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«È certa che la Raffaele sia distrutta?» diceva in quel momento il Grande Inquisitore.

«Certissima» rispose l’ammiraglio Wu. «Ma ha distrutto sette nostre Arcangelo di fila, prima che la riducessimo a scorie.» Scosse la testa. «De Soya era un tattico brillante. La sua apostasia è proprio opera del Maligno.»

Padre Farrell si sporse sul lucido tavolo di legno bonsai. «E non c’è possibilità che de Soya o altri siano sopravvissuti?»

L’ammiraglio Wu scrollò le spalle. «Era una battaglia ravvicinata. Prima di far scattare la trappola, abbiamo lasciato che la Raffaele fosse a distanza cislunare. Migliaia di detriti, in gran parte delle nostre sfortunate Arcangelo, sono entrati nell’atmosfera. Pare che nessuno dei nostri sia sopravvissuto, almeno non abbiamo rilevato radiofari. Se qualche complice di de Soya è riuscito a cavarsela, con ogni probabilità sarà finito negli oceani velenosi.»

«Tuttavia…» cominciò l’arcivescovo Breque. Era un uomo tranquillo, ragionatore e prudente.

Wu aveva un’aria stanca e irritata. «Eminenza» replicò in tono vivace, rivolgendosi a Breque, ma guardando il cardinale Mustafa «se ci permette di mandare nell’atmosfera navette, skimmer e VEM, chiariremo la questione in un senso o nell’altro.»

Breque batté le palpebre, sorpreso. Il cardinale Mustafa scosse la testa. «No» disse. «Abbiamo l’ordine di evitare esibizioni militari finché il Vaticano non avrà autorizzato il passo finale per la cattura della ragazza.»

Wu sorrise con chiara amarezza. «Dopo la battaglia della notte scorsa proprio sopra l’atmosfera, quell’ordine sarà di sicuro un po’ meno attuale» replicò con calma. «La nostra esibizione militare dev’essere stata alquanto impressionante.»

«Eccome!» disse padre LeBlanc. «Non ho mai visto niente di simile.»

L’ammiraglio Wu si rivolse al cardinale Mustafa. «Eccellenza, la popolazione di questo pianeta non ha armi a energia, sensori di propulsione Hawking, difese orbitali, rivelatori gravitonici, diamine, non ha neppure radar e sistemi di comunicazione, per quanto ne sappiamo. Se mandiamo nell’atmosfera navette o caccia alla ricerca di eventuali superstiti, la popolazione non se ne accorgerà nemmeno. Sarà un’azione molto meno intnisiva dello scontro a fuoco della notte scorsa…»

«No» disse il cardinale Mustafa, con tono che non lasciava dubbi: decisione definitiva. Scostò la manica e guardò il cronometro. «Il corriere del Vaticano dovrebbe arrivare da un momento all’altro. Porterà gli ordini finali per l’arresto del vettore di contagio, Aenea. Non devono esserci complicazioni di altro genere.»

Padre Farrell si massaggiò le guance. «Il reggente Tokra mi ha chiamato stamattina sul canale di comunicazione che gli abbiamo fornito. Pare che il loro prezioso, piccolo e precoce Dalai Lama sia scomparso…»

Breque e LeBlanc alzarono di scatto la testa, sorpresi.

«Non importa» disse il cardinale Mustafa, evidentemente già informato. «Niente ha importanza, al momento, a parte il via libera finale in questa missione e la cattura di Aenea.» Guardò l’ammiraglio Wu. «E dica alle sue guardie svizzere e agli ufficiali dei marines che non bisogna torcere un capello a quella ragazza.»

Marget Wu annuì stancamente. Da mesi non faceva che ricevere istruzioni su istruzioni. «Quando arriveranno gli ordini?» domandò al cardinale.

Rhadamanth Nemes e i suoi due cloni si alzarono e si avviarono alla porta. «Il tempo dell’attesa è terminato» disse Nemes, con un sorriso a denti stretti. «Vi porteremo la testa di Aenea.»

Il cardinale Mustafa e gli altri scattarono in piedi. «Seduti!» tuonò il Grande Inquisitore a Nemes e ai due cloni. «Nessuno vi ha ordinato di muovervi!»

Nemes sorrise e si girò verso la porta.

Tutti i prelati nella stanza vociavano. L’arcivescovo Jean Daniel Breque si fece il segno di croce. L’ammiraglio Wu allungò la mano verso la fondina e la pistola a fléchettes.

