«I non cristiani» mormorò il PFE Anna Pelli Cognani.
«Esattamente» confermò il consigliere Albedo.
«Ecco il motivo della loro eliminazione» disse il Grande Inquisitore. «Tutte quelle migliaia di persone sulla Saigon Maru. Tutti quei milioni. Tutti quei miliardi.»
Papa Urbano XVI alzò la mano, stavolta non per benedire, ma per ordinare silenzio. «Non è eliminazione!» rettificò, severo. «Non una singola vita è stata tolta, né di cristiani né di non cristiani.»
I presenti si scambiarono occhiate, confusi e perplessi.
«Proprio così» confermò il consigliere Albedo.
«Ma erano privi di vita…» cominciò il Grande Inquisitore e si fermò bruscamente. «Chiedo scusa, Santo Padre.»
Sua Santità scosse la testa. «Non occorre che ti scusi, John Domenico. Questi sono argomenti che suscitano emozione. Prego, signor Albedo, spieghi pure.»
«Sì, Santità» disse l’uomo in grigio. «Gli individui a bordo della Saigon Maru erano privi di vita, eccellenza, ma non morti. Il Nucleo… gli elementi Umanisti del Nucleo… hanno perfezionato un metodo per mettere gli esseri umani in stasi temporanea, né vita né morte…»
«Come la crio-fuga?» disse il PFE Aron, che prima di convertirsi aveva viaggiato molto in navi a propulsione Hawking.
Albedo scosse la testa. «Una tecnica molto più sofisticata. E meno dannosa.» Mosse la mano dalle dita ben curate. «Negli ultimi sette anni, abbiamo sottoposto a quel procedimento sette miliardi di esseri umani. Nei prossimi dieci anni standard, o prima, dobbiamo trattare più di quarantadue miliardi di altri individui. Esistono molti pianeti nella Periferia, e molti perfino nello spazio della Pax, dove i non cristiani sono la maggioranza.»
«Trattare?» disse il PFE Anna Pelli Cognani.
Albedo sorrise sinistramente. «La Flotta della Pax, all’oscuro dei veri motivi, mette in quarantena un pianeta. Robonavi del Nucleo giungono in orbita e col nostro equipaggiamento di stasi spazzano le zone abitate. Il Cor Unum fornisce le navi, i fondi e l’addestramento. L’Opus Dei usa le navi da carico per rimuovere i corpi in stasi…»
«Perché rimuoverli?» domandò il Grande Inquisitore. «Perché non lasciarli sui loro pianeti?»
Rispose Sua Santità. «Vanno nascosti in un luogo dove la pestilenza Aenea non può trovarli, John Domenico. Vanno tenuti fuori pericolo, con cura… con amore… finché il rischio non sarà eliminato.»
Il Grande Inquisitore chinò la testa: aveva capito e accettava la spiegazione.
«C’è dell’altro» riprese il consigliere Albedo. «Il mio elemento del Nucleo ha creato una… razza di soldati… il cui solo compito è di trovare e di catturare questa Aenea prima che possa diffondere la micidiale contaminazione. Il primo soldato, Rhadamanth Nemes, fu attivato quattro anni fa. Esistono solo alcuni altri esemplari di questi cacciatori/segugi, ma sono attrezzati per trattare qualsiasi ostacolo gli elementi criminali del Nucleo possano frapporre, perfino lo Shrike.»
«Lo Shrike è controllato dai Finali e da altri elementi criminali del Nucleo?» domandò padre Farrell. Era il suo primo intervento.
«Così riteniamo» rispose il cardinale Lourdusamy. «Quel demone pare in combutta con Aenea… pare aiutarla a diffondere il contagio. Pare inoltre che i Finali abbiano trovato un modo per riaprire per lei alcuni teleporter. Satana ha trovato un nome… e degli alleati… nella nostra epoca, purtroppo.»
Albedo alzò il dito. «Devo sottolineare una cosa: anche Nemes e i nostri cacciatori/segugi sono pericolosi… come ogni creatura che mira così terribilmente a un unico scopo. Catturata la bambina, queste creature cìbride saranno eliminate. Solo il terribile pericolo posto dalla pestilenza Aenea giustifica la loro esistenza.»
«Santo Padre» disse Kenzo Isozaki, mani giunte in preghiera «cos’altro possiamo fare?»
«Pregare» rispose Sua Santità: i suoi occhi neri erano pozzi di sofferenza e di responsabilità. «Pregare e aiutare la nostra Santa Madre Chiesa nel suo sforzo di salvare la specie umana.»
