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Aenea mi bisbigliò nell’auricolare del cappuccio ripiegato della dermotuta, o forse mi parlò direttamente con quel tocco alla nuca, non saprei. "Non possiamo mutare di fase con loro né servircene per combatterli. È un abuso dell’energia del Vuoto che lega. Ma posso fare in modo che ci sia possibile guardare."

E ciò che vedemmo era davvero incredibile.

All’ordine di Nemes, Scilla e Briareo si lanciarono contro lo Shrike, mentre il demone di Hyperion alzava le quattro braccia e scattava in direzione di Nemes, solo per essere intercettato dai due cloni. Anche con la nostra capacità visiva alterata, la nave impietrita a mezz’aria, i nostri amici sulla loggia immobili come statue, un uccello sopra il precipizio imprigionato nell’aria densa, come un insetto nell’ambra, il movimento improvviso dello Shrike e dei due cloni fu quasi troppo veloce per seguirlo.

Ci fu un urto terribile a un metro da Nemes, che si era cambiata in un’argentea effigie di se stessa e che non trasalì nemmeno. Briareo vibrò un colpo che, ne sono convinto, avrebbe spezzato in due la nostra nave. Il pugno rimbalzò sul collo munito di punte dello Shrike, con un rumore di terremoto sottomarino riprodotto alla moviola; poi con un calcio Scilla mandò a gambe all’aria lo Shrike. E lo Shrike cadde lungo disteso, ma non prima d’avere afferrato Scilla, con due delle quattro braccia, e di avere conficcato profondamente in Briareo artigli affilati come rasoi.

I cloni di Nemes parvero accogliere con piacere il corpo a corpo e si lanciarono sullo Shrike, con denti che azzannavano a vuoto e unghie che artigliavano. Il profilo delle mani e delle braccia irrigidite dei cloni era affilatissimo, una lama da ghigliottina più tagliente delle lame e delle spine dello Shrike.

Le tre creature si colpirono e si azzannarono con frenesia selvaggia, rotolarono sulla piattaforma facendo schizzare in aria schegge di cedro bonsai, andarono a sbattere contro la parete rocciosa. In un secondo furono di nuovo in piedi. Le grandi mascelle dello Shrike erano chiuse sul collo di Briareo, mentre Scilla colpiva una delle quattro braccia del demone, la piegava all’indietro e pareva spezzargli un giunto. Sempre tenendo fra le mascelle Briareo, con un digrignare e raspare di denti sull’argentea testa del clone, lo Shrike si girò di scatto per affrontare Scilla, ma intanto i due lo avevano afferrato per le lame e le spine del cranio e spingevano all’indietro, tanto che mi aspettai di sentire lo schiocco del collo rotto e di vedere la testa rotolare lontano.

Nemes, invece, in qualche modo riuscì a trasmettere un ordine e senza un attimo d’esitazione i due cloni si staccarono dalla parete rocciosa e si lanciarono verso la ringhiera sul lato della piattaforma prospiciente l’abisso. Capii la loro intenzione: scagliare lo Shrike nel vuoto, fargli fare la fine della guardia del corpo del Dalai Lama.

Forse anche lo Shrike capì, perché strinse a sé i due cloni, con tanta forza che le punte nel petto e nei polsi penetrarono profondamente nel campo di forza degli avversari che si dibattevano e artigliavano. Il tre si girarono, ruzzolarono, balzarono in piedi come un folle giocattolo a molla in tre parti, regolato sul modo "iperveloce"; alla fine lo Shrike, con i due cloni chiaramente impalati nelle spine, andò a sbattere contro la robusta ringhiera di cedro, la squarciò come se fosse di cartone bagnato, e senza smettere di lottare precipitò nell’abisso.

Aenea e io guardammo l’alta figura argentea munita di scintillanti spine e le due figure più basse che continuavano a mulinare braccia e gambe, le guardammo cadere, cadere, divenire più piccole, più piccole, precipitare nelle nubi ed esserne inghiottite. Chi guardava dalla nave, lo sapevo, non aveva visto niente, a parte l’improvvisa scomparsa di tre delle figure sulla piattaforma, dove ora restavano solo Nemes, Aenea e io. L’argentea creatura che era Nemes girò verso di noi il viso cromato e inespressivo.

La luce cambiò. La brezza riprese a soffiare, l’aria tornò sottile. Sentii il cuore che all’improvviso riprendeva a battere, a pestare forte, e mossi rapidamente le palpebre.

