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Abbandonati i sogni del passato, Morgan e Kingsley s'incamminarono verso la realtà del futuro. Al di là della grande vetrata d'osservazione, un sistema di laser proiettava una stupefacente visuale della Terra, e non una visuale "qualsiasi", notò soddisfatto Morgan, ma quella esatta. Taprobane era nascosta, ovviamente, perché si trovava direttamente sotto di loro; ma appariva l'intero subcontinente indiano, fino alle nevi bianchissime dell'Himalaya.

— Sai — disse all'improvviso Morgan — succederà esattamente come per il Ponte, una seconda volta. La gente farà il viaggio solo per ammirare il panorama. La Stazione di Mezzo potrebbe diventare la più grande attrazione turistica della storia. — Gettò un'occhiata al soffitto azzurro-blu. — C'è niente d'interessante all'ultimo piano?

— Niente di speciale. La camera d'equilibrio è ultimata, ma non abbiamo ancora deciso dove mettere il dispositivo di supporto del sistema di sopravvivenza e gli strumenti elettronici per il centraggio dei binari.

— Problemi?

— No, con i nuovi magneti. In accelerazione o in inerzia possiamo garantire un gioco perfetto fino a ottomila chilometri orari, cioè il cinquanta per cento in più della velocità massima prevista.

Morgan si concesse un sospiro di sollievo. In quel settore era del tutto incapace di formulare giudizi, e doveva affidarsi completamente alla competenza di altri. Sin dall'inizio era stato chiaro che a velocità del genere ci si poteva affidare soltanto a qualche sistema di propulsione magnetica; anche il minimo contatto "fisico", a più di un chilometro al secondo, avrebbe provocato la catastrofe. Eppure, le quattro paia di scanalature di guida che correvano sui lati della torre avevano solo pochi centimetri di gioco attorno ai magneti; dovevano essere costruite in modo che potessero generarsi in continuazione forze stabilizzatrici enormi, in grado di correggere tutti gli spostamenti della capsula rispetto alla linea centrale.

Mentre seguiva Kingsley giù per la scala a chiocciola che attraversava l'intera lunghezza della capsula, Morgan fu colpito all'improvviso da un pensiero cupo. "Sto diventando vecchio" si disse. "Oh, avrei potuto salire fino al sesto piano senza problemi; ma sono contento che abbiamo deciso di non andarci.

"Ho solo cinquantanove anni, e ne occorreranno almeno altri cinque, ammesso che tutto vada bene, perché la prima capsula passeggeri raggiunga la Stazione di Mezzo. Poi altri tre anni di prove, tarature, correzioni. Diciamo dieci anni, per stare sul sicuro…"

Faceva caldo, ma lui sentì un brivido improvviso. Per la prima volta, a Vannevar Morgan venne in mente che il trionfo a cui aveva dedicato tutto se stesso poteva giungere troppo tardi. E, inconsciamente, premette la mano contro il sottile disco di metallo nascosto dentro la camicia.

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CORA

— Perché hai aspettato fino ad oggi? — aveva chiesto il dottor Sen, col tono di chi si rivolgesse a un bambino ritardato.

— Il solito motivo — rispose Morgan, lasciando correre il pollice buono lungo l'allacciatura della camicia. — Avevo troppo da fare… E se mi veniva il fiato corto davo la colpa all'altitudine.

— Certo l'altitudine ha la sua parte di responsabilità. Sarà meglio che tu faccia fare un esame a tutti i tuoi uomini che lavorano sulla montagna. Come hai fatto a trascurare un particolare così ovvio?

"Già, come ho fatto?" si chiese Morgan imbarazzato.

— Quei monaci… Alcuni avevano passato l'ottantina! Stavano così bene che non mi è mai venuto in mente…

— I monaci vivono lassù da anni. Si sono adattati perfettamente. Ma tu hai continuato a salire e scendere parecchie volte al giorno…

— …Al massimo due…

— …Passando dal livello del mare a mezza atmosfera in pochi minuti. Ad ogni modo il danno non è troppo grave… Se d'ora in poi seguirai le istruzioni. Mie, e di CORA.

— CORA?

— Allarme coronario.

— Oh… Uno di quegli aggeggi.

