"Appunto" disse lei. "Da bambina… da bambina piccola, cioè, prima di incontrarti… sapevo che mi sarebbe toccato di sopportare alcuni fardelli… e mi domandavo sempre quale messaggio avrei dato alla specie umana. Oltre alle cose che sapevo di dover insegnare, cioè. Un messaggio profondo. Una sorta di discorso della montagna."
Mi guardai intorno. A quella terribile altitudine non c’era ghiaccio né neve. I gradini bianchi e sgombri salivano tra ripiani di roccia nera e ripida. "Be’" dissi "la montagna c’è."
"Già." Nel suo tono sentii di nuovo la stanchezza.
"Allora, quale messaggio hai escogitato?" domandai, più per farla parlare e per distrarla che per ascoltare la risposta. Da un po’ di tempo non ci eravamo limitati a chiacchierare.
Vidi che sorrideva. "Ho continuato a lavorarci" disse infine Aenea. "Volevo renderlo breve e importante come il discorso della montagna. Poi ho capito che era tempo sprecato — come per zio Martin nel suo periodo di smania poetica, quando tentava di superare Shakespeare — così ho deciso che il mio messaggio sarebbe stato solo breve."
"Quanto breve?"
"Lo ridussi a trentacinque parole. Troppo lungo. Poi a ventisette. Ancora troppo lungo. In alcuni anni lo ridussi a dieci. Ancora troppo lungo. Alla fine lo fissai in due parole."
"Due parole? Quali?"
Eravamo arrivati al posto di riposo seguente, il diciassettesimo o diciottesimo gruppo di trecento gradini. Ci fermammo con sollievo e restammo ad ansimare. Mi chinai, posai le mani rivestite di dermotuta sulle ginocchia rivestite di dermotuta e mi concentrai per non vomitare. Non è educato, vomitare in una maschera osmotica. "Quali?" ripetei, quando ripresi un po’ di fiato e fui in grado di udire qualcosa di diverso dal forte battito del cuore e dal sibilo dei polmoni.
"Scegli ancora" disse Aenea.
Per un istante, tra sibili e ansiti, meditai su quelle parole. "Scegli ancora?" ripetei infine.
Aenea sorrise. Aveva ripreso fiato e guardava davvero lo scenario verticale, mentre io non osavo nemmeno girare la testa da quella parte. Pareva apprezzare lo spettacolo. Mi venne voglia di gettarla giù dalla montagna. I giovani. A volte sono insopportabili.
"Scegli ancora" disse con fermezza Aenea.
"Ti dispiace chiarire?"
"No. Il concetto è tutto qui. Mantienilo semplice. Fammi un esempio e capirai."
"Religione."
"Scegli ancora" disse Aenea.
Mi misi a ridere.
"Non è uno scherzo, Raul" disse Aenea. Riprendemmo la salita. A. Bettik pareva immerso nei suoi pensieri.
"Lo so, ragazzina" replicai, anche se non ne ero sicuro. "Esempi? Sistemi politici."
"Scegli ancora."
"Non credi che la Pax sia l’evoluzione finale della società umana? Ha portato la pace interstellare, un governo decente e… oh, sì… l’immortalità ai suoi cittadini."
"È tempo di scegliere ancora" disse Aenea. "E… a proposito delle nostre idee di evoluzione…"
"Ebbene?"
"Scegli ancora."
"Scelgo ancora cosa? La direzione dell’evoluzione?"
"No, si tratta di accertare se essa abbia o no una direzione. Ci sono molte teorie evolutive."
"Insomma, sei d’accordo o no con papa Teilhard, il pellegrino su Hyperion, padre Duré, quando diceva tre secoli fa che Teilhard de Chardin aveva ragione, che l’universo si evolve verso la consapevolezza e la congiunzione con la divinità? Ciò che chiamava il punto omega?"
Aenea mi guardò. "Hai letto molto nella biblioteca di Taliesin, vero?"
"Sì."
"No, non sono d’accordo con Teilhard, sia l’antico gesuita sia il papa dal breve pontificato. Sai, mia madre conobbe sia padre Duré sia l’attuale simulatore, padre Hoyt."
Rimasi un po’ sorpreso. Sì, certo, mi pareva di saperlo, ma il riaffacciarsi di questa realtà — i collegamenti della mia amica nell’arco degli ultimi tre secoli — mi sconvolgeva un poco.
