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Rachel Weintraub: E questi osservatori ci osservano da secoli?

Aenea: Sì.

Rachel Weintraub: Uno di questi osservatori… è qui con noi, oggi, su questa nave-albero o a questo tavolo?

Aenea (esita): Rachel, è meglio che non dica altro, per il momento. Ci sono coloro che ucciderebbero all’istante un simile osservatore, per proteggere la Pax o per difendere ciò che ritengono significhi essere "umano". Anche solo ammetterne l’esistenza mette in grande pericolo quell’entità. Mi spiace… Ti prometto che questo… questo mistero… sarà svelato in un futuro non troppo lontano e che sarà rivelata l’identità dell’osservatore o degli osservatori. Non da me, ma da lui o da loro stessi.

Vera Voce dell’Albero Ket Rosteen: Fratelli nel Muir, rispettati alleati Ouster, onorati ospiti umani, amati amici senzienti, riverita maestra, termineremo questa discussione in un altro momento e in un altro luogo. Ritengo che nessuno abbia obiezioni alla richiesta della signora Aenea di andare sulla nave-albero Yggdrasill nello spazio della Pax fra tre giorni standard. Mi auguro quindi che, con fortuna e coraggio, così si compiano le antiche profezie templari dell’Albero della Sofferenza e del tempo della redenzione finale per tutti i figli della Vecchia Terra.

Ora proseguiremo il pranzo e parleremo di altro. La seduta ufficiale è aggiornata: ciò che rimane del nostro breve viaggio sia quindi amichevole conversazione, buon cibo e il sacramento di vero caffè cresciuto da baccelli raccolti sulla Vecchia Terra, nostra patria comune, la buona Terra.

La seduta è aggiornata. Ho detto.

Più tardi quella sera, nella calda luce del nostro cantuccio privato, Aenea e io facemmo l’amore, parlammo di cose personali e consumammo uno spuntino notturno, vino, formaggio di zigocapra e pane fresco.

Aenea era andata per un attimo allo scomparto cucina; tornò con due bulbi di cristallo pieni di vino. Me ne offrì: «Tieni, Raul, amore mio… prendi e bevi».

«Grazie» dissi, senza riflettere, e cominciai a portarmi il bulbo alle labbra. Poi mi bloccai. «È… ci hai messo…»

«Sì» disse Aenea. «La comunione che per te ho rimandato così a lungo. Ora è a tua disposizione, se decidi di bere. Ma non sei obbligato, amore mio. Ciò che provo per te non cambierà, anche se non berrai.»

Guardandola negli occhi, bevvi fino all’ultima goccia. Sapeva solo di vino.

Aenea si era messa a piangere. Scostò la testa, ma avevo già visto le lacrime nei suoi magnifici occhi neri. La strinsi nelle mie braccia e insieme galleggiammo nella luce calda come un grembo.

«Ragazzina?» mormorai. «Cosa c’è?»

Sentivo un peso sul cuore, mi domandavo se lei pensasse all’altro uomo nel suo passato, al matrimonio, al figlio… Il vino mi aveva intontito e un po’ nauseato. O forse non era colpa del vino.

Aenea scosse la testa. «Ti amo, Raul.»

«Ti amo, Aenea.»

Mi baciò sul collo, si aggrappò a me. «Per ciò che hai appena fatto, per me, in nome mio, ti daranno la caccia e ti perseguiteranno…»

Ridacchiai controvoglia. «Ehi, ragazzina, mi hanno dato la caccia e mi hanno perseguitato dal giorno che volammo insieme sul tappeto Hawking per fuggire dalla valle delle Tombe del Tempo. Non c’è niente di nuovo. Se la Pax smettesse di darci la caccia, mi sentirei sperso.»

Aenea non sorrise. Sentii le sue lacrime contro la gola e il petto, mentre lei mi stringeva più forte. «Sarai il primo fra coloro che mi seguono, Raul» disse Aenea. «Sarai il capo carismatico, nei decenni e decenni di lotta che verranno. Sarai rispettato e odiato, ubbidito e disprezzato… di te vorranno fare un dio, amore.»

«Stronzate» mormorai fra i capelli della mia amata. «Sai che non sono un capo, ragazzina. Non ho fatto niente, a parte seguirti, in tutti gli anni da quando ci conosciamo. Diavolo… passo la maggior parte del tempo solo a cercare di starti dietro.»