«La crociata contro gli Ouster continuerà» disse il cardinale Lourdusamy. «Li terremo a bada, finché potremo.»
«A questo scopo» precisò il consigliere Albedo «il Nucleo ha sviluppato la propulsione Gideon e lavora a nuove tecnologie per la difesa dell’uomo.»
«Continueremo la ricerca della bambina… ormai giovane donna, ritengo» soggiunse Lourdusamy. «E se sarà catturata, verrà isolata.»
«E se non sarà catturata, eccellenza?» domandò il Grande Inquisitore cardinale Mustafa.
Lourdusamy non rispose.
«Dobbiamo pregare» disse Sua Santità. «Dobbiamo chiedere l’aiuto di Cristo in questo momento di massimo pericolo per la nostra Chiesa e per la specie umana. Ognuno di noi dovrà fare il massimo e oltre. E dobbiamo pregare per l’anima di tutti i nostri fratelli e sorelle in Cristo… anche e soprattutto per l’anima della bambina Aenea, che senza saperlo conduce la sua stessa specie in un simile pericolo.»
«Amen» disse monsignor Luca Oddi.
Poi, mentre nella piccola cappella tutti gli altri si inginocchiavano e chinavano la testa, Sua Santità papa Urbano XVI si alzò, si accostò all’altare e iniziò a celebrare una messa di ringraziamento.
14
Aenea.
Il suo nome giunse prima di ogni altro pensiero cosciente. Pensai a lei prima di pensare a me stesso.
Aenea.
E allora giunse la sofferenza e il rumore e l’assalto furioso degli elementi: ero inzuppato e sbatacchiato. Ma a svegliarmi fu soprattutto il dolore.
Aprii un occhio. L’altra palpebra pareva incollata da sangue rappreso o da altra sostanza. Prima di ricordare chi ero o dove ero, sentii il dolore di innumerevoli graffi e tagli, ma anche di qualcosa di peggio alla gamba destra. Allora ricordai chi ero. E poi ricordai dove ero finito.
Scoppiai a ridere. O meglio, tentai di ridere. Avevo le labbra tagliate e gonfie, altro sangue o sostanza appiccicosa mi bloccava un angolo della bocca. La risata sgorgò come una sorta di folle gemito.
"Sono stato inghiottito da una specie di calamaro volante in un mondo tutto atmosfera e nuvole e fulmini" pensai. "E ora vengo digerito nel rumoroso ventre di quella creatura."
Era davvero rumoroso! Esplosivamente rumoroso. Rombi, scoppi, uno sbatacchiamento e un martellamento. Come di pioggia sul baldacchino di una foresta tropicale. Socchiusi l’occhio buono per vedere meglio. Buio, poi un lampo di luce bianca, buio e rossi echi retinici, altri lampi bianchi.
Ricordai le trombe d’aria e le tempeste di dimensioni planetarie che venivano verso di me mentre galleggiavo nel kayak appeso alla paravela, prima che la creatura mi inghiottisse. Ma questa non era tempesta. Era il finimondo. Il materiale che mi batteva il viso e il petto era nylon sbrindellato, i resti della paravela, fronde di palma bagnate e pezzi di fibra di vetro fracassata. Guardai in basso e attesi il lampo seguente. Il kayak era lì, ma scheggiato e fracassato. Le mie gambe erano lì, ancora parzialmente al sicuro nella chiglia del kayak, la sinistra intatta e funzionante, ma la destra… Gridai di dolore. La destra era proprio rotta. Non vedevo l’osso sporgere dalla carne, ma ero sicuro d’avere una frattura nella parte bassa della coscia.
Per il resto, mi sentivo a posto. Ero pieno di lividi e di tagli. Avevo croste di sangue sul viso e sulle mani. I calzoni erano poco più che stracci. La camicia e il giubbotto erano a brandelli. Mi girai, inarcai la schiena, distesi le braccia, flettei le dita, mossi le dita del piede sinistro e cercai di muovere quelle del destro: ero più o meno tutto d’un pezzo… niente schiena rotta, niente costole fratturate, niente danni ai nervi, tranne forse a quelli della gamba destra, che mi doleva come se mi tirassero filo spinato nelle vene.
Quando balenò di nuovo il lampo, cercai di stabilire dove mi trovavo. Pareva che il kayak rovinato e io fossimo impigliati nel tetto di una giungla, incastrati fra rami a pezzi, avvolti dalla paravela a brandelli e dalle funi penzolanti, battuti con violenza da fronde di palma mosse da una tempesta tropicale, nel buio rotto solo dai lampi, appesi a chissà quale altezza dal terreno.