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Spenser Reynolds ritenne che la conversazione fosse ormai da troppo tempo fuori del suo arengo personale. — Il punto — disse, soffocando con voce profonda ogni altra discussione per metà tavolo — è questo: la guerra, come la religione e ogni altro sforzo umano che utilizzi e organizzi su simile scala le energie umane, deve abbandonare l'infantile preoccupazione con il realismo Ding an sich… in genere espresso mediante un fascino servile per i "fini"… e dilettarsi della dimensione artistica della propria oeuvre. Ora, il mio più recente progetto…

— E qual è il fine del suo culto, monsignor Edouard? — domandò Tyrena Wingreen-Feif, rubando a Reynolds il pallino della conversazione senza alzare la voce né distogliere lo sguardo dal prelato.

— Aiutare l'umanità a conoscere e servire Dio — rispose monsignor Edouard e terminò rumorosamente il brodo. Quel piccolo prete antiquato spostò lo sguardo lungo il tavolo, fino al consulente Albedo.

— Corre voce che il TecnoNucleo persegua un fine bizzarramente simile. È vero che tenta di fabbricarsi il proprio dio?

Il sorriso di Albedo fu perfettamente calcolato per essere amichevole, ma senza traccia di condiscendenza. — Non è un segreto che elementi del Nucleo lavorino da secoli per creare almeno un modello teorico di una cosiddetta intelligenza artificiale molto al di là del nostro povero intelletto — rispose, con un gesto di disapprovazione.

— Non è un tentativo di creare Dio, monsignore. Si avvicina di più a un progetto di ricerca che esplora le possibilità di cui sono stati pionieri il suo san Teilhard e padre Duré.

— Ma lei crede che sia possibile orchestrare verso un grado così elevato di consapevolezza la propria evoluzione? — domandò il capitano di fregata Lee, l'eroe navale, che aveva ascoltato con interesse.

— Progettare un'intelligenza finale così come noi un tempo progettammo i vostri rozzi antenati utilizzando silicio e microchip?

Albedo rise. — Niente di così semplice, né di così grandioso, purtroppo. E quando dice "lei", capitano, non dimentichi che sono soltanto una personalità in un assieme d'intelligenze non meno diverse fra loro di quanto non siano gli esseri umani di questo pianeta… anzi, della Rete stessa. Il Nucleo non è monolitico. Ci sono tante filosofie, convinzioni, ipotesi… religioni, se più le piace… quante potrebbero essercene in qualsiasi altra comunità. — Piegò le mani, come se apprezzasse una battuta comprensibile solo a lui. — Anche se preferisco considerare la ricerca dell'Intelligenza Finale come un hobby, non come una religione. Qualcosa di simile a costruire navi in bottiglia, capitano, o a discutere sul numero di angeli che starebbero sulla capocchia d'uno spillo, monsignore.

Tutti risero educatamente, tranne Reynolds che, senza volerlo, corrugava la fronte riflettendo certo su come riprendere il controllo della conversazione.

— E cosa mi dice dalla voce secondo cui il Nucleo ha creato una copia perfetta della Vecchia Terra, nell'ambito della ricerca dell'Intelligenza Finale? — domandai, sorprendendo anche me stesso.

Il sorriso di Albedo non vacillò, lo sguardo amichevole non tremò, ma ci fu un nanosecondo in cui qualcosa fu trasmesso con la proiezione. Cosa? Sorpresa? Rabbia? Divertimento? Non ne avevo idea. Nell'eternità di quel nanosecondo Albedo avrebbe potuto comunicare privatamente con me, trasmettermi quantità immense di dati tramite lo stesso cordone ombelicale che mi legava al Nucleo o gli invisibili corridoi che ci siamo riservati nella labirintica sfera dati che la razza umana riteneva inventata così semplicemente. Oppure avrebbe potuto uccidermi, facendo pesare la propria autorità nei confronti di qualsiasi dio del Nucleo che controllasse l'ambiente circostante a una coscienza come la mia… sarebbe stato semplice come se il direttore di un istituto di ricerche avesse ordinato ai tecnici di anestetizzare in permanenza una cavia fastidiosa.

Lungo tutto il tavolo la conversazione si era interrotta. Perfino Meina Gladstone e il gruppo d'ultra-VIP che l'attorniava guardavano dalla nostra parte.

