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"Il concetto fu espresso in maniera più scientifica dodici secoli fa, come legge di Dolio" continuò Aenea. "In sostanza, l’evoluzione non torna indietro. Eccezioni come la balena della Vecchia Terra, che tenta di tornare pesce dopo essere vissuta come mammifero terrestre, sono rare. La vita si muove in avanti, trova di continuo nuove nicchie da invadere."

"Già. Come quando l’uomo lasciò la Vecchia Terra nelle navi seminatrici e nei veicoli a propulsione Hawking."

"Non proprio. In primo luogo, abbiamo mosso prematuramente quel passo a causa del Nucleo e del fatto che la Vecchia Terra stava per morire per il buco nero nelle proprie viscere, sempre a causa del Nucleo. In secondo luogo, grazie alla propulsione Hawking potevamo balzare nel nostro braccio della galassia e trovare pianeti di tipo terrestre al livello più alto della scala Solmev, molti dei quali sono stati comunque terraformati e seminati con forme di vita della Vecchia Terra, a cominciare dai batteri del suolo e dai lombrichi, fino ad arrivare alle anatre che cacciavi nelle paludi di Hyperion."

Risposi con un cenno d’assenso, ma pensavo: in quale altro modo avremmo potuto fare, essendo una specie che si spostava nello spazio? Cosa c’è di male, nell’andare in luoghi che hanno una certa somiglianza con la patria, soprattutto quando la patria non è più lì per tornarci?

"C’è qualcosa di più interessante, nelle osservazioni di Vernadsky e nella legge di Dolio" disse Aenea.

"Cosa, ragazzina?" Pensavo ancora alle anatre.

"La vita non si ritira."

"Come mai?" Appena fatta la domanda, capii.

"Proprio così" disse Aenea, accorgendosi che avevo capito. "Appena la vita ha un appiglio da qualche parte, si ferma. Fai un nome a caso: gelo artico, i deserti ghiacciati del Vecchio Marte, sorgenti d’acqua bollente, una parete rocciosa a picco come qui su T’ien Shan, perfino nei programmi delle intelligenze autonome… Una volta che la vita infila il suo proverbiale piede nella porta di casa, vi resta per sempre."

"E quali sono le implicazioni?"

"Solo questa: lasciata ai propri progetti, che sono progetti intelligenti, la vita riempirà un giorno l’universo. Una galassia verde, per cominciare, e poi via negli ammassi stellari e nelle galassie vicine."

"Un pensiero che mette a disagio."

Aenea si fermò a guardarmi. "Perché, Raul? A me pare un pensiero bellissimo."

"Pianeti verdi ne ho visti. Un’atmosfera verde riesco a immaginarla, ma è irreale."

Aenea sorrise. "Non devono essere solo piante. La vita si adatta: uccelli, uomini e donne in macchine volanti, tu e io in parapendio, persone adattate per volare…"

"Questo non è ancora avvenuto. Ma volevo dire un’altra cosa: ecco, avere una galassia verde, persone e animali e…"

"E macchine viventi" disse Aenea. "E androidi, vita artificiale in migliaia di forme…"

"Già, persone, animali, macchine, androidi, quant’altro, dovrebbero adattarsi allo spazio… non vedo come…"

"Noi lo vediamo. E molti lo vedranno, fra poco." Terminammo altri trecento gradini e ci fermammo a prendere fiato.

"Nel processo evolutivo ci sono altre direzioni di cui non abbiamo parlato?" dissi, mentre riprendevamo la salita.

"Diversità e complessità crescenti" rispose Aenea. "Per secoli gli scienziati hanno discusso su queste direzioni, ma non c’è dubbio che l’evoluzione favorisca, alla lunga, tutt’e due questi attributi. E dei due, la diversità è il più importante."

"Perché?" Di sicuro cominciavo a stufarla, con i miei continui perché. Alle mie stesse orecchie parevo un bambino di tre anni.

"Gli scienziati hanno sempre pensato che i progetti evolutivi di base continuano a moltiplicarsi" disse Aenea. "Si chiama disparità. Ma saltò fuori che non era questo il caso. La varietà nei piani di base tende a decrescere, mentre il potenziale antientropico della vita, ossia l’evoluzione, aumenta. Guarda per esempio tutti gli orfani della Vecchia Terra: stesso DNA di base, ovviamente, ma anche stessi piani di base, evoluti da forme con viscere tubolari, simmetria radiale, occhi, bocca per nutrirsi, due sessi, proprio dallo stesso stampo."