— Sì. Uno di "quegli" aggeggi. Salvano circa dieci milioni di vite l'anno. Pezzi grossi del governo, uomini d'affari importanti, eminenti scienziati, ingegneri di fama e altri stupidi del genere. Mi chiedo spesso se ne vale la pena. Può darsi che la natura stia cercando di dirci qualcosa che noi non ascoltiamo.

— Ricordati del tuo giuramento ippocratico, Bill — ribatté Morgan con un sorriso. — E devi ammettere che io ho sempre fatto quello che mi dicevi. Andiamo, il mio peso non è cambiato d'un chilo in dieci anni.

— Uhm… Be', non sei il peggiore dei miei pazienti — ammise il medico, un po' più malleabile. Frugò sulla scrivania e trovò un grande olocatalogo. — Scegli tu. Questi sono i modelli correnti. Per il colore come preferisci, basta che sia il rosso medico unificato.

Morgan accese le immagini e le studiò con disgusto.

— Dove dovrei tenere questa cosa? — chiese. — Oppure vuoi trapiantarla?

— Non è necessario, almeno per ora. Forse entro cinque anni, però è da vedere. Ti consiglio di cominciare con questo tipo: si porta sotto lo sterno, per cui non c'è bisogno di sensori remoti. Dopo un po' non ti ricorderai nemmeno che esiste. E non ti darà fastidio, a meno che non sia indispensabile.

— Nel qual caso?

— Stai a sentire.

Il dottore premette uno dei numerosi pulsanti sul terminale della scrivania, e una voce dolce da mezzosoprano disse, in tono calmissimo: — Penso che dovreste sedervi a riposare per dieci minuti circa. — Dopo una breve pausa, continuò: — Sarebbe una buona idea coricarsi per una mezz'oretta. — Un'altra pausa. — Non appena possibile, fissate un appuntamento col dottor Sen. — Poi: — Per favore, prendete immediatamente una delle pillole rosse… Ho chiamato l'ambulanza. Restate coricato e calmo. Andrà tutto bene. — Morgan si tappò quasi le orecchie con le mani per non udire quel fischio penetrante. — Questo è un allarme CORA. Per favore, chiunque si trovi nel raggio della mia voce mi raggiunga immediatamente. Questo è un allarme CORA. Per favore…

— Credo che avrai afferrato l'idea — disse il medico, ristabilendo il silenzio nel suo studio. — Naturalmente i programmi e le reazioni sono studiati su misura per il paziente. E c'è un'ampia scelta di voci, alcune famose.

— Delizioso. Quando sarà pronto il mio apparecchio?

— Ti chiamo fra tre giorni. Oh, già. I modelli sternali hanno un vantaggio che dovrei sottolineare.

— E quale sarebbe?

— Uno dei miei pazienti è un accanito giocatore di tennis. Dice che quando apre la maglietta, la vista di quella scatoletta rossa ha un effetto assolutamente terribile sull'avversario.

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Vertigine

Un tempo, uno dei compiti più modesti (ma spesso più importanti) di ogni uomo civile era l'aggiornamento regolare del taccuino d'indirizzi. Il codice universale aveva reso superflua quell'operazione: bastava conoscere il numero d'identità personale di un individuo per poterlo rintracciare entro pochi secondi. E anche se non si conosceva il numero, in genere i normali programmi di ricerca potevano scoprirlo piuttosto in fretta, servendosi della data approssimativa di nascita, della professione e di pochi altri dettagli (ovviamente si creava qualche problema se il nome era Smith, o Singh, o Mohammed…).

Lo sviluppo della rete mondiale d'informazioni aveva reso superfluo anche un altro dovere noioso. Bastava contrassegnare con una sigla particolare i nomi degli amici a cui si volevano porgere gli auguri per il compleanno o per occasioni simili, e il computer domestico avrebbe provveduto a tutto. Il giorno stabilito (a meno che, come succedeva spesso, non si fosse commesso qualche stupido errore di programmazione) il messaggio più appropriato sarebbe giunto automaticamente a destinazione. E per quanto il destinatario potesse sospettare che le calde parole che apparivano sul suo schermo fossero opera solo di strumenti elettronici, e che magari chi le firmava non pensava a lui da anni, il gesto era sempre gradito.

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