Sol aveva dormito almeno un'ora; le ombre erano strisciate sul fondo della valle e solo la sommità della Sfinge era ancora illuminata dal sole che filtrava tra gli squarci delle nuvole. Gli ultimi raggi entravano obliquamente dall'imboccatura della valle e illuminavano le scarpate opposte. Il vento cominciava ad alzarsi.
Ma niente si muoveva, nella valle.
Sol prese in braccio Rachel, la cullò, scese di corsa i gradini, guardò dietro la Sfinge e verso le altre Tombe.
— Paul! — Il richiamo rimbalzò contro le rocce. Il vento sollevò polvere al di là della Tomba di Giada, ma nient'altro si mosse. Sol aveva ancora l'impressione che qualcosa gli si avvicinasse di nascosto: si sentiva osservato.
Rachel strillò e si agitò, con la voce acuta di una bimba appena nata. Sol diede un'occhiata al comlog. Un'ora dopo Rachel avrebbe avuto un giorno esatto. Sol esaminò il cielo, cercandovi la nave del Console; imprecò sottovoce contro se stesso e tornò all'entrata della Sfinge per cambiare il pannolino alla piccina, controllare Brawne, prendere dallo zaino un nutripac e un mantello. La temperatura si abbassava in fretta, calato il sole.
Nella mezz'ora di crepuscolo che restava, Sol percorse velocemente la valle, gridando il nome di Duré e scrutando dentro le Tombe, senza entrare. Oltrepassò la Tomba di Giada, dove Hoyt era stato assassinato, le cui pareti già cominciavano a splendere di verde latteo. Oltrepassò lo scuro Obelisco, la cui ombra arrivava in alto nella parete di roccia di sudest. Oltrepassò il Monolito di Cristallo, la cui parte superiore rifletteva le ultime luci dei giorno e divenne opaca quando il sole calò al di là della Città dei Poeti. Nel fresco improvviso e nel silenzio della sera oltrepassò le Grotte e gridò all'ingresso di ciascuna; sul viso l'aria umida gli parve il freddo alito di una bocca spalancata.
Nessuna risposta.
Sul finire del crepuscolo, Sol oltrepassò la curva della valle che portava al guazzabuglio di lame e di bastioni del Palazzo dello Shrike, tenebroso e sinistro nel buio sempre più fitto. Si fermò all'ingresso, cercando di ricavare un senso dalle ombre color inchiostro, dalle guglie, falsi puntoni, pilastri; gridò nell'interno buio. Solo l'eco rispose. Rachel ricominciò a piangere.
Preso dai brividi, con un senso di gelo alla base della nuca, girandosi di continuo per sorprendere l'invisibile osservatore e scorgendo solo ombre sempre più fitte e le prime stelle della sera Ira gli squarci delle nuvole, Sol si affrettò a ripercorrere la valle in direzione della Sfinge, dapprima a passo veloce e poi quasi di corsa al di là della Tomba di Giada, mentre il vento della sera sibilava come un bimbo che strillasse.
— Maledizione! — ansimò Sol, quando arrivò al gradino superiore della Sfinge. Brawne Lamia era scomparsa. Non c'era segno del corpo, né del cordone ombelicale metallico.
Imprecando, reggendo forte Rachel, Sol frugò nello zaino alla ricerca della torcia elettrica.
Nel corridoio centrale, dopo dieci metri, trovò la coperta in cui aveva avvolto Brawne. A parte questo, niente. I corridoi si ramificarono e si curvarono, ora allargandosi, ora restringendosi, mentre il soffitto si abbassò al punto che Sol fu costretto a strisciare, sorreggendo col braccio destro la piccina in modo da averne la guancia contro la propria. Non gli piaceva affatto trovarsi in quella tomba. Il cuore gli batteva con tanta forza che a tratti Sol si aspettava quasi di avere un infarto.
L'ultimo corridoio si restrinse nel nulla. Dove prima il cavo metallico serpeggiava nella pietra, adesso c'era solo pietra.