"Comunque" continuò Aenea "nel corso dell’ultimo millennio la scienza dell’evoluzione ha preso davvero una bella fregatura. Prima il Nucleo si oppose attivamente all’indagine in quel campo, per paura di una rapida ingegneria genetica progettata dall’uomo, un’esplosione della nostra specie in forme varianti sulle quali il Nucleo non avrebbe potuto esercitare il proprio parassitismo. Poi l’Egemonia trascurò per secoli l’evoluzione e le bioscienze a causa della pressione del Nucleo. E ora la Pax ne è atterrita."
"Perché?"
"Perché la Pax ha terrore delle ricerche biologiche e genetiche?"
"No, questo credo di capirlo da solo. Le entità del Nucleo vogliono mantenere gli esseri umani nella forma e nella struttura con cui sono a loro agio e così fa la Chiesa. La loro definizione di creatura umana si basa in gran parte sul conteggio di braccia, gambe eccetera. Voglio dire invece: perché ridefinire l’evoluzione? Perché aprire il dibattito sulla direzione o la non direzione e così via? L’antica teoria non funziona abbastanza bene?"
"No" disse Aenea. Salimmo in silenzio per vari minuti. Poi Aenea disse: "Con l’eccezione di mistici come Teilhard, quasi tutti i primi scienziati evoluzionisti stavano molto attenti a non pensare all’evoluzione in termini di ’mete’ o di ’fini’. Quella era religione, non scienza. Perfino l’idea di una direzione era anatema, per gli scienziati pre-Egira. Si poteva parlare solo in termini di ’tendenze’ evolutive, una sorta di vezzi statistici che continuavano a ripresentarsi".
"E allora?"
"E allora questo era il loro pregiudizio da miopi, proprio come il pregiudizio di Teilhard de Chardin era la sua fede. Ci sono realmente direzioni, nell’evoluzione."
"Come lo sai?" Non ero sicuro che avrebbe risposto.
Invece rispose subito. "Alcuni dei dati che vidi prima di nascere, tramite i collegamenti di mio padre col Nucleo. Le intelligenze autonome nel Nucleo hanno capito l’evoluzione umana per molti secoli, anche mentre gli esseri umani restavano nell’ignoranza. In quanto iper-iper-parassiti, le IA si evolvono solo verso un parassitismo superiore. Possono solo guardare le creature viventi e la loro curva evolutiva e assistere… o tentare di fermarla."
"In quali direzioni allora procede l’evoluzione? Verso una maggiore intelligenza? Verso una sorta di mente alveare divina?" Ero curioso di sapere come avrebbe spiegato la sua percezione di Leoni e Tigri e Orsi.
"Mente alveare… puah!" sbuffò Aenea. "Puoi concepire una cosa più noiosa o sgradevole?"
Rimasi zitto. Mi ero quasi convinto che proprio questa fosse la direzione dei suoi insegnamenti: apprendere il linguaggio dei morti e tutto il resto. Presi l’appunto mentale di ascoltare con maggiore attenzione, la prossima volta che avesse insegnato.
"Le cose interessanti nell’esperienza umana sono quasi tutte il risultato ottenuto da un individuo che prova, sperimenta, spiega e mette a disposizione di ciascuno" disse la mia giovane amica. "Una mente alveare sarebbe le antiche trasmissioni televisive oppure una vita al culmine della sfera dati: una idiozia collettiva."
"Va bene" dissi, ancora confuso. "Da quale parte si dirige allora l’evoluzione?"
"Verso altra vita" disse Aenea. "La vita gradisce la vita. È proprio così semplice. Ma, cosa più sorprendente, anche la non-vita gradisce la vita… e vuole entrarci."
"Non capisco."
Aenea annuì. "Nella Vecchia Terra pre-Egira, nel 1920, c’era un geologo di una nazione-stato detta Russia che capì questa faccenda. Si chiamava Vladimir Vernadsky e coniò il termine ’biosfera’ che, se le cose andranno come penso io, acquisterà presto nuovo significato per tutt’e due."
"Perché?"
"Capirai, amico mio" disse Aenea, toccandomi la mano. "Comunque, nel 1926 Vernadsky scrisse: ’Gli atomi, una volta attirati nel fiume di materia vivente, lo lasciano con difficoltà’."
Riflettei un momento su queste parole. Non avevo grande preparazione scientifica — le mie nozioni provenivano da nonna e dalla biblioteca di Taliesin — ma ci vedevo un certo senso.