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Poi avevano varcato il campo di contenimento, erano usciti dall'atmosfera, e la velocità era aumentata mentre seguivano il nastro di acqua serpeggiante. Erano all'interno di un campo di contenimento tubolare — la logica e il fatto di essere ancora vivi lo esigevano — ma non c'era il solito scintillio e la struttura ottica così rassicurante sulle navi-albero dei Templari o negli habitat turistici aperti allo spazio. Qui c'era solo il fiume, la barca, la gente e l'immensità dello spazio.

«Non possono usare questo sistema come mezzo di trasporto fra le unità dello Sciame» aveva detto, con voce scossa, il dottor Melio Arundez. Theo aveva notato che Arundez si reggeva con dita sbiancate alla murata. L'Ouster a poppa e i due a prua avevano risposto solo con un cenno di conferma, quando il Console aveva domandato se era quello il trasporto promesso.

«Vogliono mettersi in mostra» aveva detto piano il Console. «Quando lo Sciame è fermo, si servono del fiume, ma per scopi cerimoniali. Se lo usano quando lo Sciame è in movimento, lo fanno solo per ottenere un certo effetto.»

«Per impressionarci con la loro tecnologia superiore?» aveva chiesto Theo, sottovoce.

Il Console aveva annuito.

Il fiume compiva giravolte nello spazio, a tratti si ripiegava quasi su se stesso in curve grandi e assurde, a tratti si attorcigliava in spire strette come funi di fibroplastica, ma scintillava sempre alla luce del sole di Hyperion e rimpiccioliva all'infinito più avanti. A volte oscurava il sole e allora aveva colori fantastici; Theo rimase a bocca aperta, quando il fiume descrisse un anello di cento metri sopra di loro, con il contorno di pesci contro il disco del sole.

Ma il fondo della barca era sempre in basso e procedevano, a quella che certo era la velocità di trasferimento cislunare, in un fiume non interrotto da rocce né da rapide. Sembrava, come notò Arundez dopo qualche minuto di viaggio, di spingere la canoa oltre il bordo di un'immensa cascata e godersi la discesa.

Il fiume oltrepassò alcuni elementi dello Sciame, che riempivano il cielo come false stelle: massicce fattorie cometa, con la superficie polverosa interrotta dalle geometrie delle messi sotto vuoto spinto; città globulari a zero-g, grandi sfere irregolari di membrana trasparente che sembravano improbabili amebe piene di flora e di fauna affaccendate; gruppi di compressione lunghi dieci chilometri, accresciuti nel corso dei secoli, con i moduli più interni e i contenitori di vita e le ecologie che sembravano oggetti artigianali privi di utilità, rubati a O'Neill e all'alba dell'era spaziale; foreste vaganti che ricoprivano centinaia di chilometri come immensi letti galleggianti di fuchi, connessi ai propri gruppi di compressione e ai noduli di comando mediante campi di contenimento e intricate matasse di radici e di stoloni… le forme-albero sferiche che ondeggiavano alle brezze gravitazionali e splendevano di verde vivo e di arancione scuro e delle centinaia di sfumature dell'autunno della Vecchia Terra quando si trovavano sotto la luce diretta del sole; asteroidi resi cavi, da tempo abbandonati dai residenti, ora ceduti alla produzione automatizzata e ai riprocessori di metallo pesante, ogni centimetro della superficie rocciosa coperto da costruzioni, camini e scheletriche torri di raffreddamento, il bagliore dei loro fuochi di fusione interna che rendevano ogni mondo pieno di scorie simile alla fucina di Vulcano; immensi globi di ancoraggio la cui scala era evidenziata da navi da guerra della grandezza di navi torcia e incrociatori che svolazzavano intorno come spermatozoi all'attacco di un ovulo; e, più indelebili, organismi che il fiume sfiorava o che volavano lungo il fiume… organismi che potevano essere manufatti o nati, ma probabilmente tutt'e due le cose, grandi sagome di farfalle che aprivano al sole ali di energia, insetti che erano vascelli spaziali o viceversa, con le antenne che si giravano verso il fiume al passaggio della gondola, occhi sfaccettati che luccicavano alla luce delle stelle, sagome dalle ali più piccole — umane — che entravano e uscivano da un'apertura in un ventre grande quanto il portello navette di un trasporto truppe della FORCE.