Aenea alzò il viso e mi guardò negli occhi. «Prima ancora che io nascessi, Raul Endymion, tu eri già il mio prescelto. Quando cadrò, continuerai per noi. Tutt’e due dobbiamo vivere tramite te…»

Le misi il dito sulle labbra. Le asciugai a baci le lacrime sulle guance e sulle ciglia. «Non parlare di cadere o di vivere l’uno senza l’altra» le ordinai. «Il mio piano è semplice: stare con te per sempre, in ogni circostanza, condividere tutto. Ciò che accade a te accade a me, ragazzina. Ti amo, Aenea.» Galleggiamo insieme nell’aria calda. La cullavo tra le braccia.

«Sì» mormorò Aenea, stringendomi con ferocia. «Ti amo, Raul. Insieme. Tempo. Sì.»

Allora smettemmo di parlare. Sentii nei nostri baci il sapore del vino e del sale delle sue lacrime. Ci amammo per altre ore e poi andammo a dormire insieme, galleggiammo intrecciati l’una nell’abbraccio dell’altro come due creature marine, come una sola, complessa, creatura marina, alla deriva in una marea calda e favorevole.

26

Il giorno seguente portammo fuori la nave del console, verso il sole.

Mi ero svegliato aspettandomi di sentire una sorta di illuminazione, un improvviso satori dovuto al vino eucaristico, una più profonda comprensione dell’universo nel caso peggiore, onniscienza e onnipotenza nel caso migliore. Invece mi svegliai con la vescica gonfia e un leggero mal di testa, ma con piacevoli ricordi della notte appena trascorsa.

Aenea era già sveglia; quando uscii dal bagno, aveva preparato caffè bollente nel bulbo caffettiera, frutta nel globo di portata e panini appena fatti, belli caldi.

«Non aspettarti un servizio così tutte le mattine» mi disse con un sorriso.

«D’accordo, ragazzina. Domani preparo io la colazione.»

«Frittata?» domandò, porgendomi un bulbo di caffè.

Spezzai il sigillo, inalai l’aroma, strizzai una goccia, attento a non scottarmi le labbra e a non far volare via il globulo di caffè bollente. «Certo» risposi. «Quello che più ti piace.»

«Cerca le uova e buona fortuna» disse Aenea. Terminò in due bocconi il panino. «Questo Albero Stella è fantastico, ma a corto di galline.»

«Peccato» dissi, guardando dalla parete trasparente della capsula. «Con tanti di quei posti per appollaiarsi!» Cambiai tono, divenni serio. «Ragazzina, a proposito del vino… voglio dire, sono già passate otto ore standard e…»

«E non ti senti diverso» disse Aenea. «Uhm, immagino che tu sia uno di quei rari individui sui quali la magia non funziona.»

«Davvero?»

Di sicuro sembrai allarmato, o sollevato, o l’uno e l’altro, perché Aenea scosse la testa. «No, no, scherzavo. Circa ventiquattro ore standard. Qualcosa sentirai. Te lo garantisco.»

«E se saremo… occupati, quando verrà il momento?» dissi, muovendo su e giù le sopracciglia per sottolineare la frase. Mi ritrovai a galleggiare liberamente a qualche centimetro dal tavolo di lappolite.

Aenea sospirò. «Giù, ragazzo, se non vuoi che inchiodi al loro posto quelle sopracciglia.»

«Uhm.» Le sorrisi da sopra il bulbo di caffè. «Ti amo, quando parli male.»

«Sbrigati» disse Aenea. Mise il suo bulbo vuoto nella lavastoviglie a ultrasuoni e riciclò il sottopiatto.

Mi accontentai di mangiare il panino e di guardare dalla parete l’incredibile panorama esterno. «Sbrigarmi? Perché? Andiamo da qualche parte?»

«Riunione sulla nave» disse Aenea. «Sulla nostra. Poi dobbiamo tornare qui e provvedere all’ultimo approvvigionamento della Yggdrasill per partire domani sera.»

«Perché sulla nostra nave? Non sarà affollata, a confronto di tutto lo spazio che c’è qui?»

«Vedrai» disse Aenea. Aveva indossato morbidi calzoni azzurri da gravità zero, stretti alla caviglia, con una camicetta bianca rimboccata e varie tasche con chiusura a lappolite. Calzava pantofole grigie. Mi ero abituato a girare scalzo nel nostra capsula privata e nei vari steli.

«Cerca di sbrigarti» disse di nuovo Aenea. «La nave decolla fra dieci minuti e ci aspetta una lunga corsa sulle liane per arrivare alla capsula di attracco.»

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