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— Continuerai il tuo poema? — domandò Sol.

— L'ho terminato, là sull'albero — rispose Sileno. — E ho scoperto un'altra cosa, Sol.

Lo studioso inarcò il sopracciglio.

— Ho imparato che i poeti non sono Dio, ma se c'è un Dio… o qualcosa che si avvicini a un Dio… questo è un poeta. E un poeta fallito, nella fattispecie.

La piccola Rachel fece il ruttino.

Martin Sileno sorrise e strinse la mano di Sol ancora una volta.

— Fagli vedere, lassù, Weintraub. Di' a tutti che sei il loro bis-bis-bis-bis-bisnonno e che se non si comportano bene gli lisci il pelo.

Sol annuì e passò a Brawne Lamia. — Ti ho vista conferire con il terminale medico della nave — disse. — Tutto a posto, per te e per il figlio che aspetti?

Brawne sorrise. — Tutto a posto.

— Maschio o femmina?

— Femmina.

Sol la baciò sulla guancia. Brawne gli toccò la barba e girò il viso per nascondere lacrime sconvenienti a un'ex investigatrice privata.

— Le femmine danno un mucchio di fastidi — disse Sol, districando le piccole dita di Rachel dalla barba e dai ricci di Brawne.

— Scambia la tua con un maschio, alla prima occasione.

— D'accordo — disse Brawne, scostandosi.

Sol strinse ancora la mano al Console, a Theo e a Melio, si mise in spalla lo zaino, mentre Brawne reggeva la piccina, poi prese in braccio Rachel. — Una caduta di tono davvero notevole, se quest'affare non funziona e mi ritrovo a vagare nell'interno della Sfinge — disse.

Il Console diede un'occhiata di traverso alla porta luminosa.

— Funzionerà. Anche se non so come. Non credo che sia una sorta di teleporter.

— Un cronoporter — azzardò Sileno e alzò il braccio per parare il colpo di Brawne. Arretrò di un passo, si strinse nelle spalle. — Se continua a funzionare, Sol, ho la sensazione che non sarai solo, lassù. Migliaia di persone ti raggiungeranno.

— Se la Commissione Paradossi lo permetterà — disse Sol, tirandosi la barba come sempre faceva quando pensava ad altro. Batté le palpebre, cambiò posizione allo zaino e alla piccola Rachel, mosse un passo. Questa volta i campi di forza provenienti dalla porta spalancata lo lasciarono avvicinare.

— Arrivederci a tutti! — gridò Sol. — Perdio, ne valeva la pena, no? — Si girò verso la luce. Lui e la piccina scomparvero.

Ci fu un silenzio che confinava con il vuoto e che si protrasse per diversi minuti. Alla fine, in tono quasi imbarazzato, il Console disse: — Torniamo sulla nave?

— Per noi comuni mortali, manda giù l'ascensore — disse Martin Sileno. — La signora Lamia camminerà in aria.

Brawne lanciò un'occhiata di fuoco al piccolo poeta.

— Ritiene che sia stata una cosa predisposta da Moneta? — disse Arundez, riferendosi a un'ipotesi avanzata in precedenza da Brawne.

— Per forza — rispose Brawne. — Un pizzico di scienza futura o qualcosa del genere.

— Ah, sì — sospirò Martin Sileno. — Scienza futura… frase tipica di chi è troppo timido per riconoscersi superstizioso. L'alternativa, mia cara, è che tu abbia sempre avuto il potere, mai usato fino a quel momento, di levitare e di mutare i mostri in orchi di fragile vetro.

— Chiudi il becco — disse Brawne, senza più traccia di affetto, nel tono. Guardò da sopra la spalla. — Chi ti dice che un altro Shrike non compaia da un momento all'altro?

— Già, chi? — convenne il Console. — Ho idea che avremo sempre uno Shrike, o dicerie di uno Shrike.

Theo Lane, sempre in imbarazzo nelle discussioni, si schiarì la voce. — Guardate cosa ho trovato fra i bagagli sparsi intorno alla Sfinge — disse. Mostrò uno strumento musicale con tre corde, il collo allungato e vivaci disegni sul corpo triangolare. — Una chitarra?

— Una balalaica — disse Brawne. — Apparteneva a padre Hoyt. Il Console prese lo strumento e strimpellò qualche accordo. — Conoscete questa canzone? — Suonò alcune note.

