata di metallo bruciato della guerra civile e scorgo una grande luce che potrebbe essere benissimo Ummon nel processo di essere eliminato. Il vecchio Maestro, se lo è davvero, non cita koan mentre muore, ma urla per l'atroce sofferenza, con la stessa sincerità di qualsiasi entità cosciente sul punto di essere data in pasto ai forni.

Mi affretto.

La connessione teleporter con Hyperion è a dir poco tenue: un singolo portale militare e una singola Balzonave danneggiata, in un perimetro sempre più piccolo di navi dell'Egemonia rovinate dalla guerra. La sfera di contenimento dell'anomalia non può essere protetta dagli attacchi Ouster più a lungo di qualche altro minuto. La nave torcia dell'Egemonia che porta la neurobomba del Nucleo si prepara a teleportarsi nel sistema già mentre arrivo e trovo posizione nel limitato livello sfera dati che mi consente di osservare. Mi soffermo a guardare che cosa accadrà dopo.

— Cristo — disse Melio Arundez — Meina Gladstone mantiene la parola, con una raffica di priorità uno.

Theo Lane si unì a lui per guardare i dati prioritari annebbiare l'aria al di sopra della piazzuola di proiezione. Il Console scese la scala a chiocciola di ferro battuto che portava nella camera da letto dove era andato a rimuginare. — Un altro messaggio da TC2? — domandò, brusco.

— Non diretto a noi specificamente — disse Theo, leggendo i codici rossi a mano a mano che si formavano e svanivano. — È una trasmissione astrotel a priorità assoluta, indirizzata a chiunque, in qualsiasi luogo.

Arundez si lasciò cadere sui cuscini della piazzuola. — Una cosa sbagliatissima. Il PFE ha mai trasmesso su banda totale?

— Mai — disse Theo Lane. — L'energia necessaria solo per codificare una raffica del genere è incredibile.

Il Console si avvicinò e indicò i codici che svanivano. — Non è una raffica. Guardate, è una trasmissione in tempo reale.

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