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«Con "estinte" ti riferisci a zeplin, Seneschai e templari?»

«Sì. E agli erg… anche se non li ho ancora visti.»

«I templari e gli Ouster si sono impegnati a proteggere le specie senzienti cui l’uomo dava la caccia, come i coloni su Patto-Maui hanno cercato di salvare i delfini della Vecchia Terra. All’inizio dai primi coloni dell’Egira, poi dall’Egemonia, ora dalla Pax.»

«E le persone mitiche e defunte?»

«Ti riferisci al colonnello Kassad?»

«Anche a Het Masteen. E anche, se è per questo, a Rachel. Pare che qui ci siano tutti i personaggi dei fottuti Canti di Hyperion.»

«Non tutti» disse Aenea, sottovoce e con una certa tristezza. «Il console è morto. A padre Duré non è mai stato consentito di vivere. E mia madre non c’è più.»

«Scusa, ragazzina.»

Aenea mi toccò di nuovo la mano. «Niente, niente. So che cosa vuoi dire: lascia sconcertati.»

«Conoscevi già il colonnello Kassad o Het Masteen?»

«Mia madre mi parlò di loro, naturalmente, e zio Martin aveva alcune cose da aggiungere alla descrizione data nel suo poema. Ma erano scomparsi prima che io nascessi.»

«Scomparsi» ripetei. «Non intendi dire morti?» Cercai di ricordare le stanze dei Canti. Nel racconto del vecchio poeta, Het Masteen, il templare, la Vera Voce dell’Albero, era scomparso su Hyperion durante il viaggio sul carro a vento nel mar d’Erba, poco dopo che la sua nave-albero, la Yggdrasill, era bruciata in orbita. Gli schizzi di sangue nella cabina del templare facevano pensare allo Shrike. Het Masteen aveva lasciato sul carro a vento l’erg racchiuso nel cubo di Moebius. Dopo un certo tempo, i pellegrini avevano trovato Het Masteen nella valle delle Tombe del Tempo. Il templare non aveva saputo spiegare la sua assenza, aveva solo detto che il sangue nella cabina non era suo, aveva gridato che era suo dovere essere la Voce dell’Albero della Sofferenza, ed era morto.

Il colonnello Kassad era scomparso più o meno nello stesso periodo, poco dopo l’ingresso dei pellegrini nella valle delle Tombe del Tempo; ma, secondo i Canti di Martin Sileno, il colonnello della Force aveva seguito la sua amante fantasma, Moneta, nel lontano futuro dove lui sarebbe morto combattendo contro lo Shrike. Chiusi gli occhi e recitai:

Più tardi, nel massacro della valle,

Moneta e alcuni dei guerrieri scelti

feriti tutti,

pesti e straziati dall’orda di Shrike,

videro il corpo di Fedmahn Kassad

ancora stretto in un mortale abbraccio

al muto Shrike.

Alzarono il guerriero, lo toccarono

con la reverenza dovuta alla perdita,

gli lavarono il corpo devastato,

e dentro il Monolito di Cristallo

l’accompagnarono.

Qui l’eroe fu disteso su una lastra

di marmo bianco,

con ai piedi le armi ritrovate.

Nella valle più in là, d’un grande fuoco

s’accese l’aria.

Donne e uomini umani portar torce

nel fitto buio,

mentre scendevan altri dolcemente

nel vivido mattino di turchese,

altri venivan su navi fatate,

bolle di luce,

ed altri ancor sull’ali d’energia

o avvolti in aloni d’oro e verde.

Più tardi, sotto i fuochi delle stelle,

addio disse Moneta a quegli amici

futuri ed entrò nella Sfinge. Grandi

folle cantarono.

Ratti sporsero il muso tra stendardi

caduti dove caddero gli eroi,

mentre il vento fra lame bisbigliava

e punte e spine e cromo e carapace.

E così allora,

giù nella valle,

le Grandi Tombe luccicaron tremule,

trasfigurarono dall’oro al cupo bronzo

e nel tempo si mossero a ritroso.

«Che memoria impressionante!» commentò Aenea.

«Nonna mi dava uno scappellotto a ogni errore. Non cambiare discorso. Il templare e il colonnello per me sono morti.»

«E morti saranno. E morti saremo tutti.»

Aspettai che uscisse dalla fase "oracolo di Delfi".