Sol resse fra i denti la torcia elettrica e diede una manata alla roccia, spinse pietre grosse come case, come se dovesse aprire un passaggio segreto, portare alla luce tunnel nascosti.
Niente.
Tenne stretta Rachel e incominciò la strada del ritorno; sbagliò alcune svolte, e sentì il cuore battere all'impazzata quando credette di essersi smarrito. Poi si trovò in un corridoio che riconobbe, da lì passò nel corridoio principale, infine fu all'esterno.
Scese la scalinata e portò la piccina lontano dalla Sfinge. Si fermò all'imboccatura della valle, si sedette sopra una pietra e riprese fiato a grandi boccate. Rachel gli appoggiava ancora al collo la guancia, ma era silenziosa, non si muoveva, a parte il lieve arricciare di dita contro la barba.
Alle spalle di Sol il vento soffiava dalle lande deserte. In alto le nuvole si aprirono e poi si richiusero: nascosero le stelle, per cui l'unica luce proveniva dai riflessi malati delle Tombe del Tempo. Sol temette che il folle battito del proprio cuore spaventasse la piccina, ma Rachel continuò a starsene rannicchiata beatamente contro di lui e il tepore del corpicino era una sensazione rassicurante.
— Maledizione — mormorò Sol. Aveva provato simpatia per Brawne. Aveva provato simpatia per tutti i pellegrini. E adesso erano scomparsi. I decenni di insegnamento avevano condizionato Sol a cercare negli eventi uno schema, un granello morale nella pietra formatasi per concrezione d'esperienza; ma non c'erano schemi, negli eventi su Hyperion… solo confusione e morte.
Sol cullò la piccina e guardò le lande desolate, meditando se gli conveniva abbandonare immediatamente la valle, camminare fino alla città morta o a Castel Crono… camminare a nordovest verso il Litorale o a sudest dove la Briglia incrociava il mare. Si portò al viso la mano tremante e si strofinò la guancia; non ci sarebbe stata salvezza, nelle terre desolate. Abbandonare la valle non aveva salvato Martin Sileno. La presenza dello Shrike era stata segnalata molto a sud della Briglia, addirittura a Endymion e nelle altre città meridionali; anche se il mostro li avesse risparmiati, la fame e la sete non avrebbero avuto pietà. Sol poteva sopravvivere nutrendosi di piante, di piccoli roditori, di neve disciolta… ma la scorta di latte per Rachel era limitata, anche considerando le provviste che Brawne aveva portato dal Castello. Ma, a quel punto, la scorta di latte non importava…
"Fra meno di un giorno, sarò da solo." Sol soffocò un gemito, colpito da quel pensiero. La determinazione a salvare la figlia l'aveva spinto per venticinque anni e tre volte tanti anni-luce. La decisione di restituire a Rachel la vita e la salute era stata una forza quasi palpabile, una feroce energia condivisa con Sarai e tenuta viva nello stesso modo in cui un sacerdote protegge la sacra fiamma del tempio. No, perdio, c'era un disegno, nelle cose, un puntello morale per quella piattaforma di eventi all'apparenza accidentali; e Sol Weintraub avrebbe scommesso, su questa convinzione, la propria vita e quella della figlia.
Si alzò, percorse lentamente il sentiero fino alla Sfinge, salì la scalinata, trovò mantello termico e coperte, preparò sul gradino più alto un nido per sé e per la piccina, mentre i venti di Hyperion ululavano e le Tombe del Tempo brillavano con intensità maggiore.
Rachel giacque bocconi, la guancia contro la spalla del padre, le manine che si aprivano e si chiudevano, mentre lasciava il mondo per la terra del sonno dei bambini. Sol udì il debole respiro, mentre la piccina passava a un sonno più profondo, udì i lievi gemiti, mentre formava bollicine di saliva. Dopo un poco, anche lui allentò la stretta sul mondo e si unì a lei nel sonno.