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— Anche se riesci a tener fede ai programmi, e ammetto che col Ponte sei andato in ritardo solo di un anno, per quella data io avrò novantotto anni. No, temo di non arrivarci.

"Ma io ci arriverò" pensò Morgan. "Perché adesso so che gli dèi stanno dalla mia parte, anche se ignoro quali dèi siano."

PARTE QUARTA

La Torre

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Espresso spaziale

— Risparmiati le battute — lo pregò Warren Kingsley. — Non dirmi che se ne resterà incollato al terreno.

— Mi era venuta la tentazione — ridacchiò Morgan, esaminando il modello dimostrativo a grandezza naturale. — Sembra proprio un vagone ferroviario messo in piedi.

— È esattamente l'immagine che vogliamo proporre — rispose Kingsley. — Uno compera il biglietto alla stazione, sistema i bagagli, si accomoda sulla poltroncina e ammira il panorama. Oppure può andare nel salottino-bar e passare le cinque ore successive a bere sul serio, finché lo trascinano fuori alla Stazione di Mezzo. Tra parentesi, cosa ne pensi dell'idea della Sezione Design, decorazioni stile carrozza di lusso del diciannovesimo secolo?

— Non mi sembra un granché. Le carrozze di quell'epoca non possedevano cinque piani circolari, l'uno sopra l'altro.

— Sarà meglio che lo dica ai ragazzi. Si sono innamorati dell'illuminazione a gas.

— Se vogliono uno stile un po' più adatto, una volta ho visto un vecchio film di fantascienza al museo d'arte di Sydney. C'era un'astronave che aveva una sala d'osservazione circolare. Proprio quello che ci occorre.

— Ricordi il titolo?

— Oh… fammi pensare… Qualcosa tipo "Guerre spaziali Duemila". Sono certo che riuscirai a rintracciarlo.

— Dirò alla Sezione Design di cercarlo. Entriamo. Vuoi un casco protettivo?

— No — rispose bruscamente Morgan. Quello era uno dei pochi vantaggi dell'essere dieci centimetri più basso della media.

Entrando nel modello, Morgan provò un brivido d'eccitazione quasi fanciullesca. Aveva studiato i progetti, osservato i computer che lavoravano su grafici e bozzetti; gli sarebbe stato tutto familiare. Ma adesso era "vero", solido. D'accordo, sarebbe rimasto incollato al terreno, per usare quella vecchia frase. Ma un giorno, capsule perfettamente identiche a quella si sarebbero lanciate fra le nubi, raggiungendo in sole cinque ore la Stazione di Mezzo, a venticinquemila chilometri dalla Terra. E il tutto per la modica spesa di un dollaro d'elettricità per passeggero.

Persino in quel momento era impossibile comprendere fino in fondo il significato della rivoluzione imminente. Per la prima volta, lo spazio sarebbe diventato accessibile quanto qualsiasi punto sulla superficie della Terra. Entro pochi decenni, se l'uomo medio avesse voluto trascorrere il week-end sulla Luna, se lo sarebbe potuto permettere. E nemmeno Marte sarebbe stato inaccessibile. Non c'erano limiti a quello che diventava possibile. Morgan tornò di colpo alla realtà: aveva quasi inciampato in un tappeto messo giù male.

— Scusa — disse la sua guida. — Un'altra idea del Design. Il verde dovrebbe ricordare ai passeggeri la Terra. I soffitti saranno blu, sempre più scuri di piano in piano. E vogliono usare l'illuminazione indiretta dappertutto, in modo che le stelle siano visibili.

Morgan scosse la testa. — È una bella idea, ma non può funzionare. Se l'illuminazione è abbastanza forte da permettere di leggere, i riflessi offuscheranno le stelle. Ci vuole una parte della sala d'osservazione che si possa oscurare del tutto.

— È già previsto per una fetta del bar. Uno arriva, ordina da bere, e scompare nell'ombra.

Adesso si trovavano nel piano più basso della capsula, una stanza circolare di otto metri di diametro, alta tre. Tutto intorno c'erano scatole di varie dimensioni, cilindri e pannelli di controllo con scritte come RISERVA D'OSSIGENO, BATTERIA, ASSORBITORE DI CO2, MEDICINALI, CONTROLLO TEMPERATURA. Era chiaro che il tutto era momentaneo, provvisorio, che la disposizione poteva essere cambiata nel giro d'un momento.