Nemes era di nuovo nella sua forma umana. «Allora» disse a Aenea «mettiamo fine a questa piccola farsa?»

«Sì» disse Aenea.

Nemes sorrise e mutò di fase.

Non accadde niente. Nemes corrugò la fronte e parve concentrarsi. Ancora niente.

«Io non posso impedirti di mutare di fase» disse Aenea. «Ma altri possono, e l’hanno fatto.»

Per un istante Nemes parve irritata, poi scoppiò a ridere. «Coloro che mi hanno creato rimedieranno in un secondo, ma non ho voglia di aspettare tutto quel tempo e poi non ho bisogno di mutare di fase per ucciderti, puttanella.»

«Vero» disse Aenea. Per tutti quei secondi di violenza e di caos aveva mantenuto la posizione, a gambe un po’ divaricate, piedi piantati saldamente, braccia lungo i fianchi.

Nemes le mostrò i denti, piccoli e aguzzi; ma vidi che quei denti si allungavano, diventavano più acuminati, sporgevano maggiormente dalle gengive e dall’osso mascellare. Ce n’erano almeno tre file.

Nemes alzò la mano: le unghie, già lunghe, si allungarono di altri dieci centimetri, divennero lucenti punte.

Nemes calò sul suo braccio destro quelle unghie affilate e si strappò la pelle e la carne, mettendo in mostra una sorta di endoscheletro metallico che aveva il colore dell’acciaio, ma pareva molto più affilato.

«Ora» disse. Avanzò verso Aenea.

Mi misi fra loro.

«No» dissi. Alzai i pugni, come un pugile pronto a battersi.

Nemes mostrò tutte le sue file di denti.

23

Tempo e movimento sembrano rallentare di nuovo, come se il mondo abbia cambiato fase, ma stavolta è solo l’effetto dell’adrenalina e della concentrazione. La mia mente cambia marcia. I miei sensi diventano vigili in modo preternaturale. Vedo, intuisco e calcolo con irreale chiarezza ogni microsecondo.

"Nemes muove un passo, verso Aenea alla mia sinistra, non verso di me."

Più che uno scontro, è una partita a scacchi. Vinco se uccido la spietata puttana o se la butto giù dalla piattaforma quanto basta per svignarmela con Aenea. Lei, per vincere, non ha bisogno di uccidermi. Deve solo neutralizzarmi il tempo sufficiente a uccidere Aenea! Aenea è il suo bersaglio. Aenea è sempre stata il suo bersaglio! Quel mostro è stato creato per uccidere Aenea.

Partita a scacchi. Nemes ha appena sacrificato due dei suoi pezzi più forti, i suoi cloni, per neutralizzare il nostro cavallo, lo Shrike. Ora quei tre pezzi non sono più sulla scacchiera. Rimangono solo Nemes, la regina nera, Aenea, la regina della specie umana, e il leale pedone di Aenea, io.

Forse questo pedone dovrà sacrificarsi, ma non prima d’avere eliminato la regina nera. Su questo è ben deciso.

"Nemes sorride. Ha denti aguzzi, almeno tre file. Tiene ancora le braccia penzoloni, lunghe unghie luccicanti, braccio destro aperto come in un’oscena esibizione chirurgica, l’interno non è umano, no, non è per niente umano. Il profilo affilato dell’endoscheletro riflette la luce del pomeriggio."

«Aenea» dico a voce bassa «fatti indietro, per favore.» Questa piattaforma, la più alta, si unisce alla passerella di pietra e alla scala che abbiamo intagliato nella roccia per salire sulla passerella della sporgenza. Voglio che la mia amica non stia sulla piattaforma.

«Raul, io…»

«Arretra immediatamente!» Non alzo la voce, ma ci metto ogni grammo di tono di comando che ho imparato e che mi sono guadagnato con i miei trentadue anni di vita.

Aenea muove quattro passi indietro sulla cornice di roccia. La nave continua a stare sospesa cinquanta metri sopra di noi, più in fuori. Molti guardano dalla loggia. Con la forza del pensiero cerco di spingere Gregorius a farsi avanti e a usare il fucile d’assalto per fare a pezzi quella puttana di Nemes, ma non vedo fra gli spettatori il viso nero del sergente. Forse è troppo debole per le ferite. Forse ritiene che lo scontro debba essere leale.

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