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ЛитМир: бестселлеры месяца
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Lontane appena venti chilometri! Poteva arrivarci in una dozzina di minuti, attraversare il pavimento di quel piccolo edificio quadrato che vedeva splendere in cielo, portare doni come un Babbo Natale troglodita. Era deciso a rilassarsi, a seguire gli ordini di CORA, ma gli era impossibile. Sentì che i suoi muscoli si tendevano, come se i suoi sforzi fisici potessero servire a spingere il Ragno lungo l'ultimo tratto di percorso.

A dieci chilometri dall'obiettivo il rumore del motore variò sensibilmente. Morgan se l'era aspettato, e reagì immediatamente. Senza attendere ordini da Terra ridusse la velocità a cinquanta chilometri orari. A quella velocità gli restavano "ancora" dodici minuti di viaggio, e cominciò a chiedersi, disperato, se non si trattasse di un avvicinamento asintotico. Era una variante della corsa fra Achille e la tartaruga: se dimezzava la velocità ogni volta che si dimezzava la distanza, avrebbe raggiunto la Torre in un tempo finito? Una volta avrebbe saputo subito la risposta; adesso si sentiva troppo stanco per elaborarla.

A cinque chilometri vide i particolari della Torre: il ponte d'impalcatura e le ringhiere di protezione, l'inutile rete di sicurezza messa come contentino per l'opinione pubblica. Per quanto si sforzasse, non riusciva a scorgere il portello verso cui stava strisciando con lentezza esasperante.

E poi la cosa non importò più. Due chilometri sotto le fondamenta, i motori del Ragno si fermarono completamente. La capsula scivolò indietro di qualche metro prima che Morgan riuscisse a frenare.

Eppure adesso, sorprendendo Morgan, Kingsley non sembrò disperato.

— Puoi ancora farcela — disse. — Da' dieci minuti alla batteria per ricaricarsi. C'è ancora energia a sufficienza per gli ultimi due chilometri.

Furono tra i dieci minuti più lunghi che Morgan avesse mai vissuto. Avrebbe potuto abbreviarli rispondendo agli appelli sempre più disperati di Maxine Duval, ma si sentiva troppo esausto emotivamente per parlare. Gli dispiaceva sinceramente, e sperava che Maxine capisse e lo scusasse.

Scambiò poche frasi con l'autista-pilota Chang, il quale gli disse che i prigionieri della Torre erano ancora in ottima forma, e molto incoraggiati dalla sua vicinanza. A turno lo osservavano attraverso l'unico oblò del portello esterno della camera d'equilibrio, e non riuscivano semplicemente a credere che non fosse in grado di superare i pochi chilometri che lo dividevano da loro.

Morgan, per scaramanzia, concesse un minuto in più alla batteria. Fu sollevato nel vedere che il motore ruggiva con forza, avanzando a buona velocità. Il Ragno arrivò a mezzo chilometro dalla Torre prima di fermarsi di nuovo.

— La prossima volta ce la fai — disse Kingsley, anche se a Morgan sembrava che l'ottimismo del suo amico suonasse un po' forzato. — Mi spiace per tutte queste soste…

— Altri dieci minuti?

— Temo di sì. E questa volta da' impulsi di trenta secondi, con un intervallo di un minuto fra l'uno e l'altro. Così sfrutterai gli ultimi erg della batteria.

"E i miei" pensò Morgan. Strano che CORA se ne stesse tranquilla da tanto tempo. Eppure, questa volta non si era stancato fisicamente; era soltanto una sensazione.

Preoccupato com'era per il Ragno, aveva trascurato se stesso. Nell'ultima ora aveva dimenticato le tavolette energetiche a residuo zero di glucosio e il tubicino di plastica del succo d'arancia. Dopo le tavolette e il succo si sentì molto meglio. Gli sarebbe piaciuto poter trasmettere alla batteria agonizzante un po' del suo surplus di calorie.

