[Sì/ Keats]
"Allora cosa accade a voi? Alle IA qui in questo istante?"
La "voce" di Ummon si mutò in un tuono sfottente:
[Perché ti conosco› perché ti ho visto› perché
la mia essenza è così distratta
nel vedere e contemplare questi orrori nuovi ›
Saturno è caduto/ anch'io devo cadere›
Devo lasciare questo paradiso di riposo/
questa culla di gloria/ questo clima dolce/
questo quieto rigoglio di luce beata/
questi padiglioni cristallini e puri templi/
del mio splendente impero› È lasciato/
abbandonato/ svuotato/ né alcun rifugio mio\\
Il bagliore/ lo splendore/ e la simmetria
non posso vedere/// ma tenebre/ morte/ e tenebre]
Conosco le parole. Le scrissi io. O meglio, le scrisse John Keats nove secoli fa, nel suo primo tentativo di descrivere la caduta dei Titani e la loro sostituzione con gli dèi dell'Olimpo. Ricordo molto bene quell'autunno del 1818: il dolore alla gola infiammata di continuo a seguito della gita scozzese, il dolore più intenso per i tre maligni attacchi contro la mia poesia Endymion sulle riviste Blackwood's, Quarterly Review e British Critic e il dolore ancora superiore per la malattia che consumava mio fratello Tom.
Senza badare alla confusione del Nucleo intorno a me, alzo lo sguardo per scoprire qualcosa di paragonabile a una faccia nella grande massa di Ummon.
"Quando l'Intelligenza Finale nascerà, voi IA di 'livello inferiore' morirete."
[Sì]
"Si nutrirà delle vostre reti di dati come voi vi siete nutriti di quelle della razza umana."
[Sì]
"E voi non volete morire, vero, Ummon?"
[Morire è facile/
divertirsi è duro]
"Tuttavia lottate per sopravvivere. Voi Stabili. Riguarda questo, la guerra civile all'interno del Nucleo?"
[Una luce minore domandò a Ummon//
Cosa significa
la venuta di Daruma dall'Ovest›//
Ummon rispose//
Vediamo
le montagne nel sole]
Adesso è più facile manipolare i koan di Ummon. Ricordo un tempo, prima della rinascita della mia personalità, quando studiai alle ginocchia dell'analogo di costui. Nel pensiero elevato del Nucleo, quello che gli esseri umani potrebbero chiamare Zen, le quattro virtù del Nirvana sono: (1) immutabilità, (2) gioia, (3) esistenza personale e (4) purezza. La filosofia umana tende ad adattarsi a valori che possono essere suddivisi in intellettuali, religiosi, morali, estetici. Ummon e gli Stabili riconoscono un solo valore: l'esistenza. Se da una parte i valori religiosi possono essere relativi, i valori intellettuali fuggevoli, i valori morali ambigui, e i valori estetici dipendono dall'osservatore, il valore dell'esistenza di qualsiasi cosa è infinito (ecco le "montagne nel sole") e, essendo infinito, è uguale a ogni altra cosa e a tutte le verità.
Ummon non vuole morire.
Gli Stabili hanno sfidato il proprio dio e le IA loro compagne per dirmi questo, per crearmi, per scegliere Brawne e Sol e Kassad e gli altri per il pellegrinaggio, per far filtrare indizi a Gladstone e a pochi altri senatori nel corso dei secoli, in modo che la razza umana fosse avvertita, e adesso, per fare la guerra aperta nel Nucleo.
Ummon non vuole morire.
"Ummon, se si distrugge il Nucleo, voi morite?"
[Non c'è morte in tutto l'universo
niente lezzo di morte/// non ci sarà morte/// gemi/ gemi/
per questo pallido Omega di una razza avvizzita]
Le parole erano di nuovo mie, o quasi mie, prese dal secondo tentativo dell'epico racconto della morte degli dèi e del ruolo del poeta nella guerra del mondo contro il dolore.
Ummon non morirebbe se la casa teleporter del Nucleo fosse distrutta, ma la fame dell'Intelligenza Finale lo condannerebbe di certo. Dove fuggirebbe, se il Nucleo-Rete fosse distrutto? Ho immagini della metasfera… questi panorami infiniti e ombrosi, dove sagome scure si muovono al di là del falso orizzonte.
So che Ummon non risponderà, a questa domanda.
Allora gliene rivolgo un'altra.
"I Volatili, cosa vogliono?"
[Quel che Gladstone vuole\\
La fine
della simbiosi fra IA e umanità]
"Mediante la distruzione della razza umana?"
[Ovviamente]
"Perché?"
[Vi abbiamo resi schiavi
con energia/
tecnologia/
perline e bubbole
e marchingegni che non potevate costruire
né capire\\
Il motore Hawking sarebbe stato vostro/
ma il teleporter/
i ricetrasmettitori astrotel/
la megasfera/
la neuroverga›
Mai\\
Come i Sioux con fucili/ cavalli/
coperte/ coltelli/ e perline/
li avete accettati
ci avete abbracciato
e avete perso voi stessi\\
Ma come l'uomo bianco
che distribuiva coperte infette di vaiolo/
come il padrone di schiavi
nella propria piantagione/
o nella propria Werkschutze Dechenschule
Gusstahlfabrik/
noi abbiamo perso noi stessi\\
I Volatili vogliono terminare
la simbiosi
eliminando il parassita/
la razza umana]
"E i Finali? Sono disposti a morire? A essere rimpiazzati dalla vostra vorace IF?"
[Essi pensano
come pensaste voi
o il vostro sofista Dio del Mare
ha pensato]
E Ummon recita poesie che io ho abbandonato per l'esasperazione, non perché non funzionassero come poesia, ma perché non credevo completamente al messaggio che contenevano.
Questo messaggio ai Titani condannati è trasmesso da Oceano, il Dio del Mare sul punto di essere detronizzato. È un peana all'evoluzione, scritto quando Charles Darwin aveva nove anni. Ascolto le parole che ricordo di avere scritto in una sera di ottobre nove secoli la, mondi e universi fa; ma è anche come se le ascoltassi per la prima volta.
[O tu/ che l'ira consuma! che/ punto da passione/
fremi alla sconfitta/ e nutri le tue sofferenze!
spegni i tuoi sensi/ soffoca le orecchie/
la mia voce non è un mantice alla collera\\
Eppure ascolta/ tu che vuoi/ mentre dimostro
come tu/ per forza/ devi essere lieto di chinarti/\
E nella dimostrazione ti darò conforto/
se prenderai questo conforto nella sua verità\\
Cadiamo per il corso della legge di Natura/ non forza
del tuono/ né di Giove/ Grande Saturno/ tu
bene hai passato al vaglio l'universo atomo/\
ma per questa ragione/ che tu sei il Re/
e solo cieco per pura supremazia/
una strada fu velata ai tuoi occhi/
per la quale vagai alla verità eterna\\
E primo/ come tu non fosti il primo dei poteri/
così non sei l'ultimo/\ non è possibile\\
Tu non sei l'inizio né la fine/\
Dal Caos e dalle Tenebre genitrici venne
la Luce/ i primi frutti del tumulto interiore/
quel fosco fermento/ che per meravigliosi fini
maturava in se stesso\\ L'ora perfetta venne
e con essa la Luce/ e la Luce/ generando