Adesso soltanto due di quei binari erano ancora in funzione. Tra poche ore lo Stellisolano e la Sua scorta avrebbero risalito quell'enorme colonna piena di scanalature, per tornare alla Città ad Anello che circondava il globo.
Lo Stellisolano rovesciò gli occhi per ottenere la visione telescopica, e scrutò lentamente lo zenit. Sì, eccola lì, difficile da vedere di giorno, ma tutto diventava più semplice di notte, quando il chiarore solare che si alzava dietro l'ombra della Terra la illuminava ancora. Il nastro sottile che tagliava il cielo in due emisferi era un piccolo mondo, dove mezzo miliardo di esseri umani avevano scelto di restare e di vivere a gravità zero.
E più in alto, poco sopra la Città ad Anello, c'era l'astronave che aveva trasportato lo Stellisolano e gli altri Compagni dell'Alveare oltre gli abissi interstellari. Già ora la stavano preparando a ripartire, senza nessuna fretta, con diversi anni d'anticipo, in previsione del suo viaggio di seicento anni. Il che, naturalmente, non avrebbe significato niente per lo Stellisolano, poiché Lui Si sarebbe riconiugato solo verso la fine del viaggio; ma forse poi Si sarebbe trovato di fronte al compito più gravoso della Sua lunga carriera. Per la prima volta, una Stellasonda era stata distrutta, o per lo meno messa a tacere, subito dopo essere entrata in un sistema solare. Forse la sonda era finalmente giunta in contatto coi misteriosi Cacciatori dell'Alba che avevano lasciato tracce su tanti mondi, e che sembravano così inesplicabilmente vicini all'Inizio. Se lo Stellisolano fosse stato capace di provare sorpresa, o paura, le avrebbe provate entrambe, mentre contemplava il futuro che Lo attendeva fra seicento anni.
Ma adesso Lui si trovava sulla cima nevosa di Yakkagala, e scrutava il ponte per le stelle creato dall'Uomo. Chiamò i bambini al Suo fianco (capivano sempre quando Lui voleva che ubbidissero "sul serio") e indicò la montagna a sud.
— Sapete perfettamente bene — disse, con un'esagerazione solo in parte simulata — che il primo Capolinea Terrestre è stato costruito duemila anni "dopo" le rovine di quel palazzo. — I bambini annuirono in un solenne cenno d'assenso. — Allora perché — Lui chiese, tracciando la linea che dallo zenit scendeva alla cima della montagna — "perché" chiamate quella colonna la Torre di Kalidas?
FINE