E infine erano giunti alla montagna… un'intera catena, in realtà: alcune montagne butterate da centinaia di bolle ambientali, alcune aperte allo spazio ma sempre densamente popolate, alcune collegate alle altre da ponti sospesi lunghi trenta chilometri o da affluenti, altre regali nel loro isolamento, parecchie vuote e formali come un giardino Zen. Poi la montagna finale, più alta di Mons Olympus e di monte Hillary su Asquith, e il penultimo tuffo del fiume verso la vetta, con Theo e il Console e Arundez, pallidi e muti, aggrappati con quieta intensità ai banchi, mentre si tuffavano per gli ultimi chilometri a velocità all'improvviso percettibile e terrificante. Infine, negli impossibili ultimi cento metri, mentre il fiume perdeva energia senza decelerare, furono di nuovo circondati da un'atmosfera più estesa e la barca si fermò in un prato erboso dove il Tribunale di Clan degli Ouster era in attesa, e le pietre si alzavano nel loro cerchio di silenzio simili a quelle di Stonehenge.

«Se volevano impressionarmi» aveva mormorato Theo, mentre la barca urtava la riva erbosa «ci sono riusciti in pieno.»

— Perché è tornato nello Sciame? — domandò Freeman Ghenga. Andò avanti e indietro, muovendosi nella bassa gravità con la grazia comune solo a chi è nato nello spazio.

— Il PFE Gladstone mi ha chiesto di tornare — rispose il Console.

— Ed è venuto pur sapendo di perdere la vita?

Da buon gentiluomo e diplomatico, il Console non scrollò le spalle, ma la sua espressione trasmise il medesimo messaggio.

— Cosa vuole Gladstone? — domandò un altro Ouster, l'uomo che Ghenga aveva presentato come Portavoce dei Cittadini Eleggibili, Coredwell Minmun.

Il Console espose i cinque punti del PFE.

Il Portavoce Minmun incrociò le braccia e guardò Freeman Ghenga.

— Risponderò ora — disse Ghenga. Guardò Arundez e Theo. — Voi due ascoltate attentamente, nel caso che il latore di queste domande non torni con voi alla nave.

— Un momento — disse Theo, avanzando di un passo per fronteggiare l'Ouster più alto di lui. — Prima di pronunciare una sentenza, dovete tenere conto del fatto che…

— Silenzio — ordinò il Portavoce Freeman Ghenga, ma Theo era già stato zittito dalla mano del Console sulla spalla.

— Risponderò ora alle domande — ripeté Ghenga. Molto in alto, una ventina delle piccole navi da guerra che la FORCE chiamava lancer passò in un lampo silenzioso, saettando a zigzag come un banco di pesci, a un'accelerazione di 300 g.

— Primo — disse Ghenga — Gladstone domanda perché attacchiamo la Rete. — S'interruppe, guardò gli altri sedici Ouster lì riuniti, proseguì. — Noi non l'attacchiamo. A parte questo Sciame, che voleva occupare Hyperion prima che le Tombe del Tempo si aprissero, nessun altro attacca la Rete.

Tutt'e tre gli uomini dell'Egemonia si fecero avanti. Anche il Console aveva perso la patina di calma assorta e quasi balbettava per l'agitazione.

— Non è vero! Abbiamo visto noi le…

— Ho visto le immagini astrotel riguardanti…

— Porta del Paradiso è stato distrutto! Bosco Divino è stato bruciato!

— Silenzio! — ordinò Freeman Ghenga. E nel silenzio disse: — Solo questo Sciame è in guerra con l'Egemonia. I nostri Sciami Confratelli sono dove i rivelatori a lungo raggio della Rete li hanno localizzati all'inizio… si allontanano dalla Rete, fuggono da altre provocazioni come lo scontro di Bressia.

Il Console si strofinò il viso come uno che si svegli. — Ma allora chi…

— Infatti — disse Freeman Ghenga. — Chi ha la capacità di portare avanti una simile sciarada? E il motivo per uccidere esseri umani a miliardi?

— Il Nucleo? — mormorò il Console.

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