Sol annuì lentamente. — Ho fatto un sogno, durante la lunga battaglia di Rachel con il morbo di Merlino… e mia moglie Sarai ha fatto lo stesso sogno: ero chiamato a sacrificare la mia unica figlia.
— Sì — disse Duré. — Ho ascoltato gli appunti del Console.
— Allora conosce già la mia risposta — disse Sol. — Primo, che non è più possibile seguire come Abramo il sentiero dell'ubbidienza, anche se esiste un Dio che la pretende. Secondo, che per troppe generazioni abbiamo offerto sacrifici a questo Dio: il pagamento in sofferenza deve terminare.
— Eppure lei è qui — disse Duré, con un gesto che comprendeva la valle, le Tombe, la notte.
— Sono qui — ammise Sol. — Ma non per strisciare nella polvere. Per scoprire quale risposta i poteri daranno alla mia decisione. — Riprese a carezzare la schiena della figlia. — Rachel ha un giorno e mezzo, diventa più giovane a ogni secondo. Se lo Shrike è l'architetto di questa crudeltà, voglio affrontarlo, anche se è davvero il suo Anticristo. Se c'è un Dio e se ha fatto una cosa simile, mostrerò lo stesso disprezzo verso di lui.
— Forse tutti abbiamo mostrato troppo disprezzo, all'atto pratico — disse pensierosamente Duré.
Sol alzò gli occhi, mentre nello spazio remoto una decina di puntini di luce vividissima si espandeva nelle increspature e nelle onde d'urto di esplosioni al plasma. — Mi piacerebbe avere la tecnologia per combattere Dio alla pari — disse in tono basso e leggero. — Prenderlo per la barba nel suo stesso covo. Ripagarlo di tutte le ingiustizie accumulate sull'umanità. Fargli passare l'arroganza, o altrimenti sbatterlo all'inferno.
Padre Duré inarcò il sopracciglio, poi abbozzò un sorriso. — So quale rabbia prova. — Toccò con gentilezza la testolina di Rachel. — Cerchiamo di dormire un poco, prima dell'alba. D'accordo?
Sol annuì, si distese accanto alla figlia e si tirò la coperta fino alla guancia. Duré mormorò qualcosa che poteva essere un buonanotte sottovoce o forse una preghiera.
Sol sfiorò la figlia, chiuse gli occhi e si addormentò.
Lo Shrike non venne, durante la notte. Né venne il mattino seguente, quando la luce del sole dipinse le pareti di roccia a sudovest e toccò la cima del Monolito di Cristallo. Sol si svegliò quando la luce del sole strisciò nella valle; Duré dormiva accanto a lui, Masteen e Brawne erano ancora privi di sensi. Rachel si agitava, inquieta. Il pianto era quello di una neonata affamata. Sol le diede una delle ultime confezioni nutripac. Durante la notte il freddo era sceso nella valle e la brina luccicava sugli scalini della Sfinge.
Rachel mangiò avidamente. Sol le fece fare il ruttino e se la portò alla spalla, cullandola teneramente.
Ancora un giorno e mezzo.
Sol era stanchissimo. Diventava vecchio, anche se dieci anni prima si era sottoposto a un trattamento Poulsen. Al tempo in cui lui e Sarai sarebbero stati normalmente liberi dai doveri paterni e materni (la loro unica figlia era all'università e partecipava a una missione di scavi archeologici nel mondi periferici), Rachel aveva contratto il morbo di Merlino e loro due avevano dovuto affrontare di nuovo i doveri del genitore. La curva di questi doveri si alzava, mentre Sol e Sarai invecchiavano… e poi Sol invecchiava da solo, dopo l'incidente… e adesso lui era molto, molto stanco. Nonostante la stanchezza, nonostante tutto, Sol notò con interesse di non rimpiangere un solo giorno di cure prestate alla figlia.
Ancora un giorno e mezzo.
Dopo un poco, padre Duré si svegliò e i due fecero colazione con i vari cibi in scatola portati da Brawne. Het Masteen non si svegliò, ma Duré gli applicò il penultimo medipac: il Templare cominciò a ricevere liquidi e prodotti nutritivi per via endovenosa.
— Non bisognerebbe applicare l'ultimo alla signora Lamia? — domandò Duré.
Sol sospirò e controllò di nuovo i monitor del comlog della donna. — Non credo, Paul. Secondo questi dati, lo zucchero nel sangue è alto… i livelli nutritivi sembrano quelli di chi ha appena consumato un pasto normale.
— Com'è possibile?