«I Canti dicono che Het Masteen fu portato via da qualche parte, in qualche tempo, dallo Shrike» riprese Aenea. «Più tardi, dopo essere tornato, morì nella valle delle Tombe del Tempo. Il poema non dice se restò via un’ora o trent’anni. Zio Martin non lo sapeva.»

La guardai con l’aria di chi non abbocca. «E Kassad, ragazzina? Nel suo caso i Canti sono precisi: il colonnello segue Moneta nel lontano futuro, attacca battaglia contro lo Shrike…»

«Legioni di Shrike, in realtà» mi corresse Aenea.

«Già.» Non avevo mai capito quella parte. «Ma pare che non ci siano interruzioni temporali: il colonnello segue Moneta, combatte, muore. Il suo corpo senza vita è deposto nel Monolito di Cristallo e inizia con Moneta il grande viaggio indietro nel tempo.»

Aenea annuì e sorrise. «Con lo Shrike, anche.»

Esitai. Lo Shrike era emerso dalle Tombe, Moneta chissà come aveva viaggiato con lui, e così, per quanto i Canti dicessero chiaramente che Kassad aveva distrutto lo Shrike in quella grande battaglia finale, il mostro era inspiegabilmente ancora vivo e viaggiava con Moneta e con il corpo di Kassad nel…

"Oh, maledizione" pensai "il poema diceva davvero che Kassad era morto?"

«Zio Martin ha dovuto falsificare parti della storia, sai» disse Aenea. «Si è fatto raccontare alcune cose da Rachel, ma si è preso licenze poetiche nelle parti che non capiva.»

«Ah» dissi. "Rachel" pensai. "Moneta." I Canti avevano chiaramente suggerito che la ragazza-bambina Rachel, che con il padre Sol andò avanti nel futuro, sarebbe tornata come la donna Moneta. L’amante fantasma del colonnello Kassad. La donna che lui avrebbe seguito nel futuro, incontro al proprio destino… E che cosa mi aveva detto Rachel, qualche ora prima, quando avevo espresso il sospetto che lei ed Aenea fossero amanti? "Si dà il caso che io sia legata a un certo soldato, maschio, che incontrerai oggi. Be’, in realtà, un giorno sarò legata a lui. Cioè… merda, è complicato."

Proprio complicato. Avevo il mal di testa. Posai il bulbo di birra e mi presi la testa fra le mani.

«È ancora più complicato» disse Aenea.

La scrutai, guardando tra le dita. «Ti va di spiegare?»

«Sì, ma…»

«Lo so, lo so. In un altro momento.»

«Sì» disse Aenea, mentre le prendevo la mano.

«C’è una ragione per cui non possiamo parlarne adesso?»

Aenea annuì. «Adesso dobbiamo andare nella nostra capsula e rendere opache le pareti.»

«Andiamo?»

«Sì.»

«E poi che facciamo?»

«Poi» disse Aenea, staccandosi dalla stuoia di lappolite e tirandomi con sé «facciamo l’amore per ore.»

25

Gravità zero. Assenza di peso.

Mai in precedenza avevo apprezzato realmente quei termini e quella realtà.

La nostra capsula di soggiorno era opaca al punto che la ricca luce della sera pareva filtrare da spessa pergamena. Ancora una volta ebbi l’impressione di trovarmi in un cuore caldo. Ancora una volta capii quanto Aenea fosse nel mio cuore.

All’inizio l’incontro sfiorò l’imparzialità scientifica: Aenea mi tolse con cautela i vestiti, esaminò le cicatrici chirurgiche in via di guarigione, mi sfiorò le costole rotte e saldate, mi passò la mano lungo la schiena.

«Dovrei radermi» dissi. «E fare la doccia.»

«Sciocchezze» mormorò lei. «Ti ho fatto spugnature e bagno sonico ogni giorno, anche stamattina. Sei perfettamente pulito, amore mio. E mi piace la barba lunga.» Mi accarezzò la guancia.

Galleggiavamo sopra i ripiani-armadio, cedevoli e smussati. Aiutai Aenea a togliersi camicetta, calzoni e biancheria. Ogni capo restava a mezz’aria ed Aenea lo spingeva con un calcio nel cassetto dell’armadio; quando tutto fu dentro, chiuse col piede il pannello di fibra vegetale. Ci mettemmo a ridere. I miei vestiti galleggiavano ancora nell’aria tranquilla, le maniche della camicia parevano gesticolare lentamente.

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