— Non farlo. È un augurio di buona fortuna per il viaggio.
Il Console scosse la testa, abbracciò Brawne, strinse la mano agli altri, prese l'ascensore per salire a bordo. Brawne e gli altri tornarono a piedi al terminal.
Non c'erano nuvole, nel cielo color lapislazzuli di Hyperion. Il sole dipingeva di tonalità intense i lontani picchi della Briglia e prometteva calore per il giorno a venire.
Senza girarsi Brawne diede un'occhiata alla Città dei Poeti e alla valle più avanti. La cima delle Tombe più alte si scorgeva appena. Un'ala della Sfinge rifletté la luce.
Con poco rumore e appena un accenno di calore, la nave color ebano del Console si alzò su una colonna di fiamma azzurra e puntò al cielo. Brawne cercò di ricordare le poesie appena lette e i versi finali della più lunga e più bella opera incompiuta del suo amato.
Presto s'avventò il brillante Hyperion;
le vesti di fiamma allungate oltre i talloni,
e diede un ruggito, come di fuoco terreno,
che spaventò le meschine eteree Ore,
e fece tremare le loro ali di colomba. Sfolgorò ancora…
Brawne sentì il vento caldo tirarle i capelli. Alzò il viso verso il cielo e agitò il braccio, senza cercare di nascondere o di asciugare le lacrime, continuò a salutare con forza, ora che la splendida nave puntava la prua e saliva al cielo, con la sua vivida scia di fiamma azzurra e, come un urlo distante, creava un improvviso bang sonico che increspò il deserto ed echeggiò contro i picchi lontani.
Brawne non cercò di trattenere le lacrime e salutò di nuovo e continuò ad agitare il braccio al Console che partiva e al cielo e ad amici che non avrebbe più rivisto e a una parte del proprio passato e alla nave che s'innalzava come una perfetta freccia di ebano scagliata dall'arco di un dio.
Sfolgorò ancora…
FINE