Литмир - Электронная Библиотека
A
A

55

Attracco

Il record di costruzione giornaliera era trenta chilometri, ottenuto quando si stava montando la sezione più sottile e leggera della Torre. Adesso che in orbita si stava completando la parte più massiccia della costruzione, il suo nucleo finale, la velocità era scesa a due chilometri al giorno. Era un ritmo più che rispettabile; Morgan avrebbe avuto il tempo di controllare l'allineamento dei portelli e di studiare mentalmente i secondi, piuttosto pericolosi, che passavano tra la conferma dell'attracco e l'allentamento dei freni del Ragno. Se avesse frenato per troppo tempo, si sarebbe scatenata una gara di resistenza, tutt'altro che leale, fra la capsula e le megatonnellate in movimento della Torre.

Quindici minuti, lunghi ma tranquilli ; abbastanza, sperava Morgan, per calmare CORA. Verso la fine sembrò succedere tutto in fretta, e negli ultimi istanti, mentre quella fetta di cielo solidificato scendeva su di lui, gli parve di essere una formica sul punto di venir schiacciata da una pressa. Un secondo prima la base della Torre era ancora lontana metri; un secondo dopo udì e visse l'impatto del meccanismo d'attracco.

Ora molte vite dipendevano dall'abilità e precisione con cui ingegneri e operai, anni prima, avevano compiuto il proprio lavoro. "Se" i manicotti non si univano entro i limiti massimi di tolleranza; "se" il meccanismo di attracco non funzionava perfettamente; "se" la guarnizione non era a tenuta d'aria… Morgan cercò d'interpretare l'insieme di suoni che gli arrivarono alle orecchie, ma non possedeva la capacità necessaria a decifrarne i messaggi.

Poi, come un segnale di vittoria, sul pannello indicatore apparve la scritta ATTRACCO COMPLETATO. Per dieci secondi gli elementi telescopici sarebbero riusciti ad assorbire ancora il movimento in avanti della Torre. Morgan ne lasciò trascorrere cinque prima di togliere con cautela estrema i freni. Era pronto a rimetterli immediatamente in azione se il Ragno avesse preso a cadere in basso, ma i sensori dicevano la verità. Ormai la Torre e la capsula erano saldate assieme. Morgan doveva solo salire qualche piolo della scaletta e sarebbe giunto a destinazione.

Dopo aver comunicato coi giubilanti ascoltatori sulla Terra e sulla Stazione di Mezzo, restò seduto un attimo a riprendere fiato. Strano pensare che era la seconda visita lì, ma della prima, dodici anni addietro e trentaseimila chilometri più in alto, ricordava pochissimo. Quando si erano gettate le fondamenta (nessuno aveva trovato un termine più adatto), c'era stata una festicciola lì, e si erano fatti molti brindisi a gravità zero. Perché quella non era solo la prima parte della Torre a venir costruita; era anche quella che per prima sarebbe giunta in contatto con la Terra, al termine della sua lunga discesa dall'orbita. Di conseguenza era parsa necessaria almeno una piccola cerimonia; e adesso Morgan ricordava che persino il senatore Collins, suo vecchio nemico, era stato tanto gentile da partecipare e augurargli buona fortuna con un discorso pungente ma pieno di spirito. Ora sarebbe stato ancor più opportuno celebrare.

Morgan udiva già un debole risuonare di colpetti di benvenuto dall'altra parte del portello. Slacciò la cintura di sicurezza, si mise goffamente in piedi sul sedile, e cominciò a salire la scaletta. Il portello oppose una debole resistenza, come se le forze coalizzate contro di lui tentassero un ultimo, debole gesto, e ci fu il sibilo dell'aria mentre la pressione si normalizzava. Poi il portello circolare si aprì verso l'alto, e mani ansiose lo aiutarono a salire nella Torre. Morgan respirò la prima boccata di quell'aria fetida e si chiese come avessero fatto a sopravvivere lì dentro. Se la sua missione fosse fallita, era assolutamente certo che un secondo tentativo sarebbe giunto troppo tardi.