Sol scosse la testa. — Forse quella maledetta roba è una sorta di cordone ombelicale. — Indicò il cavo saldato al cranio dove fino al giorno prima c'era la presa dello shunt neurale.
— Allora, oggi cosa facciamo?
Sol scrutò il cielo che già si schiariva e diventava la volta verde e azzurra a cui si erano abituati su Hyperion. — Aspettiamo — rispose.
Het Masteen si svegliò nel calore del giorno, poco prima che il sole arrivasse allo zenit. Si drizzò a sedere e disse: — L'Albero!
Duré, che passeggiava alla base della Sfinge, risalì in fretta i gradini. Sol, che aveva disteso Rachel all'ombra accanto alla parete, prese in braccio la figlia e accorse al fianco di Masteen. Il Templare fissava qualcosa al di sopra delle pareti di roccia. Sol guardò da quella parte, ma vide solo il cielo che sbiadiva.
— L'Albero! — gridò di nuovo il Templare. Sollevò la mano irruvidita.
Duré lo tenne fermo. — Ha le allucinazioni — disse. — Crede di vedere la Yggdrasill, la sua nave-albero.
Het Masteen si dimenò per liberarsi. — No, non la Yggdrasill - ansimò, con labbra secche e screpolate. — L'Albero. L'Albero Finale. L'Albero della Sofferenza!
Allora gli altri due guardarono insieme, ma il cielo era sereno, a parte batuffoli di nuvole in arrivo da sudovest. In quel momento ci fu un rigurgito di maree del tempo e Sol e il prete chinarono la testa per l'improvvisa vertigine. Passò presto.
Het Masteen cercava di tirarsi in piedi. Continuava a fissare un punto remoto. La pelle era tanto calda da scottare le mani di Sol.
— Prenda l'ultimo medipac — disse, brusco. — Programmi ultramorfina e antistaminico. — Duré si affrettò a ubbidire.
— L'Albero della Sofferenza! — riuscì a dire Het Masteen. — Sarei stato la sua Voce! L'erg l'avrebbe mosso attraverso lo spazio e il tempo! Il Vescovo e la Voce del Grande Albero hanno scelto proprio me! Non posso deluderli. — Per un secondo si dimenò per liberarsi della stretta di Sol, poi crollò disteso sulla veranda di pietra. — Sono il Vero Prescelto — mormorò, svuotandosi di energie come un pallone si svuota d'aria. — Devo guidare l'Albero della Sofferenza nel tempo della Redenzione. — Chiuse gli occhi.
Duré gli applicò l'ultimo medipac, si accertò che il monitor fosse predisposto per le peculiarità metaboliche e chimiche dei Templari, e mise in funzione l'adrenalina e gli analgesici. Sol si accostò a Het Masteen.
— Questa non è terminologia né teologia dei Templari — disse Duré. — È il linguaggio del Culto Shrike. — Guardò Sol negli occhi. — Così si spiega una parte del racconto di Brawne. Per chissà quale ragione, i Templari sono in combutta con la Chiesa della Redenzione Finale… il Culto Shrike.
Sol annuì, agganciò al polso di Masteen il proprio comlog e regolò il monitor.
— L'Albero della Sofferenza è di certo il leggendario albero di spine dello Shrike — borbottò Duré, con un'occhiata al punto del cielo vuoto che Masteen aveva continuato a fissare. — Ma cosa significa che lui e l'erg erano stati scelti per spingerlo attraverso lo spazio e il tempo? Avrà creduto davvero di pilotare l'albero dello Shrike come i Templari pilotano le navi-albero? Perché?
— Dovrà domandarglielo nell'altra vita — disse stancamente Sol. — È morto.
Duré controllò i monitor, aggiunse il comlog di Hoyt a quelli già collegati al Templare. Provarono a usare gli stimolanti del medipac, la rianimazione cardiopolmonare, la respirazione bocca a bocca. Le spie dei monitor non reagirono. Senza ombra di dubbio, Het Masteen, Vera Voce Templare dell'Albero e Pellegrino allo Shrike, era morto.
Aspettarono un'ora, diffidando di qualsiasi cosa, in quella perversa valle dello Shrike; ma quando i monitor segnalarono che il cadavere iniziava a decomporsi rapidamente, seppellirono Het Masteen in una fossa poco profonda, cinquanta metri più su lungo il sentiero, verso l'imboccatura della valle. Kassad aveva lasciato una pala pieghevole, etichettata come "attrezzo da trincea" nel gergo della FORCE, e loro due lavorarono a turno: uno scavava, l'altro teneva d'occhio Rachel e Brawne Lamia.