"Non hai appena detto che la diversità è importante?"

"Ed è importante. Ma diversità e disparità del piano di base non sono la stessa cosa. Appena l’evoluzione ha un buon piano di base, tende a gettare via le varianti e a concentrarsi nella quasi infinita diversità all’interno di quel piano: migliaia… decine di migliaia… di specie correlate."

"Le trìlobiti." Cominciavo a capire.

"Sì" disse Aenea. "E quando…"

"Scarafaggi. Tutte le maledette specie di scarafaggi."

Aenea mi sorrise. "Precisamente. E quando…"

"Cimici. Tutti i pianeti dove sono stato avevano lo stesso maledetto brulichio di cimici. Moscerini. Infinite varietà di…"

"Hai afferrato l’idea. Quando il piano di base per un organismo è stabilizzato e si aprono nuove nicchie, la vita passa a una marcia più alta. Si stabilisce in queste nicchie espandendo la diversità nell’ambito della forma basilare di quegli organismi. Nuove specie. Migliaia di nuove specie di piante e di animali sono venute in esistenza solo nell’ultimo millennio dall’inizio del volo interstellare, e non tutte sono dovute alla bioingegneria: alcune si sono semplicemente adattate a ritmo sfrenato ai nuovi mondi di tipo terrestre dove sono state scaricate."

"Tripioppi" dissi, ricordando solo Hyperion. "Semprazzurri. Piegrovie. Alberi tesla?"

"I tesla erano indigeni" disse Aenea.

"Perciò la diversità è utile" dissi, nel tentativo di ritrovare il filo originario della discussione.

"La diversità è utile" convenne Aenea. "Come ho detto, permette alla vita di cambiare marcia e continuare il suo compito di routine, rendere verde l’universo. Ma c’è almeno una specie della Vecchia Terra che non si è diversificata molto, almeno non nei pianeti favorevoli che ha colonizzato."

"Noi" dissi. "La specie umana."

Aenea annuì, torva. "Siamo rimasti sempre la stessa specie, fin da quando i nostri antenati Cro-Magnon spazzarono via i più intelligenti uomini di Neandertal. Ora abbiamo l’occasione di diversificarci rapidamente e istituzioni come l’Egemonia, la Pax e il Nucleo ci bloccano."

"La necessità di diversificarsi si estende alle istituzioni umane? Religioni? Sistemi sociali?" Pensavo alle persone che mi avevano aiutato su Vitus-Gray-Balianus B, Dem Ria, Dem Loa e le loro famiglie. Pensavo agli Spettroelica di Amoiete e alle loro complicate e contorte credenze.

"Senza dubbio" disse Aenea. "Guarda là."

A. Bettik si era soffermato davanti una lastra di marmo che recava incise delle parole, in cinese e in antico inglese della Rete:

Alto si leva il Picco Orientale

svettando nel cielo azzurro.

Fra le rocce… una vuota cavità,

segreta, immobile, misteriosa!

Non scolpita e non scavata,

dalla natura nascosta con un tetto di nubi.

Tempo e stagioni, che cosa siete,

per portare alla mia vita continuo cambiamento?

Alloggerò per sempre in questa cavità

dove primavere e autunni passano ignorati.

TAOYUN, moglie del generale Wang Ning-chih, 400 d.C.

Riprendemmo la salita. Mi parve di scorgere qualcosa di rosso in cima alla successiva rampa di scalini. La Porta Celeste meridionale e l’ingresso al pendio della vetta? Era quasi ora.

"Non era bella?" dissi, riferendomi alla poesia. "Nelle istituzioni umane una continuità come quella non ha la stessa importanza della diversità? O addirittura maggiore importanza?"

"Ha importanza" convenne Aenea. "Ma è quasi tutto ciò che la specie umana ha fatto nell’ultimo millennio, Raul: ricreare su pianeti diversi le istituzioni e le idee della Vecchia Terra. Guarda l’Egemonia. Guarda la Chiesa e la Pax. Guarda questo pianeta…"

"T’ien Shan? Mi pare meraviglioso…"

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