Tutto avvenne troppo in fretta per essere percepito dall’occhio umano. L’aria parve intorbidarsi. L’attimo prima, Nemes, Scilla e Briareo erano alla porta, a otto metri dagli altri: l’attimo dopo, erano scomparsi e tre confuse sagome di lucido cromo si trovavano fra le figure in tonaca nera o rossa intorno al tavolo.

Scilla intercettò l’ammiraglio Marget Wu, prima che la donna potesse alzare la pistola a fléchettes. Un braccio cromato si mosse tanto rapidamente da risultare appena visibile. La testa di Wu rotolò sul lucido piano del tavolo. Il corpo decapitato rimase in piedi alcuni secondi; un impulso nervoso casuale ordinò al dito della destra di premere il grilletto e la pistola a fléchettes sparò, fracassò le gambe del pesante tavolo e scheggiò in diecimila punti il pavimento di pietra.

Padre LeBlanc balzò fra Briareo e l’arcivescovo Breque. La confusa sagoma argentea sventrò LeBlanc. Breque lasciò cadere gli occhiali e corse a rifugiarsi nella stanza contigua. Briareo scomparve all’improvviso, lasciando solo una soffocata implosione d’aria nel punto dove si era trovata un attimo prima la sua sagoma confusa. Dall’altra stanza provenne un breve grido, interrotto quasi prima di cominciare.

Il cardinale Mustafa arretrò davanti a Rhadamanth Nemes. Quest’ultima mosse un passo avanti per ogni passo che il cardinale muoveva indietro. Aveva spento il campo di tempo rapido che l’aveva resa una sagoma confusa, ma non per questo aveva un aspetto più umano o meno minaccioso.

«Sii maledetta per la lurida creatura che sei» imprecò piano il cardinale. «Fatti avanti, non ho paura di morire.»

Nemes inarcò il sopracciglio. «No, certo, eccellenza. Ma cambierebbe idea se le dicessi che butteremo quei cadaveri e quella testa» indicò Marget Wu, le cui palpebre avevano smesso di battere e i cui occhi avevano uno sguardo fisso, cieco «giù nell’oceano acido, in modo che sia impossibile la risurrezione?»

Il cardinale Mustafa arrivò alla parete e si fermò: Nemes era a soli due passi da lui. «Perché lo fai?» disse con voce ferma.

Nemes si strinse nelle spalle. «Le nostre priorità divergono, per il momento» rispose. «È pronto, Grande Inquisitore?»

Il cardinale Mustafa si segnò e recitò un affrettato atto di dolore.

Nemes sorrise di nuovo: il suo braccio destro e la sua gamba destra divennero confuse sagome argentee. La creatura avanzò.

Il cardinale Mustafa la guardò, attonito. Nemes non lo uccise. Con movimenti troppo rapidi per essere percepiti, gli spezzò il braccio sinistro, gli spappolò il destro, con due calci gli fece mancare le gambe, spezzandole tutte e due, e lo accecò: gli conficcò negli occhi le dita, ma si fermò prima di trapassargli il cervello.

Il cardinale Mustafa fu travolto da un dolore così intenso come non aveva mai provato. Ma udì ugualmente la voce di Nemes, sempre piatta e priva di vita: «Il medibox della navetta o della Jibril la rimetterà in sesto. Abbiamo avvisato le navi, saranno qui a minuti. Quando vedrà il papa e i suoi leccapiedi, riferisca che quelli a cui devo fare rapporto non vogliono la ragazza viva. Ci scusiamo, ma è necessario che muoia. E riferisca di stare attenti in futuro a non fare niente senza il consenso di tutti gli elementi del Nucleo. Addio, eccellenza. Le auguro che il medibox della Jibril possa farle crescere due occhi nuovi. Ciò che siamo impegnati a fare merita di essere visto».

Il cardinale Mustafa udì rumore di passi, il fruscio della porta; poi ci fu silenzio, a parte le terribili grida di dolore di qualcuno. Il Grande Inquisitore impiegò diversi minuti per capire che quelle grida erano sue.

Quando tornai al Tempio a mezz’aria, la prima luce filtrava nella nebbia, ma la montagna restava buia, sgocciolante e gelida. Mi ero ripreso dalla confusione e dal turbamento, mettevo più cautela nella discesa a corda doppia lungo le funi fisse; e fu un bene: varie volte i freni slittarono sulla fune coperta di ghiaccio e sarei precipitato nell’abisso, se le corde di sicurezza non mi avessero bloccato.

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