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"Quinto e ultimo. Il Leader dello Sciame dev'essere informato che il Nucleo ci chiede di adoperare un ordigno simile alla neuroverga per controbattere l'invasione Ouster. Molti leader della FORCE sono di parere favorevole. Il tempo stringe. Non… ripeto, non… lasceremo che gli Ouster invadano la Rete.

"Ora tocca a lei. Per favore, notifichi la ricezione di questo messaggio e m'informi via astrotel dell'inizio dei negoziati."

Gladstone fissò il disco della telecamera, come se potesse trasmettere attraverso gli anni-luce la forza della propria personalità e della propria sincerità. — La supplico, abbia a cuore la storia della razza umana. Porti a termine questo incarico.

La raffica del messaggio astrotel fu seguita da due minuti di immagini convulse che mostravano la morte di Porta del Paradiso e di Bosco Divino. Svanite le olografie, il Console, Melio Arundez e Theo Lane rimasero in silenzio.

— Risposta? — domandò la nave.

Il Console si schiarì la voce. — Notifica la ricezione del messaggio — disse. — Invia le nostre coordinate. — Guardò, dall'altra parte della piazzuola, gli altri due. — Signori?

Arundez scosse la testa come se volesse snebbiarsi il cervello. — È chiaro che lei è già stato qui… nello Sciame Ouster.

— Sì — disse il Console. — Dopo Bressia… dopo che mia moglie e mio figlio… Dopo Bressia, qualche tempo fa, mi sono incontrato con questo Sciame per negoziati estensivi.

— Rappresentava l'Egemonia? — domandò Theo. Il suo viso sembrava molto più vecchio, segnato da rughe di preoccupazione.

— Rappresentavo il partito della senatrice Gladstone. Prima che fosse eletta PFE. Mi spiegarono che c'era la possibilità di modificare i risultati di una lotta di potere all'interno del TecnoNucleo, se si portava Hyperion nel Protettorato. Il modo migliore era quello di far trapelare informazioni agli Ouster… informazioni che li avrebbero spinti ad attaccare Hyperion, per cui sarebbe stata necessaria la presenza della flotta dell'Egemonia.

— E lei ha ubbidito? — La voce di Arundez non mostrò emozione, anche se la moglie e i figli dell'archeologo stavano su Vettore Rinascimento, adesso a meno di ottanta ore dall'invasione.

Il Console si lasciò ricadere contro i cuscini. — No. Rivelai agli Ouster l'intero piano. Loro mi rimandarono nella Rete come agente doppio. Progettarono di impadronirsi di Hyperion, ma nel momento scelto da loro.

Theo strinse i pugni. — Tutti quegli anni al consolato…

— Aspettavo l'ordine degli Ouster — disse il Console, in tono piatto. — Avevano un congegno che avrebbe fatto collassare i campi anti-entropici intorno alle Tombe del Tempo. Che avrebbe aperto le Tombe, al momento opportuno. Che avrebbe permesso allo Shrike di liberarsi dei legami.

— Così sono stati gli Ouster — disse Theo.

— No, sono stato io. Ho tradito gli Ouster, come avevo tradito Gladstone e l'Egemonia. Uccisi la donna Ouster che calibrava il congegno… e i tre tecnici che l'aiutavano… e lo misi in funzione. I campi anti-entropici collassarono. Fu deciso l'ultimo pellegrinaggio. Lo Shrike è libero.

Theo fissò il suo mentore di un tempo. C'era più perplessità che collera, negli occhi verdi del governatore generale. — Perché? Perché l'ha fatto?

Il Console parlò, brevemente, in tono spassionato, di Siri e di Patto-Maui e della rivolta contro l'Egemonia, una rivolta che non terminò quando lei e il suo innamorato, il nonno del Console, morirono.

Arundez si alzò dalla piazzuola e andò alla finestra di fronte alla loggia. La luce solare inondò le sue gambe e il tappeto blu scuro. — Gli Ouster sanno cosa ha fatto?

— Lo sanno. L'ho raccontato a Freeman Vanz e agli altri, quando siamo giunti qui.

Theo si mise a camminare avanti e indietro. — Quindi l'incontro al quale parteciperemo potrebbe essere un processo? Il Console sorrise. — O un'esecuzione.

