Il Console guardò Duré e Sol. — Sembra più terminologia del Culto Shrike che il dogma dei Templari.
— Forse è l'uno e l'altro — mormorò Duré. — Sono esistite coalizioni assai bizzarre, nella storia della teologia.
Sol posò la mano sulla fronte del Templare. Scottava di febbre. Sol frugò nell'unico medipac alla ricerca di derma analgesico o di un antistaminico. Ne trovò uno, ma esitò. — Non so se i Templari rientrano nelle norme mediche standard — disse. — Non vorrei che un'allergia lo uccidesse.
Il Console prese l'antistaminico e lo applicò al fragile avambraccio del Templare. — Rientrano nella norma — disse. Si chinò più vicino. — Masteen, cos'è accaduto sul carro a vela?
Il Templare aprì gli occhi ma non li mise a fuoco. — Carro a vela?
— Non capisco — mormorò padre Duré.
Sol lo prese da parte. — Masteen non ha raccontato la sua storia, durante il pellegrinaggio — bisbigliò. — Scomparve la prima notte sul carro a vela. Lasciò solo sangue, sangue in abbondanza, e i bagagli e il cubo di Moebius. Ma niente Masteen.
— Cos'è accaduto sul carro a vela? — bisbigliò ancora il Console. Scosse leggermente il Templare per destarne l'attenzione. — Rifletta, Vera Voce dell'Albero Het Masteen!
Il viso dell'uomo cambiò, gli occhi si misero a fuoco, i tratti vagamente asiatici ripresero la solita espressione severa. — Ho liberato dalla prigione l'elementale…
— L'erg — bisbigliò Sol al prete confuso.
— … e l'ho legato con la disciplina mentale imparata nei Rami Superiori. Ma allora, senza preavviso, il Signore della Sofferenza scese su di noi.
— Lo Shrike — bisbigliò Sol, più a se stesso che al prete.
— Era suo, tutto quel sangue? — domandò il Console.
— Sangue? — Masteen si calò sugli occhi il cappuccio, per nascondere la propria confusione. — No, non era mio. Il Signore della Sofferenza stringeva un… un officiante. L'uomo lottava. Tentava di sfuggire alle spine dell'espiazione…
— E l'erg? — insistette il Console. — L'elementale. Cosa si aspettava che facesse, per lei? Che lo proteggesse dallo Shrike?
Il Templare si accigliò e si portò alla fronte la mano tremante. — Non… non era pronto. Io non ero pronto. L'ho rimesso nella prigione. Il Signore della Sofferenza mi toccò la spalla. Fui… compiaciuto… che la mia espiazione avvenisse a un'ora di distanza dal sacrificio della mia nave-albero.
Sol si sporse verso Duré. — La nave-albero Yggdrasill fu distrutta in orbita, quella stessa sera — mormorò.
Het Masteen chiuse gli occhi. — Stanco — mormorò, con voce sempre più fievole.
Il Console lo scosse di nuovo. — Com'è arrivato fin qui? Masteen, com'è giunto qui dal mare d'Erba?
— Mi sono svegliato fra le Tombe — mormorò il Templare, senza aprire gli occhi. — Risvegliato fra le Tombe. Stanco. Devo dormire.
— Lo lasci riposare — disse padre Duré.
Il Console annuì e distese per terra il Templare, perché dormisse.
— Niente ha senso — mormorò Sol. I tre uomini e la piccina rimasero seduti nella fioca luce e sentirono le maree del tempo fluire e ritrarsi, all'esterno.
— Perdiamo un pellegrino, ne troviamo un altro — borbottò il Console. — Come se fosse in atto un gioco bizzarro.
Un'ora dopo, udirono gli spari echeggiare nella valle.
Sol e il Console si accovacciarono accanto alla figura silenziosa di Brawne Lamia.
— Ci servirebbe un laser, per tagliare questa roba — disse Sol. — Sparito Kassad, sparite anche le nostre armi.
Il Console toccò il polso della donna. — Tagliare il cavo rischia di ucciderla.
— Secondo il biomonitor, è già morta.
Il Console scosse la testa. — No. C'è in ballo qualche altra cosa. Forse quel cavo è collegato al cìbrido Keats che Brawne porta in sé. Forse alla fine ci restituirà Brawne.