La stanza nuda, spoglia, era illuminata solo dai pannelli solari fluorescenti che da più di dieci anni, pazientemente, catturavano e poi liberavano l'energia solare, in previsione dell'emergenza che adesso si era verificata. L'illuminazione metteva a nudo una scena che poteva appartenere a una antica guerra: pochi superstiti scarmigliati, ormai senza casa, erano fuggiti da una città devastata per trovare asilo in un rifugio antiaereo, con le poche cose che erano riusciti a salvare. Però, a quell'epoca non molti superstiti avrebbero avuto sulle borse etichette come PROIEZIONE, COMPAGNIA DELL'HOTEL LUNARE, PROPRIETÀ DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI MARTE, o l'onnipresente NON LASCIARE NEL VUOTO. E non sarebbero stati così contenti: persino quelli che erano sdraiati a terra per risparmiare ossigeno gli rivolsero un sorriso e un saluto languido. Morgan aveva appena risposto al saluto quando le sue gambe cedettero e tutto svanì. Non era mai svenuto in vita sua, e quando il soffio d'ossigeno fresco gli fece riprendere conoscenza provò subito un senso d'imbarazzo. Vide forme con la maschera chine tutt'attorno. Per un attimo si chiese se si trovava in ospedale; poi la mente e gli occhi ripresero a funzionare normalmente. Mentre lui era svenuto gli altri dovevano aver scaricato il suo prezioso carico.

Quelle maschere erano i filtri molecolari che aveva portato alla Torre: sistemati sul naso e sulla bocca bloccavano il CO2 ma permettevano il passaggio dell'ossigeno. Semplici, eppure tecnologicamente sofisticati, permettevano di sopravvivere in una atmosfera che avrebbe causato l'asfissia istantanea. Per respirare attraverso i filtri occorreva uno sforzo leggermente maggiore del normale, ma la natura non dà mai niente per niente, ed era un prezzo modestissimo da pagare.

Morgan, per quanto debole, rifiutò ogni aiuto per rimettersi in piedi; poi gli vennero presentati gli uomini e le donne che aveva salvato. C'era una cosa che lo preoccupava: mentre era svenuto, CORA era uscita in uno dei suoi monologhi? Non voleva sollevare l'argomento, ma si chiedeva…

— A nome di tutti noi — disse il professor Sessui, con sincerità e con la goffaggine di chi non era troppo abituato a essere tanto cortese — voglio ringraziarvi per quello che avete fatto. Vi dobbiamo tutti la vita.

Una risposta logica o coerente avrebbe puzzato di falsa modestia, per cui Morgan sfruttò la scusa di aggiustarsi la maschera per mormorare qualcosa d'incomprensibile. Stava per controllare che tutto il materiale del Ragno fosse stato scaricato quando il professor Sessui aggiunse, piuttosto ansioso: — Mi spiace di non potervi offrire una sedia. Questo è il meglio possibile. — Indicò due scatole per strumenti, una sopra l'altra. — Dovreste proprio riposare.

Quella frase gli era familiare: allora CORA "aveva" parlato. Ci fu una pausa leggermente imbarazzata. Morgan digerì il fatto, e gli altri ammisero di sapere, e lui fece capire che sapeva che sapevano; il tutto senza dire una sola parola, secondo il tipo di regresso psicologico all'infinito che si verifica quando un gruppo di persone divide in maniera totale un segreto che nessuno menzionerà mai più.

Respirò qualche boccata d'aria (era sorprendente come si facesse in fretta ad abituarsi alle maschere) e si accomodò sul sedile che gli avevano offerto. "Non voglio svenire di nuovo" si disse con decisione estrema. "Devo consegnare la roba e andarmene il più in fretta possibile. Speriamo che CORA non si faccia più sentire."

— Quel barattolo di materiale di tenuta — disse, indicando la più piccola delle scatole che aveva portato — dovrebbe sistemare la perdita. Spruzzatelo attorno alla guarnizione del portello; solidifica in pochi secondi. Usate l'ossigeno solo se è assolutamente necessario. Probabilmente vi servirà quando dormite. C'è una maschera anti-CO2 per tutti, e un paio di scorta. E lì avete cibo e acqua per tre giorni. Dovrebbero essere più che sufficienti. La capsula della Dieci C dovrebbe arrivare qui domani. Per quanto riguarda i medicinali, spero che non avrete bisogno di tutta quella roba.

58
{"b":"119995","o":1}