Theo si fermò, mani strette a pugno. — E Gladstone lo sapeva, quando le ha chiesto di tornare qui?

— Sì.

Theo distolse lo sguardo. — Non so se voglio che lei sia messo a morte oppure no.

— Non lo so neppure io, Theo — disse il Console.

Melio Arundez girò le spalle alla finestra. — Vanz non ha detto che avrebbero mandato una barca per portarci da loro?

Qualcosa, nel tono, spinse gli altri due a guardare dalla finestra. Il mondo su cui erano atterrati era un asteroide di media grandezza, circondato da un campo di contenimento classe-10 e terraformato in sfera da generazioni di vento e di acqua e di accurata ristrutturazione. Il sole di Hyperion tramontava al di là dell'orizzonte troppo vicino e per quei pochi chilometri l'erba scialba s'increspava sotto una brezza capricciosa. Ai piedi della nave, un ampio torrente, o uno stretto fiume, attraversava pigramente i pascoli, si avvicinava all'orizzonte e poi sembrava scorrere verso l'alto in un fiume mutato in cascata, serpeggiare attraverso il lontano campo di contenimento e il nero dello spazio, prima di rimpicciolire in una linea sottile quasi invisibile a occhio nudo.

Una barca scendeva quella cascata infinitamente alta e si avvicinava alla superficie del piccolo mondo. A prua e a poppa c'erano figure umanoidi.

— Cristo! — mormorò Theo.

— Meglio farci trovare pronti — disse il Console. — Quella è la nostra scorta.

Fuori, il sole tramontò con rapidità impressionante; gli ultimi raggi attraversarono la cortina di acqua, mezzo chilometro più in alto del terreno in ombra, e incendiarono il cielo color oltremare, con arcobaleni di colore e di solidità quasi spaventosi.

40

A metà mattina Hunt mi sveglia. Arriva portando un vassoio con la colazione e ha negli occhi scuri uno sguardo spaventato.

Gli domando: — Dove ha preso il cibo?

— C'è una sorta di piccolo ristorante nella sala anteriore al piano di sotto. Il cibo era pronto, caldo, ma non c'era nessuno.

Annuisco. — La piccola trattoria della signora Angeletti. Non è una brava cuoca. — Ricordo la preoccupazione del dottor Clark per la mia dieta: era convinto che la consunzione si fosse installata nello stomaco e mi teneva a regime da inedia, latte e pane e un po' di pesce di tanto in tanto. È strano, come molti membri sofferenti della razza umana abbiano affrontato l'eternità ossessionati dalle proprie viscere, dalle piaghe di decubito o dalla povertà della dieta.

Guardo di nuovo Hunt in viso. — Cosa c'è?

L'aiutante di Gladstone è andato alla finestra e pare assorto nella contemplazione della piazza. Odo gorgogliare la maledetta fontana del Bernini. — Stavo per uscire, mentre lei dormiva — dice lentamente Hunt — casomai ci fosse in giro qualcuno. O un telefono, o un teleporter.

— Certo.

— Avevo appena varcato… la… — Si girò, si umettò le labbra. — C'è qualcosa, là fuori, Severn. Nella via alla base della scalinata. Non ne sono sicuro, ma credo che sia…

— Lo Shrike — termino per lui.

Hunt annuisce. — L'ha visto?

— No, ma non sono sorpreso.

— È… è orribile, Severn. Ha qualcosa che mi fa accapponare la pelle. Là… Lo si scorge di sfuggita, nell'ombra dell'altra ala della scalinata.

Comincio ad alzarmi, ma un improvviso attacco di tosse e la sensazione del catarro che risale nel petto e in gola mi obbliga a lasciarmi ricadere sui cuscini. — So quale aspetto ha, Hunt. Non si preoccupi, non è qui per lei. — La mia voce esprime più fiducia di quanta non ne provi.

— Per lei?

— Non penso — rispondo, fra un ansito e l'altro. — Credo sia qui solo per accertarsi che non tenti di andarmene… di trovare un altro luogo dove morire.

Hunt torna accanto al letto. — Non morirà davvero, Severn?

Non rispondo.

Si siede sulla sedia a schienale dritto posta accanto al letto e prende una tazza di tè ormai tiepido. — Se lei muore, cosa mi accadrà?

— Non lo so — rispondo onestamente. — Se muoio, non so nemmeno cosa accadrà a me.

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