Sol si portò alla spalla la figlia di tre giorni e guardò la valle che brillava debolmente. — Che gabbia di matti. Niente va come pensavamo. Se solo la tua maledetta nave fosse qui, avrebbe utensili adatti, nel caso fossimo costretti a liberare Brawne da questa… da questa roba. E lei e Masteen avrebbero una possibilità di sopravvivere, nel reparto chirurgia.
Il Console rimase in ginocchio, guardando il vuoto. Dopo un momento disse: — Aspetta qui con lei, per favore. — Si alzò e scomparve nelle fauci tenebrose dell'ingresso della Sfinge. Cinque minuti dopo era di ritorno, reggendo la grossa sacca da viaggio. Tolse dal fondo un tappeto arrotolato e lo stese sul gradino di pietra.
Era un tappeto antico, lungo meno di due metri e largo poco più di uno. La stoffa intessuta in modo complesso si era sbiadita nel corso dei secoli, ma i fili di volo in monofilamento brillavano ancora come oro, nella luce fioca. Minuscoli cavi andavano dal tappeto a una singola cellula d'energia che il Console staccò.
— Buon Dio — mormorò Sol. Ricordò la tragica storia d'amore fra Siri, nonna del Console, e il marinaio dell'Egemonia Merin Aspic. Era la scintilla che aveva fatto scaturire la rivolta contro l'Egemonia e che aveva tuffato Patto-Maui in svariati anni di guerra. Merin Aspic era volato a Primosito sul tappeto Hawking di un amico.
Il Console annuì. — Apparteneva a Mike Osho, l'amico di nonno Merin. Siri lo lasciò nella propria tomba, perché Merin lo trovasse. Lui lo diede a me, quand'ero bambino… poco prima della battaglia dell'Arcipelago, dove morirono lui stesso e il sogno di libertà.
Sol passò la mano sul manufatto antico di secoli. — È un peccato che qui non funzioni.
Il Console alzò gli occhi. — Perché non dovrebbe?
— Il campo magnetico di Hyperion è inferiore al livello critico per i veicoli elettromagnetici — disse Sol. — Per questo ci sono dirigibili e skimmer, anziché VEM, e la Benares non era più una chiatta a levitazione. — Gli parve sciocco, spiegare queste cose a chi per undici anni locali era stato console dell'Egemonia su Hyperion. — O mi sbaglio?
Il Console sorrise. — Hai ragione, qui i VEM standard non sono affidabili. Il rapporto massa/peso sollevato è troppo alto. Ma il tappeto Hawking ha una massa quasi irrilevante. L'ho provato, quando stavo nella capitale. Non è un viaggio comodo… ma dovrebbe funzionare, con una sola persona a bordo.
Sol lanciò un'occhiata alla valle, al di là delle sagome luminose della Tomba di Giada, dell'Obelisco e del Monolito di Cristallo, al punto dove le ombre della parete rocciosa nascondevano l'ingresso alle Grotte. Si domandò se padre Duré e Het Masteen erano ancora da soli… ancora vivi. — Pensi di andare a cercare aiuto?
— Uno di noi andrà a cercare aiuto. Riporterà la nave. O almeno la libererà e la rimanderà senza equipaggio. Possiamo tirare a sorte per vedere a chi tocca.
Stavolta fu Sol, a sorridere. — Grazie, amico mio. Duré non è in condizioni di viaggiare e comunque non conosce la strada. Io… — Sol alzò Rachel, finché la parte superiore della testa non gli toccò la guancia. — Il viaggio potrebbe durare giorni. Io… noi… non li abbiamo. Se per lei si può fare qualcosa, dobbiamo stare qui e correre il rischio. Devi andare tu.
Il Console sospirò, ma non si mise a discutere.
— E poi — continuò Sol — la nave è tua. Se qualcuno può liberarla dal blocco di Gladstone, quello sei tu. E conosci bene il governatore generale.
Il Console guardò a ovest. — Chissà se Theo è ancora al potere.
— Andiamo a informare del nostro piano padre Duré — disse Sol. — E poi, ho lasciato nella grotta i nutripac: Rachel ha fame.
Il Console arrotolò il tappeto, lo ripose nella sacca; guardò Brawne Lamia e il cavo osceno che serpeggiava nel buio. — Non le accadrà niente?
— Dirò a Paul di venire qui con una coperta e di stare con lei, mentre tu e io accompagneremo l'altro nostro invalido. Parti stanotte o aspetti l'alba?
Il Console si lisciò stancamente la guancia. — Non mi piace l'idea di superare di notte le montagne, ma non abbiamo tempo da perdere. Partirò appena avrò radunato alcune cose.