Il consigliere Albedo allargò il sorriso. — Che voce deliziosamente bizzarra! Mi dica, signor Severn, come avrebbe fatto un organismo come il Nucleo, che i vostri stessi commentatori hanno definito "un mazzo di cervelli privi di corpo, di programmi impazziti sfuggiti ai propri circuiti, che passano la maggior parte del tempo a estrarre lanugine intellettuale dal proprio ombelico inesistente"… come avrebbe fatto, chiunque, a costruire una copia perfetta della Vecchia Terra?

Guardai la proiezione, guardai attraverso la proiezione… e mi accorsi solo allora che anche i piatti e la cena di Albedo erano proiettati: stava mangiando, mentre parlavamo.

— E poi — continuò Albedo, ovviamente assai divertito — sarà venuto in mente ai propalatori di questa voce che "una copia perfetta della Vecchia Terra" sarebbe la Vecchia Terra a tutti effetti? Di quale vantaggio sarebbe un simile sforzo, nello studio delle possibilità teoriche di una matrice ampliata di intelligenza artificiale?

Non risposi e un silenzio fastidioso scese sulla parte mediana del tavolo.

Monsignor Edouard si schiarì la voce. — Parrebbe — disse — che qualsiasi… ah… società in grado di produrre una copia esatta di qualsiasi mondo… e in particolare di un mondo distrutto da quattro secoli… non avrebbe bisogno di cercare Dio: sarebbe Dio essa stessa.

— Appunto! — rise il consulente Albedo. — È una voce folle, ma deliziosa… davvero deliziosa!

Risate di sollievo riempirono il buco di silenzio. Spenser Reynolds cominciò a parlare del suo progetto successivo… il tentativo di fare in mondo che dei suicidi coordinassero il proprio balzo dal ponte, sopra una ventina di mondi diversi, mentre la Totalità guardava… e Tyrena Wingreen-Feif gli rubò tutta l'attenzione circondando con il braccio monsignor Edouard e invitandolo a un party di nuoto senza costume, dopo cena, nella casa galleggiante che possedeva su Mare Infinitum.

Notai che il consulente Albedo mi fissava, mi voltai in tempo per cogliere un'occhiata interrogativa di Leigh Hunt e del PFE, e girai la sedia per osservare i camerieri che portavano su vassoi d'argento la prima portata di carne.

La cena fu eccellente.

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Non andai al party di nuoto di Tyrena. E non vi andò nemmeno Spenser Reynolds: l'ultima volta che lo vidi, discuteva calorosamente con Sudette Chier. Non so se monsignor Edouard abbia ceduto alle lusinghe di Tyrena.

La cena non era ancora terminata, i funzionari del Fondo di Assistenza tenevano brevi discorsi e molti dei senatori più importanti davano già segni di irrequietezza, quando Leigh Hunt mi mormorò che il gruppo del PFE era pronto a congedarsi e che era richiesta la mia presenza.

Erano quasi le 23,00 ora standard della Rete; immaginai che il gruppo sarebbe tornato alla Casa del Governo ma, varcato il portale monouso (ero l'ultimo del gruppo, a parte le guardie del corpo, i Pretoriani, che chiudevano la fila), mi ritrovai con sorpresa all'inizio di un corridoio dalle pareti di pietra interrotte da lunghe finestre che mostravano l'alba marziana.

A rigor di termini, Marte non fa parte della Rete; si era voluto di proposito che la più antica colonia extraterrestre della razza umana fosse difficile da raggiungere. Per recarsi alla Roccia del Maestro, nel bacino di Hellas, i pellegrini gnostici zen devono teleportarsi alla Stazione Sistema Patrio e prendere una navetta da Ganimede o da Europa a Marte. È una seccatura di qualche ora soltanto, ma per una società dove ogni cosa dista letteralmente dieci passi richiede spirito di sacrificio e d'avventura. Ben pochi, a parte gli storici e gli esperti agricoli per la produzione di acquavite di cactus, hanno un motivo professionale per recarsi su Marte. Nell'ultimo secolo, con il declino graduale dello gnosticismo zen, anche il movimento di pellegrini è diminuito. Tutti se ne fregano, di Marte.

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