— Chiunque crederebbe che stiamo costruendo un'astronave — commentò Morgan. — Fra l'altro, qual è l'ultima stima del periodo di sopravvivenza?

— Purché non manchi l'elettricità, una settimana come minimo, anche a pieno carico di cinquanta passeggeri. Il che è davvero assurdo, visto che una squadra di soccorso potrebbe sempre raggiungerli in tre ore, o dalla Terra o dalla Stazione di Mezzo.

— Escludendo una catastrofe totale che danneggi la Torre o i binari.

— Se dovesse succedere una cosa del genere, non credo che resterà nessuno da salvare. Ma se per qualche motivo una capsula dovesse fermarsi, e se i passeggeri non impazziscono e non si mangiano in un colpo tutte le nostre deliziose tavolette d'emergenza di cibo compresso, il loro problema sarà la noia.

Il secondo piano era completamente vuoto. Non c'erano nemmeno arredi provvisori. Qualcuno aveva tracciato un rettangolo ampio sul pannello in plastica della parete e aveva scritto all'interno: PORTELLO QUI?

— Questo è il bagagliaio, però non siamo sicuri se ci sarà bisogno di tanto spazio. Se ne avanza, possiamo usarlo per altri passeggeri. Questo piano è molto più interessante…

Il terzo piano conteneva una dozzina di poltroncine stile aereo, tutte di modello diverso. Due di esse erano occupate da manichini molto realistici, un uomo e una donna, che sembravano terribilmente annoiati di tutta la faccenda.

— Praticamente abbiamo deciso per questo tipo — disse Kingsley, indicandogli una lussuosa poltroncina inclinabile a cui era collegato un tavolino — ma faremo i soliti test prelminari.

Morgan affondò il pugno nel cuscino.

— Qualcuno è rimasto seduto lì per cinque ore? — chiese.

— Sì. Un volontario che pesa cento chili. Niente piaghe da decubito. Se i passeggeri si lamentano, ricorderemo loro i primi giorni dell'aviazione, quando erano necessarie cinque ore solo per trasvolare il Pacifico. E, naturalmente, per quasi tutto il viaggio ci è possibile offrire la comodità di una gravità ridotta.

Il piano superiore era identico al precedente, ma senza poltrone. Lo attraversarono in fretta e salirono al livello successivo, a cui i progettisti avevano dedicato particolare attenzione.

Il bar sembrava quasi vero, e in effetti il distributore di caffè funzionava. Appena sopra, in una cornice estremamente elaborata, c'era un'antica stampa così piena di significati da mozzare il respiro a Morgan. In alto a sinistra campeggiava un'enorme luna piena, verso cui correva un treno a forma di proiettile, con quattro vagoni. Dai finestrini del vagone di prima classe sporgevano le bombette di personaggi vittoriani, che ammiravano lo spettacolo.

— Dove l'hai trovato? — chiese Morgan, con un misto di sorpresa e di ammirazione.

— È caduta di nuovo la targhetta — si scusò Kingsley, chinandosi dietro il banco del bar. — Ah, eccola qui.

Tese a Morgan un pezzo di cartone su cui era scritto, a vecchi caratteri tipografici:

TRENO PROIETTILE PER LA LUNA
Stampa dall'edizione 1881 di
DALLA TERRA ALLA LUNA
Diretto
In 97 ore e 20 minuti
E UN VIAGGIO ATTORNO ALLA LUNA
Di Jules Verne

— Temo di dover dire che non l'ho mai letto — confessò Morgan dopo aver assimilato l'informazione. — Mi avrebbe risparmiato un sacco di guai. Però mi piacerebbe sapere come facevano a viaggiare senza rotaie…

— Non dobbiamo attribuire troppi meriti o demeriti a Jules. Questa stampa non è roba da prendere sul serio. È uno scherzo del disegnatore.

— D'accordo. Fa' i miei complimenti a quelli del Design. È una delle loro idee migliori.

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