— Leeda Tits Screwing Song? - azzardò Martin Sileno. Il Console scosse la testa e suonò altri accordi.

— Un brano antico? — tirò a indovinare Brawne.

— Somewhere Over the Rainbow - disse Melio Arundez.

— Risale certo a prima che nascessi — disse Theo Lane, muovendo la testa a tempo, mentre il Console strimpellava.

— Prima che nascessimo tutti — disse il Console. — Andiamo, vi insegnerò le parole, strada facendo.

Camminarono insieme sotto il sole caldo, stonando e cantando a tempo, perdendo le parole e cominciando da capo; risalirono il pendio verso la nave in attesa.

EPILOGO

Cinque mesi e mezzo dopo, incinta di sette, Brawne Lamia prese il dirigibile del mattino per la Città dei Poeti, a nord della capitale: era invitata alla festa di addio del Console.

La vecchia Keats — adesso chiamata Jacktown da indigeni, marinai della FORCE in permesso e Ouster insieme — sembrava bianca e pulita nella luce del mattino, mentre il dirigibile lasciava la torre di ancoraggio del centro città e puntava a nordest seguendo il corso dell'Hoolie.

La più vasta città di Hyperion aveva riportato danni, durante gli scontri, ma era stata in gran parte ricostruita; la maggior parte dei tre milioni di profughi delle piantagioni di fibroplastica e delle città più piccole del continente meridionale aveva scelto di fermarsi, nonostante il recente interesse degli Ouster nella fibroplastica. Così la città era cresciuta alla rinfusa e aveva servizi basilari come elettricità, fognature e una TV via cavo che proprio in quel periodo arrivava alle zone sovraffollate delle colline fra lo spazioporto e la città vecchia.

Ma gli edifici erano bianchi nella luce del mattino, l'aria di primavera era ricca di promesse e Brawne ritenne buon segno per il futuro i rozzi squarci di nuove strade e il trambusto del traffico fluviale in basso.

La battaglia nello spazio di Hyperion non era durata a lungo, dopo la distruzione della Rete. L'occupazione di fatto dello spazioporto e della capitale da parte degli Ouster si era mutata in riconoscimento della scomparsa della Rete e codirezione con il nuovo Consiglio Autonomo, nel trattato mediato primariamente dal Console e dall'ex governatore generale Theo Lane. Ma nei quasi sei mesi dalla morte della Rete, l'unico traffico allo spazioporto riguardava le navette della flotta della FORCE ancora all'interno del sistema e le frequenti escursioni planetarie di veicoli spaziali dello Sciame. Ormai non era insolito vedere le alte figure degli Ouster andare a far spese in piazza Jacktown o le loro versioni più esotiche prendere l'aperitivo al Cicero.

Negli ultimi mesi Brawne aveva alloggiato al Cicero, in una delle camere più ampie del terzo piano dell'ala vecchia, mentre Stan Leweski ricostruiva e ampliava le sezioni danneggiate del leggendario edificio. «Perdio, non ho bisogno dell'aiuto di donne incinte! » gridava Stan, ogni volta che Brawne si offriva di dargli una mano; ma invariabilmente Brawne finiva per fare qualche lavoretto, mentre Leweski borbottava e brontolava. Se pure incinta, Brawne era sempre una lusiana e i muscoli non le si erano certo atrofizzati per una permanenza di qualche mese su Hyperion.

Quella mattina Stan l'aveva accompagnata alla torre di ormeggio e l'aveva aiutata a portare il bagaglio e il pacchetto per il Console. Poi il proprietario del Cicero aveva dato anche a lei un regalino. «È un viaggio maledettamente noioso, in quel territorio dimenticato da Dio» aveva brontolato. «Devi avere qualcosa da leggere, no?»

Il regalo era una riproduzione dell'edizione del 1817 delle Poesie di John Keats, rilegata in pelle dallo stesso Leweski.

Brawne aveva messo in imbarazzo quell'uomo grande e grosso e divertito i presenti stringendolo in un abbraccio da fargli scricchiolare le costole. «Basta, maledizione» aveva brontolato Leweski, massaggiandosi il fianco. «Ricorda a quel Console che voglio vedere qui la sua indegna pellaccia, prima di lasciare a mio figlio questa indegna taverna. Digli così, d'accordo?»

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