Era un salto nel buio, certo. Quanti aerei non si erano schiantati sull'orlo della pista, dopo aver attraversato un oceano? Quante volte le macchine o i muscoli non avevano ceduto a pochi millimetri dal punto d'arrivo? Fortuna e sfortuna accadevano a tutti, in un modo o nell'altro. Non aveva diritto di aspettarsi un trattamento speciale.

La capsula avanzò a colpi e strattoni, come un animale moribondo in cerca dell'ultimo rifugio. Quando finalmente la batteria si spense, la base della Torre sembrava riempire il cielo.

Ma era ancora a venti metri sopra di lui.

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Teoria della relatività

Va a merito di Morgan l'aver provato la sensazione che il "suo" destino fosse segnato, nel terribile momento in cui le ultime riserve d'energia si esaurirono e le luci sul pannello di controllo del Ragno si spensero. E per diversi secondi non ricordò nemmeno che doveva solo allentare i freni per ritornare sulla Terra. Entro tre ore poteva mettersi tranquillamente a letto. Nessuno poteva rimproverarlo se la missione era fallita; aveva fatto tutto quello che era umanamente possibile.

Per un po' fissò, con furia repressa, quell'inaccessibile quadrato su cui si proiettava l'ombra del Ragno. La sua mente elaborò una quantità di progetti pazzeschi, e li respinse tutti. Se avesse avuto ancora la sua fedele filiera… Ma sarebbe stato impossibile agganciare l'iperfilamento alla Torre. "Se" i sette superstiti avessero avuto una tuta spaziale, qualcuno avrebbe potuto tendergli una corda; ma non c'era stato il tempo di salvare nessuna tuta sul traslatore in fiamme.

Ovviamente, se si fosse trattato di un videodramma e non di un problema reale, qualcuno avrebbe potuto sacrificarsi (meglio ancora se era una donna): bastava che s'infilasse nel portello e gli lanciasse una corda, sfruttando i quindici secondi di coscienza per salvare gli altri. La disperazione di Morgan era tale che, per un brevissimo momento, prese in considerazione l'idea; poi tornò il buonsenso.

Da quando il Ragno aveva smesso di combattere contro la gravità al momento in cui Morgan accettò l'idea che non poteva fare più niente, era passato probabilmente meno di un minuto. Poi Warren Kingsley gli fece una domanda che, in una circostanza del genere, gli parve fastidiosa e inutile.

— Ridacci la tua distanza, Van. Quanto manca esattamente alla Torre?

— E che diavolo importa? Potrei anche essere a un anno luce.

Da Terra ci fu un silenzio breve; poi Kingsley si fece sentire di nuovo, col tono di chi si rivolgesse a un bambino piccolo o a un invalido intrattabile. — Fa un sacco di differenza. Hai detto "venti" metri?

— Sì, più o meno.

Incredibilmente, chiaramente, Warren uscì in un sospiro di sollievo fortissimo. Quando rispose, la sua voce era persino gioiosa. — E per tutti questi anni, Van, ho creduto che fossi "tu" l'ingegnere capo del progetto. Supponi che si tratti esattamente di venti metri…

Il grido esplosivo di Morgan gli impedì di terminare la frase. — Che idiota! Di' a Sessui che attraccherò fra… oh, quindici minuti.

— Quattordici virgola cinque, se la distanza è esatta. E non c'è niente che ti possa fermare.

Quella era una frase rischiosa, e Morgan desiderò che Kingsley non l'avesse detta. A volte i dispositivi d'aggancio non si univano perfettamente, a causa di imperfezioni minime di costruzione. E non c'era mai stata nessuna possibilità di sperimentare quei dispositivi.

Si sentiva solo leggermente imbarazzato del suo vuoto mentale. Dopo tutto, in situazioni di tensione estrema si poteva scordare anche il proprio numero di telefono, persino la data di nascita. E, fino a quel momento, il fattore che adesso era il più importante della situazione era stato di così scarso rilievo che lo si poteva tranquillamente dimenticare. Era tutta una faccenda di relatività. Lui non poteva raggiungere la Torre, ma la Torre avrebbe raggiunto lui.

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